FISCALITA IVA

Definizione agevolata e giudizio pendente in Cassazione

Una contribuente ha impugnato un atto di recupero del credito IVA che era stato utilizzato nel dicembre 2007 per definire in adesione gli avvisi di accertamento riferiti ai periodi d’imposta 2002, 2003 e 2004 e la controversia, dopo due gradi di giudizio a lei favorevoli, risulta pendente davanti alla Corte di cassazione.

Nelle more del giudizio di legittimità, l’istante ha aderito alla definizione agevolata delle controversie tributarie, nel frattempo entrata in vigore, prevista dall’art. 11 del decreto legge 50/2017, convertito dalla legge 96/2017, pagando tuttavia soltanto gli interessi da ritardata iscrizione a ruolo, oltre a quelli da rateazione.

Alla luce del mancato versamento anche degli importi indebitamente compensati – risultanti dall’atto di recupero del credito – l’Agenzia delle entrate ha considerato non perfezionata la definizione agevolata e ne ha notificato il diniego, successivamente impugnato dinanzi alla Corte di cassazione e con giudizio ancora pendente.

In tale contesto la contribuente ritiene di poter definire in via agevolata la lite riguardante l’atto di recupero del credito IVA avvalendosi di quanto previsto dall’art. 6 del Dl 119/2018, convertito dalla legge 136/2018, versando dunque un importo pari al 5% del valore della controversia: in caso di definizione rinuncerebbe alla causa contro il suddetto atto di diniego della definizione agevolata.

E’ per queste ragioni che chiede di sapere se sia possibile:

– sottrarre dagli importi dovuti la parte corrispondente di quanto versato in occasione della precedente definizione agevolata. Poiché queste ultime sono maggiori rispetto alla somma lorda dovuto per la nuova definizione, non ci sarebbe alcun versamento da eseguire;

– ottenere il rimborso della differenza degli importi versati in occasione della precedente definizione agevolata.

La richiesta di restituzione

Secondo l’istante: a) la definizione agevolata della controversia si perfeziona mediante il pagamento di un importo pari al 5% del suo valore, sulla base del comma 2-ter del citato art. 6 del DL 119/2018; b) le somme indebitamente versate in pendenza di giudizio per la definizione agevolata introdotta dall’art. 11 del Dl 50/2017, non perfezionata, possono essere sottratte dai corrispondenti importi dovuti per la nuova definizione agevolata, come previsto dal primo periodo del comma 9, art. 6 del Dl 119/2018.

Infine, sempre a parere della contribuente, le somme residue versate con la precedente definizione non rientrano tra quelle che non possono essere oggetto di restituzione ai sensi del comma 9, secondo periodo, del citato art. 6, visto che si tratta di importi che per effetto del provvedimento di diniego della precedente definizione agevolata, sono da considerare a tutti gli effetti come indebitamente versati: per questo motivo, quindi, ritiene possibile ottenerne la restituzione.

I chiarimenti della circolare 6/2019                                   

Nella risposta n. 136 l’Agenzia ricorda che l’art. 6 del Dl 119/2018, che regola la definizione agevolata delle controversie tributarie, al comma 1 dispone che le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi a oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a richiesta del contribuente che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia (stabilito ai sensi del D.lgs. 546/1992, art. 12, comma 2). Il successivo comma 2-ter stabilisce, a sua volta, che le liti tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto 119, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite pagando il 5% del valore della controversia.

Importanti precisazioni sulla definizione agevolata li ha forniti la circolare 6/E del 1° aprile 2019.

In particolare, è stato chiarito che sono definibili in via agevolata anche le controversie riguardanti atti di recupero dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati, ritenendo infatti che gli atti di recupero dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati rientrino nella categoria degli atti impositivi e che, quindi, le relative liti possano essere oggetto di definizione agevolata.

Acclarata, dunque, la possibilità di definire le controversie relative agli atti di recupero dei crediti d’imposta, nel caso oggetto dell’interpello, in cui l’Agenzia risulta totalmente soccombente in primo e in secondo grado e la controversia risulta pendente davanti alla Suprema Corte alla data di entrata in vigore della legge di conversione n. 136/2018, l’istante può chiudere la controversia con il pagamento del 5% del relativo valore.

Detto questo, il comma 9 del citato art. 6 dispone che dagli importi dovuti per la definizione si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio e, di conseguenza, la somma versata per la precedente definizione agevolata, poi non perfezionata, è detraibile dall’importo lordo dovuto per la definizione attuale.

No alla restituzione

Sempre coerentemente con l’applicazione della norma, visto il contenuto del comma 9, secondo periodo, dell’art. 6, la definizione non dà comunque diritto alla restituzione degli importi già versati, anche se eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione.

A seguito del perfezionamento della definizione in base all’art. 6 del decreto 119, la contribuente può rinunciare al ricorso opposto al diniego della precedente definizione, oppure l’ufficio può chiedere la cessata materia del contendere essendo venuto meno l’interesse alla lite.

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