Dalla Corte Ue via libera all’anatocismo di Stato
Nel linguaggio bancario l’anatocismo è la produzione di interessi (capitalizzazione) da altri interessi resi produttivi sebbene scaduti o non pagati, su un determinato capitale, interessi che, nella prassi bancaria, vengono definiti “composti”.
Costituiscono esempi di anatocismo il calcolo dell’interesse attivo su un conto di deposito o il calcolo dell’interesse passivo di un mutuo.
Nel nostro ordinamento l’anatocismo è espressamente disciplinato dall’art.1283 c.c., dove si legge: “In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi”. L’art.1283 prevede tre eccezioni al divieto di capitalizzazione degli interessi:
- gli interessi che maturano “dal giorno della domanda giudiziale”: ad esempio, se un decreto ingiuntivo riguarda un importo comprensivo di una parte di capitale e di una di interessi non pagati, l’intera somma viene riconosciuta come un debito indistinto su cui maturano ulteriori interessi;
- la conclusione di una “convenzione posteriore alla scadenza” degli interessi: la somma maturata fino alla convenzione si intende come nuovo capitale prestato e sul totale di tale importo possono maturare nuovi interessi. Ciò si verifica anche in caso di ritardato pagamento di una rata di mutuo, altrimenti il debitore non avrebbe alcun interesse a pagare il dovuto entro la scadenza. Anche in questo caso, comunque, c’è anatocismo se gli interessi di mora sono calcolati come interessi composti e non come interessi semplici;
- la “mancanza di usi contrari”: dal 1952, nella prassi, questa frase è stata interpretata dall’ABI prevedendo nei contratti bancari la capitalizzazione degli interessi a favore della banca ogni tre mesi (marzo, giugno, settembre e dicembre) e quelli a favore del cliente solo annualmente.
Giuridicamente, in un’obbligazione pecuniaria l’applicazione dell’anatocismo comporta, per il debitore, l’obbligo di pagamento non solo del capitale e degli interessi concordati, ma anche degli ulteriori interessi calcolati sugli interessi già scaduti.
A tal riguardo risulta molto chiara l’ordinanza 20/2/2003, n. 2593, della Corte di Cassazione: “Occorre, in primo luogo, rilevare che in ipotesi di mutuo per il quale sia previsto un piano di restituzione differito nel tempo, mediante il pagamento di rate costanti comprensive di parte del capitale e degli interessi, questi ultimi conservano la loro natura e non si trasformano invece in capitale da restituire al mutuante, cosicché la convenzione, contestuale alla stipulazione del mutuo, la quale stabilisca che sulle rate scadute decorrono gli interessi sulla intera somma integra un fenomeno anatocistico, vietato dall’art. 1283 c.c.”. Tuttavia, ignorando di fatto la legislazione vigente, le banche applicano gli interessi di mora composti su tutta la quota di debito, formata da capitale e interessi.
Orientamenti contrapposti
Alla fine dello scorso mese di luglio, nella decisione su un ricorso proposto dal Movimento consumatori, il Tribunale di Milano ha accordato – misura con effetto immediato – obbligando la banca a dare pubblicità all’ordinanza sulla homepage del proprio sito web, la tutela cautelare, intimando a Finecobank Spa di interrompere “qualsiasi ulteriore forma di anatocismo degli interessi passivi”. L’anatocismo, il calcolo degli interessi sugli interessi, dovrà essere disapplicato sia sui contratti in corso sia su quelli conclusi in futuro: a decorrere dal 1° gennaio 2014, quindi, e indipendentemente dall’adozione della delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (Cicr), gli istituti di credito non possono calcolare gli interessi sugli interessi per i nuovi contratti e per quelli già in essere.
In coincidenza con tale decisione, però, ne arriva un’altra ma di segno opposto, che i giudici di Torino notificano ai primi di agosto sempre al Movimento consumatori, che aveva presentato un ricorso avverso la Banca del Piemonte: secondo questa ordinanza, invece, non solo non ci sarebbero i presupposti per un intervento cautelare in materia di anatocismo ma, in attesa della delibera regolamentare prevista dalla legge, è improprio anticipare il divieto di capitalizzazione degli interessi. Il Tribunale torinese, dunque, a differenza di quello di Milano, rimanda il problema degli interessi sugli interessi alla emissione della delibera del Cicr, cosa invece esclusa dai colleghi milanesi.
Stangata europea sulle public utilities
Domanda: l’Italia può applicare un regolamento europeo che approva l’anatocismo a una serie di questioni verificatesi prima della sua entrata in vigore?
La risposta – affermativa – è contenuta nella sentenza 3/9/2015 che chiude la causa C-89/14, tramite la quale la Corte di giustizia di Lussemburgo ha riconosciuto all’Agenzia delle Entrate il diritto di recuperare non solo 170 milioni di euro di capitale, ma anche 120 milioni a titolo di interessi composti: una pesantissima randellata per A2A, fornitore di luce, gas e teleriscaldamento, al tempo ancora divisa tra le municipalizzate Asm di Brescia e Aem di Milano, perchè permette di applicare gli interessi sugli interessi sugli importi da recuperare come illegittimi aiuti di stato.
Riavvolgiamo il nastro e torniamo agli anni ’90, quando il nostro Paese aveva accordato sgravi fiscali sotto forma di una esenzione triennale dall’imposta sulle società e di mutui a tassi agevolati alle due public utilities (società di servizi pubblici locali), benefici che sono stati considerati aiuti di stato.
Nel 2002 la Commissione europea silura le esenzioni fiscali giudicandole come aiuti di stato, in contrasto con l’ordinamento comunitario e incompatibili con il mercato comune, ordinando all’Italia di recuperarli. Inizia una lunga procedura giudiziaria, che vede Asm, Aem e anche il Governo presentare ricorsi al Tribunale dell’Unione europea per chiedere l’annullamento della decisione della Commissione, tutti respinti nel 2009; le misure per il recupero degli aiuti vengono fissate con il decreto legge n. 185/2008, che stabilisce, rinviando al regolamento Ue n. 794 del 2004 (entrato in vigore dopo la decisione della Commissione del 2002), che alle somme da recuperare si devono aggiungere gli interessi composti.
Il dubbio della Cassazione
A2A si oppone e arriva fino alla Corte di Cassazione, che a sua volta chiede alla Corte di giustizia se la normativa italiana possa prevedere interessi composti in riferimento a un regolamento varato dopo la richiesta della Commissione di recuperare gli aiuti, quindi non ancora applicabile all’epoca di svolgimento dei fatti.
La Corte di Lussemburgo precisa che dal momento che “la decisione di recupero degli aiuti è stata adottata prima dell’entrata in vigore del regolamento dell’Unione in questione, il problema di stabilire se gli interessi dovessero essere calcolati su base semplice o composta non era disciplinato all’epoca da nessuna disposizione del diritto dell’Unione, tanto più che la prassi della Commissione vigente a quel tempo rinviava, in materia, al diritto nazionale. Pertanto, spettava unicamente all’ordinamento italiano determinare se il tasso di interesse dovesse essere determinato su base semplice o composta”, aggiungendo che “le cartelle esattoriali che prevedono l’applicazione di interessi composti sono state notificate alla A2A successivamente all’entrata in vigore della normativa italiana che prevede il calcolo degli interessi su base composta. Dal momento che l’aiuto di Stato in questione non era stato recuperato e non aveva nemmeno costituito oggetto di una cartella esattoriale alla data di entrata in vigore della normativa italiana, non si può ritenere che quest’ultima incida su una situazione definitasi precedentemente. Pertanto, la normativa italiana non ha nessun effetto retroattivo e si limita ad applicare una disciplina nuova agli effetti futuri di situazioni sorte nella vigenza della normativa precedente”. La Corte precisa, poi, che “tenuto conto del rilevante lasso di tempo trascorso tra l’adozione della decisione di recupero della Commissione nel 2002 e l’ordine di recupero emesso dalle autorità italiane nel 2009 nei confronti della A2A, occorre ritenere che l’applicazione di interessi composti costituisca un mezzo particolarmente adeguato per giungere a una neutralizzazione del vantaggio concorrenziale conferito illegittimamente alle imprese beneficiarie dell’aiuto di Stato in questione”.