Corte Ue: violazione del diritto d’autore in caso di file condivisi
La materia del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale è stata spesso oggetto di dispute che approdano alla Corte Ue, come nel caso della sentenza della Corte (Terza Sezione) del 18 ottobre 2018, relativa a un risarcimento in caso di condivisione di file in violazione del diritto d’autore.
Nello specifico, la domanda di pronuncia pregiudiziale, che verte sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione e sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, è stata presentata nell’ambito di una controversia (sorta in Germania) tra una casa editrice e un cittadino in relazione a un risarcimento per violazione del diritto d’autore mediante condivisione di file.
Il diritto europeo
L’armonizzazione proposta nella direttiva 2001/29 contribuisce all’applicazione delle quattro libertà del mercato interno e riguarda il rispetto dei principi fondamentali del diritto e della proprietà, tra cui la proprietà intellettuale, della libertà d’espressione e dell’interesse generale. Nella sentenza si legge, infatti, che “Ogni armonizzazione del diritto d’autore e dei diritti connessi dovrebbe prendere le mosse da un alto livello di protezione, dal momento che tali diritti sono essenziali per la creazione intellettuale”. L’art. 3 della direttiva (“Diritto di comunicazione di opere al pubblico, compreso il diritto di mettere a disposizione del pubblico altri materiali protetti”), dispone che gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente. Sono previste adeguate sanzioni, che devono essere “efficaci, proporzionate e dissuasive”.
Nella direttiva 2004/48 si riconosce come “necessario” assicurare che il diritto sostanziale in materia di proprietà intellettuale sia effettivamente applicato nella Comunità e che gli strumenti per assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale rivestono un’importanza capitale per il successo del mercato interno: obiettivo della direttiva è di ravvicinare le legislazioni dei Paesi membri al fine di assicurare un livello “elevato, equivalente ed omogeneo di protezione della proprietà intellettuale nel mercato interno”. L’art. 3 (“Obbligo generale”) prevede che gli Stati membri definiscono le misure, le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e che questi “siano leali ed equi, non inutilmente complessi o costosi e non comportano termini irragionevoli né ritardi ingiustificati”. Ai sensi dell’art. 6 della direttiva, gli Stati membri assicurano che, a richiesta della parte che ha presentato elementi di prova ragionevolmente accessibili e sufficienti per sostenere le sue affermazioni, l’Autorità giudiziaria competente possa ordinare che tali elementi di prova siano prodotti dalla controparte, mentre l’art. 13 (“Risarcimento del danno”) prevede che gli Stati membri assicurano che, su richiesta della parte lesa, le competenti Autorità giudiziarie impongano all’autore della violazione, implicato consapevolmente o con ragionevoli motivi per esserne consapevole in un’attività di violazione, di risarcire al titolare del diritto danni adeguati al pregiudizio effettivo subito a causa della violazione.
Il diritto tedesco
In base all’art. 97 della legge sul diritto d’autore e sui diritti connessi, “chiunque illegittimamente leda il diritto d’autore o un altro diritto tutelato può essere chiamato dal danneggiato a rimuovere il danno o, in caso di pericolo di reiterazione, può essere assoggettato ad azione inibitoria. Il diritto di ottenere un provvedimento inibitorio può essere rivendicato anche quando sorga per la prima volta un pericolo d’infrazione”. Inoltre, chi agisce dolosamente o colposamente è tenuto a risarcire il danno che ne deriva e in sede di determinazione del risarcimento si può anche tener conto anche dell’utile conseguito con la violazione; il diritto al risarcimento può essere calcolato anche sulla base dell’importo che l’autore della violazione avrebbe dovuto versare come adeguato compenso se avesse chiesto l’autorizzazione all’esercizio del diritto leso. Infine, autori, redattori di pubblicazioni scientifiche, fotografi e artisti interpreti o esecutori possono chiedere un risarcimento economico anche per un danno non patrimoniale.
I fatti
La casa editrice è titolare dei diritti d’autore e dei diritti connessi sulla versione audio di un libro, mentre il cittadino è titolare di una connessione internet per mezzo della quale, nel 2010, l’audiolibro è stato condiviso perché potesse essere scaricato, con un numero illimitato di utenti di una piattaforma internet di condivisione (peer-to-peer). La casa editrice, dopo aver intimato con una lettera al signore di terminare la violazione del diritto d’autore constatata, visto il proseguire dell’azione lo ha citato in giudizio in qualità di titolare dell’indirizzo IP dinanzi a un tribunale circoscrizionale di Monaco per ottenere un risarcimento in denaro. Il signore ha negato di aver violato il diritto d’autore affermando che la sua connessione era sufficientemente protetta, aggiungendo che anche i suoi genitori conviventi avevano accesso alla connessione, ma che non disponevano sul loro computer dell’opera in questione, ne ignoravano l’esistenza e non utilizzavano alcun software di piattaforme di condivisione online. Il tribunale ha respinto la domanda di risarcimento danni sulla base del fatto che non si poteva ritenere il tizio responsabile della violazione del diritto d’autore, stante che i suoi genitori potevano esserne gli autori. La casa editrice ha presentato appello contro la decisione al tribunale del Land, che invece si esprime per il riconoscimento della responsabilità, poiché non risulterebbe che alcun terzo abbia utilizzato la connessione internet al momento della violazione, il che lo renderebbe “seriamente sospettato” di aver commesso la violazione del diritto d’autore. Secondo il diritto tedesco, però, e sulla base della giurisprudenza della Corte federale di giustizia, sul titolare della connessione internet grava un onere secondario della prova al quale il titolare adempie dichiarando che altre persone, di cui specifichi eventualmente l’identità, avevano un accesso autonomo alla sua connessione e, quindi, possono essere gli autori della violazione. In tale contesto, il Tribunale del Land ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte un paio di questioni pregiudiziali sulla sussistenza di “sanzioni efficaci e dissuasive” e di “misure effettive finalizzate al rispetto dei diritti di proprietà intellettuale”, come esposte nelle direttive 2001/29 e 2004/48.
La sentenza
La Corte, in primo luogo ricorda che l’obiettivo principale della direttiva 2001/29 consiste nel promuovere un alto livello di protezione del diritto d’autore e dei diritti connessi, dal momento che tali diritti sono essenziali per la creazione intellettuale e in secondo luogo, che l’obiettivo perseguito dalla direttiva 2004/48 consiste nel ravvicinare le legislazioni degli Stati membri in materia di strumenti per assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale per assicurare un livello elevato, equivalente ed omogeneo di protezione della proprietà intellettuale nel mercato interno.
Nel caso in questione emerge che, ai sensi della normativa nazionale esiste una presunzione a carico del titolare di una connessione internet per mezzo della quale sia stata commessa una violazione del diritto d’autore, secondo cui lo stesso è ritenuto l’autore di tale violazione, qualora sia stato identificato attraverso il suo indirizzo IP e qualora nessun’altra persona avesse la possibilità di accedere alla connessione al momento in cui la violazione ha avuto luogo. Tuttavia, risulta anche che la normativa nazionale prevede che la suddetta presunzione possa essere superata nel caso in cui altre persone, oltre al titolare della connessione internet, potessero accedervi: inoltre, se un familiare aveva tale possibilità, quest’ultimo può sottrarsi alla propria responsabilità, sulla base del diritto fondamentale alla protezione della vita familiare, semplicemente indicando tale familiare, senza essere tenuto a fornire ulteriori precisazioni sul momento in cui la connessione internet è stata utilizzata dal familiare e al tipo di utilizzo che quest’ultimo ne ha fatto.
La domanda di pronuncia pregiudiziale solleva, dunque, la questione della necessaria conciliazione tra le esigenze inerenti alla tutela di diversi diritti fondamentali, il diritto a un ricorso effettivo e il diritto di proprietà intellettuale, da una parte, e il diritto al rispetto della vita privata e familiare, dall’altra. Ciò impone alla Corte di valutare i vari elementi della normativa nazionale alla luce della esigenza di un giusto equilibrio.
Secondo i giudici europei, in situazioni come quelle esposte la normativa nazionale, nell’interpretazione fornita dai giudici nazionali competenti, produce l’effetto di ostacolare la facoltà da parte del giudice adito mediante un’azione per responsabilità, di esigere su richiesta dell’attore la produzione e l’ottenimento di elementi di prova relativi ai familiari della controparte, l’accertamento della violazione e l’identificazione dell’autore della stessa: ne consegue che vengono violati in modo grave i diritti fondamentali a un ricorso effettivo e quelli di proprietà intellettuale, che spettano al titolare del diritto d’autore, per cui non è rispettata l’esigenza di assicurare un giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali in questione.
Di conseguenza, offrendo una protezione quasi assoluta ai familiari del titolare di una connessione internet per mezzo della quale siano state commesse violazioni del diritto d’autore con una condivisione di file, la normativa nazionale non può, in contrasto con quanto prescritto dall’art. 8 della direttiva 2001/29, essere considerata sufficientemente efficace e idonea a garantire che all’autore della violazione sia inflitta una sanzione efficace e dissuasiva. Inoltre, il procedimento avviato con l’esercizio del mezzo di ricorso non è idoneo a garantire il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale imposto dall’art. 3 della direttiva 2004/48: sarebbe tuttavia diverso se, onde evitare un’ingerenza ritenuta inammissibile nella vita familiare, i titolari di diritti potessero disporre di un’altra forma di ricorso effettivo, che in un simile caso permettesse loro di far riconoscere la responsabilità civile del titolare della connessione internet.
Inoltre, spetta al giudice del rinvio verificare se, eventualmente, il diritto interno offra altri strumenti, procedure e mezzi di ricorso che permettano alle Autorità giudiziarie competenti di ingiungere che siano fornite le necessarie informazioni utili a rendere possibile, in circostanze come quelle di cui in questione, l’accertamento della violazione del diritto d’autore e l’identificazione dell’autore.
Alla luce di tutte le considerazioni svolte, la Corte risponde alle questioni poste dichiarando che i citati articoli delle due direttive (2001/29 e 2004/48), in combinato disposto tra loro devono essere interpretati nel senso “che essi ostano ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale”, interpretata dal giudice nazionale competente, in virtù della quale il titolare di una connessione internet attraverso cui siano state commesse violazioni del diritto d’autore mediante una condivisione di file, possa non essere considerato responsabile se indica almeno un suo familiare che avesse la possibilità di accedere alla connessione, senza fornire ulteriori precisazioni rispetto al momento in cui la connessione è stata utilizzata dal familiare e alla natura dell’utilizzo che quest’ultimo ne abbia fatto.