CASSAZIONE

Contraddittorio preventivo obbligatorio in caso di accesso nei luoghi di pertinenza del contribuente, anche se solo a scopo di acquisizione di documenti

L’ordinanza n. 10989 della VI sezione della Corte di Cassazione, del 5 maggio 2017, torna sulla questione delle garanzie per il contribuente sottoposto a verifica fiscale e segnatamente della regola recata dall’art. 12, comma 7, della legge 212/2000, per cui “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

Secondo la Corte tali garanzie trovano applicazione esclusivamente “in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente”, valutati il dato testuale della rubrica (“Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”) e, soprattutto, quello del primo comma dell’art. 12, legge 212/2000 (coniugato con la circostanza che l’intera disciplina contenuta nella disposizione risulta palesemente calibrata sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive subite in loco) che, esplicitamente, si riferisce agli “accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”, ad operazioni, cioè, che costituiscono categorie d’intervento accertativo dell’Amministrazione tipizzate ed inequivocabilmente identificabili, in base alle indicazioni di cui all’art. 52, comma 1, DPR 633/1972, richiamato, in tema di imposte dirette dall’art. 32, comma 1, DPR 600/1973 e, in materia di imposta di registro, dall’art. 53-bis, DPR 131/1986, ipotesi tutte “caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità, che specificamente giustifica, quale contro bilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali”.

Un passaggio interessante della motivazione è quello per cui le garanzie fissate nel citato art. 12, comma 7, legge 212/2000, pur applicandosi esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente, prescindono “dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni fiscali (cfr.: Cass. 15010/14, 9424/14, 5374/14, 2593/14, 20770/13, 10381/11)”. Rileva invero, al fine di giustificare come controbilanciamento la necessità del contraddittorio, che si sia trattato di verifiche tipizzate, caratterizzate “dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli”.

Nel caso specifico si era in presenza di un controllo fiscale effettuato previo accesso presso gli uffici del contribuente, proprio al fine di ricerca ed acquisizione documentale, sia pure accompagnato da contestuali indagini finanziarie avviate per via telematica e con consegna di ulteriore documentazione da parte dell’accertato.

La sentenza della C.T.R., che non ha considerato le tutele a favore del contribuente di cui all’art. 12 citato, non è pertanto in linea, secondo la sesta sezione, con i principi di diritto sopra richiamati.

 

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 5 maggio 2017, n. 10989

Fatti di causa

M.M. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5170/15/2015, depositata in data 1°/12/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento notificato il 16/12/2013, per IRPEF, IRAP, IVA ed addizionali, regionali e comunali, dovute in relazione all’anno d’imposta 2008, a seguito di verifica fiscale con accesso presso i locali aziendali (professione architetto), conclusasi con Processo Verbale di Constatazione redatto in data 30/10/2013, e di indagini finanziarie contestualmente avviate nei confronti del professionista e della moglie, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente. In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravarne del contribuente, hanno sostenuto, preliminarmente, in ordine all’eccepita illegittimità dell’atto impositivo perché emesso senza il rispetto dei 60 gg. previsti dall’art. 12 comma 7 L. 212/2000, che, nella fattispecie, si era in presenza di un accertamento che costituiva “una commistione di normative aventi ambiti applicativi del tutto distinti, scaturenti “non da una verifica” presso i locali dell’attività ma da discrasie delle movimentazioni bancarie” e lo stesso contribuente aveva depositato “presso la Guardia di Finanza la documentazione richiestagli”, cosicché, non essendosi in presenza di un accesso, non era operante il disposto dell’art.12 comma 7 1.212/2000. A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il ricorrente ha depositato memoria il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Ragioni della decisione

  1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.12 comma 7 1.212/2000, avendo la C.T.R. ritenuto di escludere l’applicabilità della predetta disposizione, isolando dall’attività di verifica negli uffici del contribuente le indagini sulle movimentazioni bancarie pure compiute dai verificatori.
  2. La censura è fondata.

Le Sezioni Unite di questa Corte (investite con l’ordinanza interlocutoria della Sezione Sesta Tributaria di questa Corte n. 527/2015, citata dalla ricorrente nel presente ricorso) hanno affermato il seguente principio di diritto (Cass.24823/2015): “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, no,3 pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante„ in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”. Le Sezioni Unite hanno quindi precisato le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, 1.212/2000 trovano applicazione esclusivamente “in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente”, valutati il dato testuale della rubrica (“Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”) e, soprattutto, quello del primo comma dell’art. 12 1. 212/2000 (coniugato con la circostanza che l’intera disciplina contenuta nella disposizione risulta palesemente calibrata sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive subite in loco), che, esplicitamente, si riferisce agli “accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”, ad operazioni, cioè, che costituiscono categorie d’intervento accertativo dell’Amministrazione tipizzate ed inequivocabilmente identificabili, in base alle indicazioni di cui all’art. 52, comma 1, d.p.r. 633/1972, richiamato, in tema di imposte dirette dall’art. 32, comma I, d.p.r. 600/1973 e, in materia di imposta di registro, dall’art. 53 bis d.p.r. 131/1986, ipotesi tutte “caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità, che specificamente giustifica, quale contro bilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali”.

Questa Corte ha ribadito, confermando l’orientamento del giudice di legittimità già formatosi, che le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, 1. 212/2000, pur applicandosi esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente, prescindono “dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni fiscali (cfr.: Cass. 15010/14, 9424/14, 5374/14, 2593/14, 20770/13, 10381/11)”. Rileva invero, al fine di giustificare, come contro bilanciamento, la necessità del contraddittorio, che si sia trattato di verifiche, tipizzate, caratterizzate “dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli”.

Nella specie, si verteva in ipotesi di controllo fiscale effettuato previo accesso, presso gli uffici del contribuente, proprio al fine di ricerca ed acquisizione documentale, sia pure accompagnato da contestuali indagini finanziarie avviate per via telematica e con consegna di ulteriore documentazione da parte dell’accertato. La sentenza della C.T.R. non è pertanto in linea con i principi di diritto sopra richiamati.

  1. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla C.T.R. della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

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