CASSAZIONE

Contestazione di operazioni inesistenti: la prova è a carico del contribuente

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 10120 del 21 aprile 2017, ha riaffermato che la frode carosello va identificata quando il soggetto interposto sia privo di dotazione personale e strumentale adeguata all’esecuzione della prestazione fatturata, costituendo ciò di per sé elemento sintomatico della mancanza di buona fede del cessionario. La tematica sia della detraibilità dell’IVA, sia della deducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette, nel caso di fatturazione per operazioni inesistenti (oggettivamente o soggettivamente) o per operazioni comunque iscritte in un meccanismo negoziale attuato allo scopo di frodare il fisco (comunemente dette “frodi carosello”), è stata oggetto di numerose – anche recentissime – pronunce della Corte di Cassazione (emesse, doverosamente, anche alla luce di varie sentenze della Corte di Giustizia in tema di IVA), i cui principi attinenti essenzialmente al problema di cosa deve essere provato e da chi, cioè dell’oggetto della prova e della distribuzione del relativo onere tra fisco e contribuente. Va comunque ricordata la vasta produzione giurisprudenziale al riguardo, dove all’Amministrazione finanziaria va riconosciuto l’onere di fornire elementi probatori del fatto che l’operazione fatturata non è stata effettuata, e che, conseguentemente, toccherà al contribuente il compito di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, prova che tuttavia non potrà consistere nella semplice esibizione della fattura o nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, elementi che vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.

Più specificatamente, nel caso in cui l’Ufficio fiscale ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, cioè sia una mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno, e quindi contesti l’indebita detrazione dell’IVA e/o deduzione dei costi, ha l’onere di fornire elementi probatori del fatto che l’operazione fatturata non è stata effettuata (ad esempio, provando che la società emittente la fattura è una “cartiera”) e a quel punto passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate. Quest’ultima prova non potrà consistere, però, per quanto detto sopra, nella esibizione della fattura, né nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (tra le altre, Cass. n. 15228 del 2001 e n. 12802 del 2011). Ricordiamo anche che con specifico riferimento al tema delle fatture soggettivamente inesistenti, la circolare n. 32/E del 3 agosto 2012 richiama espressamente la relazione illustrativa al decreto legge, secondo cui “l’indeducibilità non trova applicazione per i costi e le spese esposti in fattura o altri documenti aventi analogo rilievo probatorio che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”. Tale considerazione deriva dal nuovo dettato normativo, che limita l’indeducibilità ai soli costi e spese “direttamente” utilizzati per il compimento dei delitti, da cui scaturisce che ai fini IVA restano applicabili le regole generali in materia di detrazione della relativa imposta sul valore aggiunto di cui al DPR n. 633/1972, come chiarito nella stessa relazione illustrativa al decreto legge. Pertanto, con riferimento alle fatture passive soggettivamente inesistenti, resta ferma l’indetraibilità dell’IVA ove il contribuente non dimostri la sua buona fede e, quindi, l’estraneità alla frode.

Sullo specifico punto, del resto, appare pacifica l’elaborazione giurisprudenziale secondo cui, nell’ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti, il diritto alla detrazione dell’imposta versata in rivalsa al soggetto diverso dall’effettivo cedente/prestatore che ha, tuttavia, emesso la fattura, non sorge immancabilmente per il solo fatto dell’avvenuta corresponsione dell’imposta ivi formalmente indicata, ma richiede altresì che il committente/cessionario fornisca, sul proprio stato soggettivo in ordine all’altruità della fatturazione, riscontri precisi. In altre parole, il contribuente che invoca la detrazione non deve limitarsi a sostenere l’avvenuta consegna della merce e il pagamento della stessa, trattandosi di circostanze non decisive in rapporto alle peculiarità del meccanismo dell’IVA e dei relativi possibili abusi (Cass. n. 1950/2007). Sotto il profilo probatorio, in presenza di elementi probatori forniti dall’Ufficio finanziario a sostegno della propria tesi, è onere del contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni, tenendo presente che, in caso di contestazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, non rileva la presenza di documenti contabili formalmente regolari o l’effettività delle transazioni.

E’ poi evidente che in caso di accertata assenza dell’operazione è escluso che possa configurarsi la buona fede del cessionario o committente (il quale sa bene se una determinata fornitura di beni o prestazione di servizi l’ha effettivamente ricevuta o meno).

Principi più articolati trovano applicazione in relazione al caso in cui l’Amministrazione contesti che la fatturazione attenga a operazioni (solo) soggettivamente inesistenti, cioè che la fattura sia stata emessa da soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione in essa rappresentata (e della quale il cessionario o il committente è stato realmente destinatario).

Per quanto riguarda l’IVA, come per il caso esaminato dalla Corte, la vigente interpretazione della giurisprudenza ci ricorda che il versamento dell’IVA a un soggetto che non sia la genuina controparte apre la strada a un indebito recupero dell’imposta ed è un evento dirompente nell’ambito del complessivo sistema IVA, essendo questo finalizzato a che l’imposta sia versata a chi ha eseguito prestazioni imponibili perché lo compensi con l’imposta a sua volta corrisposta per l’acquisto di beni e di servizi (Cass. nn. 5719 del 2007, 29467 del 2008, 23987 del 2009, 735 e 4750 del 2010, 8132 del 2011, 7672 e 15741 del 2012).

Il tema che qui oggi interessa è quindi circoscritto alle fatture emesse per operazioni oggettivamente inesistenti, che sono in buona sostanza solo mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno. I giudici di Piazza Cavour sono partiti dal rilievo che l’Amministrazione finanziaria aveva contestato alla società contribuente che le operazioni, documentate da fatture concernenti l’acquisto, di compravendita di auto, erano state invece ritenute semplicemente come operazioni fittizie. Il Fisco aveva valutato che le fatture presentate dalla T.G. Srl di Genova, che acquistava autoveicoli dalla W.C. di P.W.G. per poi rivenderli ad altri clienti, tra cui P.P., fossero elementi probatori sufficienti a rilevare una frode carosello e quindi operazioni oggettivamente inesistenti, dove le prime due società, peraltro, operavano solo come cartiere, ossia quali soggetti meramente interposti per la sola emissione di fatture, senza poi versare l’IVA riscossa. In detta pronuncia i giudici della Cassazione, respingendo il ricorso, hanno ancora una volta ricordato che: “In linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia incombe all’amministrazione tributaria provare, sia pure anche solo in base a presunzioni, gli elementi oggettivi che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente aveva, con l’emissione della relativa fattura, evaso l’imposta o partecipato a una frode, e cioè che il contribuente disponeva di indizi idonei ad avvalorare un tale sospetto ed a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente. . Il concreto definirsi del contenuto di tale onere è rapportato alla effettiva complessità della vicenda: nei casi di operazione soggettivamente inesistente di tipo triangolare – che costituiscono l’ipotesi più semplice e comune – caratterizzata dalla interposizione di un soggetto italiano, fittizio, nell’acquisto di beni tra un soggetto comunitario (reale cedente) ed un altro soggetto italiano (reale acquirente), la giurisprudenza della Corte ha evidenziato che tale onere “può esaurirsi nella prova che il soggetto interposto è privo di dotazione personale e strumentale adeguata all’esecuzione della prestazione fatturata (è, cioè, una cartiera), costituendo ciò, di per sé, elemento idoneamente sintomatico della mancanza di buona fede del cessionario, poiché l’immediatezza dei rapporti tra i soggetti coinvolti nella frode induce ragionevolmente ad escludere l’ignoranza incolpevole del contribuente in merito all’avvenuto versamento dell’IVA a soggetto non legittimato alla rivalsa né assoggettato all’obbligo del pagamento dell’imposta” (Cass. n. 24426 del 2013). Una volta raggiunta questa prova, spetterà al contribuente fornire la prova contraria, ossia di aver svolto le trattative in buona fede, ritenendo incolpevolmente che le merci acquistate fossero effettivamente rifornite dalla società cedente. Orbene, nella vicenda in esame, come già evidenziato, la CTR ha ritenuto provata la frode carosello e la consapevolezza del contribuente, ritenendo che quest’ultimo non abbia “fornito validi elementi probatori” a sostegno della prova contraria, senza che tali profili – deducendo un eventuale vizio di insufficiente motivazione e non di violazione di legge – siano stati adeguatamente censurati. Né, comunque, assumono rilievo le circostanze e gli elementi a prova contraria, solo indicati nel ricorso e del tutto carenti in punto di autosufficienza”.

 

CORTE DI CASSAZIONE Sentenza n. 10120 del 21 aprile 2017

Ritenuto in fatto

La Commissione tributaria provinciale di Latina accoglieva l’impugnazione proposta da P.P., titolare di un autosalone per la vendita di autovetture, avverso l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio accertava, per l’anno 2003, l’indebita deduzione di costi e di detrazione IVA per operazioni inesistenti nell’ambito di una frode carosello.

La Commissione tributaria regionale del Lazio sez. staccata di Latina riformava la decisione, ritenendo legittimo l’accertamento dell’Ufficio.

Il contribuente ricorre per cassazione sulla base di sette motivi, poi illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Ragioni della decisione

  1. Con il primo motivo il ricorrente censura, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., la sentenza per omessa motivazione rispetto alla partecipazione del contribuente alla frode carosello.

1.1. La vicenda attiene ad una operazione fittizia di compravendita di auto: la T.G. Srl di Genova acquistava autoveicoli dalla W.C. di P.W.G. e poi li rivendeva ad altri clienti, tra cui P.P.; le prime due società, peraltro, operavano solo come cartiere, ossia quali soggetti meramente interposti per la sola emissione di fatture, senza poi versare l’IVA riscossa.

Il P., nella prospettazione in giudizio, era consapevole di questa operazione frodatoria (frode carosello), da cui il recupero del tributo.

1.2. Il ricorrente censura la decisione per aver la CTR, in carenza di un adeguato percorso logico, ritenuto la sua partecipazione alla frode posta in essere da W.C. e T., senza considerare gli elementi probatori addotti a suo favore e, dunque, l’assenza di prova della sua partecipano fraudis.

1.3. La doglianza, peraltro, individua un profilo non decisivo poiché non ha rilievo, ai fini della configurabilità della frode carosello, la partecipazione all’operazione frodatoria da parte di colui che occupa la posizione terminale delle operazioni illecite ma solo se egli era, o meno, in buona fede, ossia se sapeva, o poteva sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza che il soggetto formalmente cedente aveva, con l’emissione della relativa fattura, evaso l’imposta o partecipato a una frode.

Il motivo, pertanto, è infondato.

  1. Con il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d, d.P.R. n. 600 del 1973 e 54, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972 per non aver l’Agenzia delle entrate provato le ragioni a supporto della rettifica, non avendo neppure prodotto gli allegati al pvc.

2.1. Il motivo è infondato.

La CTR ha motivato le sue conclusioni, avvalendosi delle risultanze del pvc, in sé idoneo trattandosi di atto pubblico a fede privilegiata.

  1. Con il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 109 tuir per aver escluso l’inerenza delle operazioni perché riconducibili alla frode carosello.

3.1. Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente censura la motivazione senza, tuttavia, indicare e riprodurre gli elementi necessari – in ¡specie l’avviso di accertamento da cui è sorta la contestazione in ordine all’asserita violazione – per consentire la valutazione da parte della Corte, risultando del tutto carente in punto di autosufficienza.

  1. Con il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., omessa pronuncia ed omessa motivazione su un fatto decisivo quanto al coinvolgimento del contribuente nella frode.

4.1. Il motivo è inammissibile.

Realizza, infatti, un inammissibile cumulo di doglianze (vizio di motivazione e omessa pronuncia), tra loro sovrapposte, neppure riproducendo la censura sottoposta al giudice d’appello.

Né sussiste il vizio di omessa motivazione avendo la CTR ritenuto provato che gli acquisti operati provenivano da operazioni inesistenti poiché la W.C. “non aveva sede operativa, né risultava aver tenuto alcuna contabilità e non aveva versato alcuna imposta”, la T. “ha tenuto una contabilità inattendibile” mentre il contribuente “non ha dimostrato l’effettività delle operazioni, fornendo elementi di prova certi per affermare ogni rapporto”.

  1. Con il quinto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., omessa pronuncia sulla deducibilità ai fini Irpef ed Irap dei costi per operazioni soggettivamente inesistenti, nonché violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 14, comma 4 bis, I. n. 537 del 1993, come modificato dall’art. 8, d.l. n. 16 del 2012.

5.1. Anche tale doglianza è inammissibile per una pluralità di profili realizzando un non consentito cumulo di doglianze (violazione di legge e omessa pronuncia) tra loro sovrapposte, senza che il ricorrente, come già evidenziato al punto 3.1., riproduca gli elementi necessari (in ¡specie, l’avviso di accertamento), per consentire la valutazione da parte della Corte, risultando del tutto carente in punto di autosufficienza.

  1. Con il sesto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., omessa pronuncia sul giudicato interno relativo all’estraneità del contribuente alla frode carosello.

6.1. Il motivo è infondato.

La CTR ha espressamente ritenuto (senza che rilevi se in termini condivisibili o meno) il P. coinvolto nella frode carosello, implicitamente disattendendo l’eccezione di giudicato interno.

  1. Con il settimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 19, d.P.R. n. 633 del 1972, 167 e 168, lett. a), 178, lett. a), 220, punto 1, 226 e 273 della direttiva 2006/112/CE.

7.1. Il motivo è infondato.

7.2. In linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia incombe all’amministrazione tributaria provare, sia pure anche solo in base a presunzioni, gli elementi oggettivi che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente aveva, con l’emissione della relativa fattura, evaso l’imposta o partecipato a una frode, e cioè che il contribuente disponeva di indizi idonei ad avvalorare un tale sospetto ed a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente.

7.3. Il concreto definirsi del contenuto di tale onere è rapportato alla effettiva complessità della vicenda: nei casi di operazione soggettivamente inesistente di tipo triangolare – che costituiscono l’ipotesi più semplice e comune – caratterizzata dalla interposizione di un soggetto italiano, fittizio, nell’acquisto di beni tra un soggetto comunitario (reale cedente) ed un altro soggetto italiano (reale acquirente), la giurisprudenza della Corte ha evidenziato che tale onere “può esaurirsi nella prova che il soggetto interposto è privo di dotazione personale e strumentale adeguata all’esecuzione della prestazione fatturata (è, cioè, una cartiera), costituendo ciò, di per sé, elemento idoneamente sintomatico della mancanza di buona fede del cessionario, poiché l’immediatezza dei rapporti tra i soggetti coinvolti nella frode induce ragionevolmente ad escludere l’ignoranza incolpevole del contribuente in merito all’avvenuto versamento dell’IVA a soggetto non legittimato alla rivalsa né assoggettato all’obbligo del pagamento dell’imposta” (Cass. n. 24426 del 2013).

Una volta raggiunta questa prova, spetterà al contribuente fornire la prova contraria, ossia di aver svolto le trattative in buona fede, ritenendo incolpevolmente che le merci acquistate fossero effettivamente rifornite dalla società cedente.

7.4. Orbene, nella vicenda in esame, come già evidenziato, la CTR ha ritenuto provata la frode carosello e la consapevolezza del contribuente, ritenendo che quest’ultimo non abbia “fornito validi elementi probatori” a sostegno della prova contraria, senza che tali profili – deducendo un eventuale vizio di insufficiente motivazione e non di violazione di legge – siano stati adeguatamente censurati.

Né, comunque, assumono rilievo le circostanze e gli elementi a prova contraria, solo indicati nel ricorso e del tutto carenti in punto di autosufficienza.

  1. Il ricorso, pertanto, va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese a favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in complessivi euro 5.000,00, oltre accessori di legge e spese prenotate a debito.

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay