FISCALITA

Contenzioso tributario, nelle controversie prevale il Fisco

Nel comunicato stampa del 15 giugno 2017 il Ministero dell’Economia e delle Finanze fa il punto della situazione del contenzioso tributario relativa al 2016, registrando il prosieguo del trend positivo rispetto alla riduzione delle liti tributarie pendenti (-11,6%, 469.048 in cifra assoluta) e alla diminuzione dei ricorsi presentati rispetto all’anno precedente (-9,8%, pari a 231.713).

Al di là della sequenza di numeri che seguiranno, ci sono dei dati interessanti.

A tale risultato contribuisce la riduzione dei ricorsi complessivamente pervenuti alle Commissioni tributarie rispetto al 2015 (-13% dei ricorsi presentati in primo grado e -1,2% per il secondo grado di giudizio). La diminuzione è raggruppata soprattutto nello scaglione dei ricorsi di valore fino a 20.000 euro, presentanti in primo grado, nei quali è possibile attivare l’istituto deflattivo della mediazione.

Risultano, inoltre, poco più di 293.000 liti definite, in calo dell’1,6% rispetto al 2015.

Per quanto riguarda le controversie ancora pendenti – valore complessivo circa 51 miliardi di euro – il 62,9% (poco più di 295.000) è in giacenza da meno di 2 anni, il 27,3% (128.437) è in giacenza da un periodo compreso tra 2 e 5 anni e il 9,7% (circa 45.600) è in giacenza da più di 5 anni.

Il valore complessivo delle controversie presentate nel 2016 è di oltre 31,5 miliardi di euro, con un valore medio della singola controversia di circa 137.000 euro.

CTP e CTR

Il 72,1% del totale dei ricorsi pervenuti alle Commissioni tributarie provinciali riguarda liti di valore inferiore o pari a 20.000 euro (460 milioni di euro complessivi), mentre solo l’1,4% dei ricorsi riguarda lite di valore superiore a 1 milione di euro (in totale 13,2 miliardi di euro). Oltre la metà degli appelli pervenuti alle Commissioni tributarie regionali (il 55,4%) riguarda controversie con valore inferiore o uguale a 20.000 euro (totale, 208 milioni), mentre il 2,7% degli appelli totali riguarda controversie di valore superiore a 1 milione di euro (per complessivi 9,9 miliardi di euro).

Il valore complessivo delle controversie definite nel 2016 supera di poco i 32 miliardi di euro, mentre il valore medio della singola controversia decisa di circa 109.000 euro.

Nel primo grado di giudizio, il 71,5% dei ricorsi definiti riguarda liti di valore inferiore o uguale a 20.000 euro (circa 582 milioni di euro in totale), mentre solo l’1,4% riguarda ricorsi di valore superiore a 1 milione di euro (in totale 14,8 miliardi).

Per quanto concerne gli appelli definiti, il 56,9% delle decisioni riguarda quelli di valore inferiore o pari a 20.000 euro (circa 177 milioni di euro), mentre il 2,5% riguarda appelli di valore superiore a 1 milione di euro (circa 7,7 miliardi).

Gli esiti

In primo e in secondo grado sono di più, in percentuale sul totale, gli esiti completamente favorevoli all’ente impositore rispetto a quelli completamente favorevoli al contribuente (44,9% contro 31,5% nel primo grado di giudizio e 46,4% contro 37,6% nel secondo grado).

Il giudizio intermedio risulta pari all’11,7% in primo grado e all’8,1% in secondo.

Le sentenze definitive favorevoli in tutto o in parte alle Agenzie fiscali, rispetto al totale di quelle in cui sono parti le Agenzie stesse, sono circa il 70% per l’Agenzia delle Entrate e circa il 90% per l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

La durata dei processi

Seppure in miglioramento, anche i tempi della giustizia tributaria risultano ancora troppo lunghi.

Nel 2016 la durata media del processo tributario nel primo grado di giudizio è stata di 781 giorni (2 anni e 2 mesi), con un’abbreviazione di 76 giorni rispetto al 2015 e di 180 rispetto al 2014; nel secondo grado di giudizio 778 giorni, con (invece) un allungamento di 27 giorni rispetto al 2015 e di 49 giorni rispetto al 2014.

Il processo tributario telematico

L’uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario, nel solco della semplificazione del rapporto tra Fisco e contribuente, è stato regolamentato con il decreto del Ministro dell’Economia n. 163/2013. Nel 2016, in sole 8 Regioni – Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Abruzzo e Molise – sono stati effettuati oltre 3.000 depositi telematici nelle CTP e quasi 3.800 nelle CTR, tra ricorsi, controdeduzioni e atti diversi.

I dati della Cgia di Mestre

Restando in tema di contenzioso tributario, lo scorso 18 novembre è stato pubblicato un rapporto dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre che ha affrontato, in particolare, gli esiti finali delle controversie sotto l’aspetto numerico delle “vittorie” suddivise tra l’Amministrazione finanziaria e i ricorrenti.

I numeri hanno sentenziato che, riguardo ai contenziosi fiscali registrati in tutte le Commissioni tributarie e provinciali italiane, il Fisco ha avuto la meglio nel 45% dei casi definiti nel 2016, i contribuenti nel 31,5% dei casi: i dati praticamente coincidono con quelli sopra riportati e risultanti dalla Relazione sul contenzioso presentata dal Mef (e non poteva essere altrimenti).

La differenza aumenta quando il risultato è riferito al valore economico del giudizio, visto che gli importi delle sentenze favorevoli al Fisco sono stati il 48,1%, mentre le vittorie pro contribuente sono state del 23,4%.

I risultati sono più o meno simili anche in Commissione Tributaria Regionale.

Secondo il Coordinatore dell’Ufficio Studi della CGIA, Paolo Zabeo, “Nonostante lo scarto a favore del Fisco sia abbastanza netto, non va trascurato il risultato positivo ottenuto dai contribuenti quando citano in giudizio l’Amministrazione finanziaria. Se teniamo conto dei costi che bisogna sostenere per avviare il contenzioso, dell’abbattimento del numero di ricorsi avvenuto dopo l’introduzione dell’obbligo della mediazione fiscale prima di adire in primo grado e dell’effetto scoraggiamento esercitato dal venir meno degli sconti sulle sanzioni mano a mano che si procede nel contenzioso, vincere oltre il 30% del numero di giudizi nelle Commissioni tributarie provinciali non è poca cosa”.

Lo studio della Confederazione pone in risalto come il ricorrere alla giustizia tributaria per far valere le proprie ragioni sia un procedimento costoso e lungo in termini di tempo, con delle variazioni significative che dipendono dalla complessità e dal valore della controversia.

Si può trattare di migliaia di euro, considerato che il ricorso comporta comunque il pagamento, anche se parziale, degli importi iscritti nei ruoli. Al riguardo la Cgia ricorre all’esempio di un avviso di accertamento, a fronte del quale è prevista la riscossione di 1/3 delle imposte contestate, mentre prima di ricorrere in secondo grado, in caso di sentenza avversa in primo grado, il contribuente deve pagare 2/3 degli importi dovuti a titolo di imposta e interessi, al netto di quanto già versato. A tutto ciò si deve aggiungere il tempo medio della giustizia tributaria, che è di circa 2 anni e 2 mesi per ciascuno dei due gradi del giudizio, ed ecco spiegata la ragione per cui, quando in ballo ci sono importi contenuti, conviene pagare piuttosto che adire una Commissione tributaria.

L’analisi prosegue citando, a motivo della riduzione dei giudizi pendenti presso le Commissioni tributarie, l’introduzione dell’istituto della mediazione, in vigore dal 2012 per le controversie di importo fino a 20.000 euro: nella fase che precede la procedibilità del ricorso in primo grado, l’Agenzia delle Entrate (o l’ente parti del contenzioso) prende in considerazione il reclamo presentato dal contribuente che può contenere una proposta di accordo (mediazione, appunto). Tale istituto risulta particolarmente efficace nello scoraggiare il contenzioso: si è rilevato, infatti, che oltre la metà dei ricorsi presentati non è andato avanti, evitando così un ulteriore processo tributario.

 

 

 

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