Consistenza dei redditi e persistenza nel loro possesso rilevano ai fini dell’accertamento
Tributi – IRPEF – Accertamento sintetico del reddito – Art. 38, D.P.R. n. 600 del 1973 – Redditometro – Maggiore capacità contributiva – Indici – Tenore di vita – Prova contraria – Onere del contribuente – Idonea documentazione, – Maggior reddito – Redditi esenti – Spese contestate – D.L. 78/2010
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12600 del 20 aprile 2022, è tornata a prendere in esame il tema della prova contraria in caso di accertamento sintetico, con specifico riferimento, però, all’ipotesi in cui questo sia stato emesso prima che l’articolo 38 del D.P.R. 600/1973 venisse modificato dal D.L. 78/2010, confermando che ha stabilito che il contribuente contestato deve fornire tutta la documentazione atta a stabilire se i redditi extra sono davvero serviti a coprire le spese. In definitiva, secondo l’interpretazione odierna, per il superamento della presunzione legale non è sufficiente provare la disponibilità di ulteriori redditi (esenti o soggetti a ritenute alla fonte), ma è necessario anche la prova documentale che detti ulteriori redditi siano stati (o sarebbero potuti essere stati) utilizzati per coprire le spese contestate.
E’ bene anche specificare tuttavia che la citata disposizione prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”.
In premessa rammentiamo che per redditi esenti s’intendono tutti quei redditi per i quali il contribuente non è tenuto al pagamento dell’imposta sulle persone fisiche e che, pertanto, chi sostiene di aver utilizzato dei disinvestimenti o somme non tassate per sostenere spese che lasciano presumere un maggior reddito, deve dimostrare la permanenza delle disponibilità sui propri conti: a tal fine è sufficiente l’esibizione dell’estratto conto da cui desumere che non si sia trattato di un semplice “transito” delle somme. Questa precisazione è stata fornita dalla stessa S.C. con la sentenza n. 8995/2014, nella quale si affermava che nel campo dell’accertamento sintetico la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dal D.P.R. 600/1973, art. 38, comma 6, non riguarda la sola disponibilità di redditi, ovvero di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche la spesa per incrementi patrimoniali sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, e non già con qualsiasi altro reddito (dichiarato).
E’ ormai cosa nota che il redditometro è quello strumento in uso all’Agenzia delle entrate destinato alla verifica della congruenza di quanto inserito in dichiarazione dei redditi con quanto effettivamente posseduto in relazione alle spese sostenute e allo stile di vita.
Le operazioni effettuate dal redditometro si inscrivono nell’ambito dell’accertamento sintetico, che nella versione precedente alla modifica del D.L. 78/2010, prevede che il contribuente, qualora indagato, deve dimostrare documenti alla mano che il maggior reddito accertato derivi da ulteriori redditi esenti, oppure da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo d’imposta.
Quindi, brevemente, è possibile affermare che in tema di accertamento sintetico, ai sensi dell’art. 38, comma 6, del D.P.R. 600/1973, la prova contraria a carico del contribuente ha ad oggetto non soltanto la disponibilità di redditi ulteriori rispetto a quelli dichiarati, in quanto esenti o soggetti a ritenute alla fonte, ma anche la documentazione di circostanze sintomatiche che ne denotano l’utilizzo per effettuare le spese contestate e non altre, dovendosi in questo senso intendere il riferimento alla prova della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso.
Ricorda infatti la Corte che l’accertamento sintetico del reddito non impedisce al contribuente di dimostrare con idonea documentazione che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente sia costituito in tutto o in parte da somme esenti o soggette a ritenute alla fonte a titolo di imposta, ma l’entità di questi importi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione: la norma, quindi, pur non prevedendo la prova che le ulteriori somme siano state utilizzate per coprire le spese contestate, chiede degli elementi sintomatici del fatto che ciò sia potuto accadere.
Viene dunque richiesta l’entità e la durata, non essendo sufficiente il semplice “transito” delle somme dai conti del contribuente. (cfr. Cass. Ord. n. 7389/2018; Cass. Ord. n. 26321/2016; Cass. Ord. n. 1455/2016; Cass. Sent. n. 25104/2014).
Tanto premesso, e tornando alla vicenda in esame, essa inizia con la notifica di un avviso di accertamento con il quale si contestava un maggior reddito sulla base delle spese sostenute dal contribuente e delle rilevazioni del redditometro. Tale atto veniva impugnato dinanzi alla competente Commissione tributaria, che in accoglimento del ricorso proposto procedeva al suo annullamento. Anche la Commissione tributaria regionale, rigettando il gravame avanzato dall’Agenzia delle entrate, confermava la pronuncia di primo grado. Pertanto, l’Agenzia impugnava la pronuncia di appello mediante ricorso per cassazione affidato a due motivi di doglianza, mei quali essenzialmente si lamentava la violazione e falsa applicazione dell’articolo 38, D.P.R. 600/1973 e dell’articolo 2697 cod.civ.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondata la doglianza avanzata dalle Entrate sulla base del disposto normativo contenuto nell’articolo 38, comma 4, D.P.R. 600/1973, nella versione vigente al tempo della controversia in esame, secondo cui “L’art 38, 4° comma, dPR 600/73 nella versione applicabile ratione temporis alla presente controversia prevede che ‘Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. L’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione’. L’accertamento sintetico o fondato sulla spesa disciplinato dalla norma testé passata in rassegna si basa, quindi, su presunzioni legali aventi valore sino a prova contraria. Esse sono costituite da spese, investimenti o altri fatti incrementativi del patrimonio che costituiscono prova dell’esistenza di un reddito idoneo a consentire la spesa medesima. Questa Corte, in tema di delimitazione dei confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico ex art. 38 D.P.R. n. 600 del 1973,ha ripetutamente affermato che l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che ‘l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione’. La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della ‘durata’ del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati. Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la ‘durata’ del possesso dei redditi in esame; quindi non il loro semplice ‘transito’ nella disponibilità del contribuente (Cass. Ord. n. 1455/16, 25104/14 8895/2014, 26321/2016, 7389/2018 ). I giudici di seconde cure non hanno fatto corretta applicazione della normativa fiscale e dei principi in materia di ripartizione dell’onere probatorio in quanto, a fronte dell’accertamento sintetico e del valore di prova presuntiva ex lege degli elementi posti a base della pretesa fiscale tratti dalle risultanze del redditometro, risulta essere stata valorizzata, quale prova contraria, solo la circostanza che il contribuente, avesse conseguito una disponibilità economica sufficiente a coprire le spese contestata senza che fossero stati effettuati accertamenti sulla sua durata. II ricorso va quindi accolto con cassazione della sentenza e rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente procedimento”.
Corte di Cassazione – Ordinanza 20 aprile 2022, n. 12600
sul ricorso 32294-2020 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro C. F., domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dagli avvocati ANDREA SCUDERI, SALVATORE CASTROGIOVANNI, ANTONIO ANGELO ZINGALI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5248/13/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA, depositata il 05/10/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/03/2022 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.
CONSIDERATO IN FATTO
1. C. F. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania avverso l’avviso di accertamento sintetico in relazione all’anno di imposta 2008 con il quale veniva contestato un maggiore reddito- elevandolo da € 0, a € 180.739,56, con ripresa dell’Irpef ed addizionali comunali, sulla base delle spese sostenute e delle rilevazioni del redditometro.
2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso.
3. La sentenza veniva impugnata dall’Agenzia delle Entrate e la Commissione Regionale Tributaria della Regionale delle Marche rigettava l’appello rilevando che C. F. aveva fornito la prova contraria ex art 38, comma 4, D.P.R. 600/73 con la disponibilità di risorse non costituenti redditi disponibili non prevedendo la norma la necessità di dimostrare la destinazione delle provviste al sostenimento delle spese poste a base dell’accertamento sintetico.
4 Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a due motivi. Il contribuente ha svolto attività difensiva depositando controricorso.
5 Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
RITENUTO IN DIRITTO
1.Con il primo motivo di impugnazione lamenta l’Amministrazione Finanziaria la violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 112 cpc e dell’art. 36, D.lgs. 546/92 in relazione all’art. 360, 1° comma, nr. 4 cpc per avere la CTR reso una motivazione apparente, non intellegibile ed ontologicamente contraddittoria.
1.1 Con il secondo motivo l’Ufficio deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 del D.P.R. 600/73 e 2967 cc, in relazione all’art 360 1 comma nr 3 cpc; si sostiene che i giudici di seconde cure non abbiano seguito i principi enunciati dalla Corte di Cassazione in ordine alla ripartizione dell’onere probatorio non avendo il contribuente, a fronte delle presunzioni offerte dall’Ufficio, fornito la prova contraria in ordine alla esistenza di redditi esenti idonei a giustificare lo scostamento tra il reddito dichiarato e quello accertato attraverso i beni-indice.
2. Va disattesa l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per mancanza di esposizione dei fatti di causa.
2.1 Il testo del ricorso contiene l’esposizione, sia pur sintetica, chiara ed esauriente dei fatti di causa, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, delle argomentazioni essenziali sulle quali si fonda la sentenza impugnata, ritualmente prodotta in giudizio, e sulle quali si chiede alla Corte di Cassazione nei limiti del giudizio di legittimità una valutazione giuridica diversa da quella asseritamente erronea compiuta dal giudice di merito.
2.1 n primo motivo è infondato.
2.2 Per costante orientamento di questa Corte, il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), ossia dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e del D.lgs. n. 546/1992, art. 36, comma 2, n. 4, omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata
La sanzione di nullità colpisce, pertanto, non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e presentano “una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U, n. 8053 del 7/4/2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione non consente di “comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato”, non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016).
Come questa Corte ha più volte affermato, la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 2016, cit.; Cass. sez. 6- 5, ord. n. 14927 del 15/6/2017).
2.3 Nel caso in esame, la pur stringata motivazione in diritto, valutata in correlazione con la sentenza di primo grado, le cui ragioni sono espressamente richiamate, con la parte della sentenza dedicata allo svolgimento, e segnatamente con il motivo di appello ivi riassunto, appare sufficientemente intellegibile.
2.4 In sostanza i giudici di seconde cure hanno affermato il principio di diritto, errato come si vedrà con l’esame del secondo motivo, che il contribuente ha assolto all’onere della prova del sostenimento delle spese posta a fondamento dell’accertamento, effettuato con il redditometro, mediante finanziamenti con redditi esenti da imposta con la semplice dimostrazione della disponibilità di sufficienti risorse finanziarie non richiedendo la norma l’ulteriore dimostrazione della destinazione delle stesse somme al soddisfacimento delle spese.
2.4.1 La motivazione non è, quindi, né apparente né contraddittoria.
3. E’ invece fondato il secondo motivo.
3.1 L’art 38, 4° comma, D.P.R. 600/73 nella versione applicabile ratione temporis alla presente controversia prevede che “Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. L’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”.
3.2 L’accertamento sintetico o fondato sulla spesa disciplinato dalla norma testè passata in rassegna si basa, quindi, su presunzioni legali aventi valore sino a prova contraria.
3.3 Esse sono costituite da spese, investimenti o altri fatti incrementativi del patrimonio che costituiscono prova dell’esistenza di un reddito idoneo a consentire la spesa medesima.
3.4 Questa Corte, in tema di delimitazione dei confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico ex art. 38, D.P.R. n. 600/73,ha ripetutamente affermato che “ l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”.
La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perchè in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati”.
Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la “durata” del possesso dei redditi in esame; quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente” (Cass. Ord. n. 1455/16, 25104/14 8895/2014, 26321/2016, 7389/2018 ).
3.5 I giudici di seconde cure non hanno fatto corretta applicazione della normativa fiscale e dei principi in materia di ripartizione dell’onere probatorio in quanto, a fronte dell’accertamento sintetico e del valore di prova presuntiva ex lege degli elementi posti a base della pretesa fiscale tratti dalle risultanze del « redditometro», risulta essere stata valorizzata, quale prova contraria, solo la circostanza che il contribuente, avesse conseguito una disponibilità economica sufficiente a coprire le spese contestata senza che fossero stati effettuati accertamenti sulla sua durata.
3.5.1 II ricorso va quindi accolto con cassazione della sentenza e rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte, rigetta accoglie il secondo motivo del ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nell’adunanza camerale del 9 marzo 2022