CASSAZIONE

Conferimenti immobiliari: vale il passivo “inerente”

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 475 dell’11 gennaio 2018, ha puntualizzato che in caso di conferimento in una società di beni immobili, diritti reali immobiliari o aziende, la base imponibile dell’imposta di registro è determinata deducendo dai beni e diritti conferiti solo le passività e gli oneri inerenti all’oggetto del trasferimento in questione, mentre ciò non è possibile per quelli che, seppur gravanti sul bene, non sono collegati all’oggetto medesimo.

Nel nostro ordinamento vige che mediante l’operazione di conferimento di azienda (o di un suo ramo) si trasmette dal soggetto conferente alla società conferitaria la titolarità di quel complesso di beni, situazioni, attività, avviamento, passività e rapporti componenti il complesso aziendale che il conferente, appunto, immette nella sfera giuridica della conferitaria stessa per averne in cambio una partecipazione nel suo capitale sociale, corrispondente al valore che si ottiene rapportando l’entità del patrimonio conferito con il patrimonio già presente nella sfera giuridica del soggetto.

In altri termini, occorre verificare se le situazioni giuridiche soggettive fiscalmente rilevanti maturatesi in capo al soggetto conferente, siano inscindibilmente connesse al soggetto conferente stesso, in modo da non essere in alcun modo trasmissibili in capo alla società conferitaria; oppure se, pur trattandosi di posizioni soggettive proprie del conferente, esse abbiano comunque un ancoraggio oggettivo al compendio aziendale nel cui àmbito si formano, di modo che si possa ritenere che ben transitino alla società conferitaria nel contesto dell’operazione di conferimento come parte, in sostanza, del compendio aziendale trasmesso dal soggetto conferente al soggetto conferitario. Al riguardo la giurisprudenza (ex multis sentenza del 14 febbraio 2014, n. 3444) ha sempre privilegiato l’odierna interpretazione data dalla S.C. al caso in esame, dove un socio conferiva in società un immobile e valutando per la tassazione ai fini dell’imposta di registro, di tutti gli oneri e le passività relativi al bene ed assunti dalla società.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, invece, dovevano essere escluse dalla determinazione della base imponibile ai fini del registro quelle voci di “costi” che si riferivano in realtà al soggetto conferente. Pertanto, notificava un atto impositivo a società e socio.

I primi due gradi di giudizio confermavano nel merito l’illegittimità del recupero a tassazione dell’ufficio finanziario: i giudici ritenevano, infatti, che la normativa (art. 50 T.U. Registro) permettesse di detrarre dal valore del bene tutte le passività a condizione che le stesse vengano accollate alla società conferitaria.

L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione per violazione della norma suindicata e i contribuenti resistevano con controricorso.

Gli Ermellini hanno dunque ricordato che: “… L’art. 50 DPR 131/1986 ha trasposto nell’ordinamento italiano la direttiva 335/69/CEE, secondo cui “l’imposta è liquidata sul valore reale dei beni di qualsiasi natura conferiti o da conferire dai soci, previa deduzione delle obbligazioni assunte e degli oneri sopportati dalla società a causa di ciascun conferimento” (art. 5). Proprio il riferimento alla “causa di ciascun conferimento”, contenuto nel suddetto art. 5, non consente di interpretare la norma interna nel senso di permettere una deduzione indiscriminata delle passività e degli oneri gravanti sul bene o diritto conferito, e impone invece un’attenta verifica del collegamento tra la passività e il conferimento del bene. Detta interpretazione è volta anche a evitare che diano luogo a riduzione dell’imposta di registro i mutui ipotecari costituiti in funzione di elusione del carico tributario (ex multis Sez. 5, n. 3444 del 14/2/2014, Rv. 629968; Sez. 5, n. 23234 del 13/11/2015, Rv. 637407). Peraltro, con particolare riguardo ai conferimenti di immobili in società, ove il conferente sia persona fisica, la base imponibile non può essere depurata delle passività e degli oneri – quali gli scoperti bancari di natura personale o temporanea i quali, anche se gravanti sullo stesso conferente ed assunti dalla società cessionaria, non possono dirsi collegati al bene oggetto del conferimento (Sez. 5, n. 16768 del 27/11/2002, Rv. 558763; conforme Sez. 5, n. 9580 del 19/4/2013, Rv. 626426). Di conseguenza la mera circostanza che la passività di cui si chiede il riconoscimento ex art. 50 T.U. Registro sia garantita da ipoteca non è di per sé idonea a qualificare l’inerenza del debito al bene conferito. Nel caso in esame la passività che si vorrebbe dedurre a fini fiscali dal valore degli immobili conferiti in società attiene ad un debito personale del resistente, antecedente ed indipendente dal conferimento del bene stesso in società ed a gravare su un c/c bancario non di pertinenza della società. I giudici di merito, nella sentenza impugnata, non hanno dunque fatto corretta applicazione della norma censurata. 4. La fondatezza del ricorso principale impone alla Corte di esaminare l’eccezione di decadenza dall’azione ex art. 76, comma 1 bis, T.U. del Registro (due anni nell’ipotesi di imposta proporzionale come sostenuto dal contribuente; tre anni per imposta principale, complementare ex art. 19, suppletiva ed occultazione di corrispettivo, per come sostenuto dall’Ufficio) sollevata dal contribuente col ricorso incidentale. Invero, la fondatezza dell’eccezione renderebbe inutiliter datum il rinvio della causa al giudice di appello. Per completezza va osservato che la questione aveva formato oggetto di esame nel corso del giudizio di primo grado ed era stata risolta accolta dalla C.T.P., la quale aveva anche escluso la proroga dei termini per l’accertamento stabilita con l’art. 11 della legge 27.12.2002, n. 289, disposizione in realtà mai invocata da nessuna delle parti, laddove, invece, la disputa era chiaramente incentrata sull’applicabilità della disposizione del T.U. del Registro (comma primo bis o secondo comma). Inoltre, aveva formato oggetto del primo motivo di appello dell’Ufficio. Il giudice di secondo grado, pur rilevando l’errore di diritto in cui era caduta la C.T.P. laddove aveva fatto riferimento all’ipotesi (esclusa) della proroga, non ha tuttavia preso espressa posizione sul punto (ossia se nel caso in esame fosse o meno ravvisabile un’ipotesi di occultamento di corrispettivo), decidendo invece direttamente il merito della questione. Tanto premesso, ritiene il Collegio che, nel caso di specie, non si verta in un’ipotesi di occultazione di corrispettivo, in quanto la passività iscritta ed evidenziata in sede di conferimento e quindi in atto pubblico risulta da una iscrizione ipotecaria regolarmente evidenziata nei pubblici registri. Pertanto, la regola generale in termini di decadenza va ricercata nel comma 1 bis della disposizione in esame, non attagliandosi al caso di specie alcuna delle ipotesi di cui al comma 2”.

 

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 11 gennaio 2018, n. 475

 

sul ricorso 13454-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore oro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro ROHRERBAU KG DES ROHRER JACOB & C.;

– intimato –

Nonché da:ROHRERBAU KG DES ROHRER JACOB & C., elettivamente domiciliato in ROMA VIA SABOTINO 22, presso lo STUDIO LEGALE TRONCI & GEMMA, rappresentato e difeso dall’avvocato GIANFRANCO VIGNOLA;

– controricorrente incidentale –

contro AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 33/2011 della COMM. TRIBUTARIAil GRADO di BOLZANO, depositata il 12/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/12/2017 dal Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI.

Motivi della decisione

  1. L’agenzia delle Entrare ricorre per cassazione per l’annullamento della sentenza n. 33/01/2011 della CTR di Bolzano Sez. 1, con la quale è stata confermata la decisione della CTP di Bolzano secondo cui l’art. 50 della legge di registro consente di detrarre dal valore del bene le passività inerenti alla sola condizione che queste vengano accollate alla società conferitaria. Al riguardo, deduce due motivi, con vittoria di spese.
  2. Resiste il contribuente chiedendo che la Corte rigetti il ricorso e, in caso di accoglimento del ricorso, ha chiesto in via incidentale cassare senza rinvio la sentenza impugnata dichiarando la decadenza dell’attività di accertamento posta in essere con l’avviso di accertamento de quo. Con vittoria di spese.
  3. Tanto premesso, il primo motivo di ricorso, avente carattere assorbente e con cui si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 50 T.U. Registro, è fondato.

Nel caso di conferimento in una società di beni immobili, diritti reali immobiliari o aziende, la base imponibile ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro va determinata deducendo dai beni e diritti conferiti solo le passività e gli oneri inerenti all’oggetto del trasferimento stesso, e non anche passività e oneri che, pur gravanti sul conferente ed assunti dalla società concessionaria, non possano dirsi collegati all’oggetto medesimo.

L’art. 50 DPR 131/1986 ha trasposto nell’ordinamento italiano la direttiva 335/69/CEE, secondo cui “l’imposta è liquidata sul valore reale dei beni di qualsiasi natura conferiti o da conferire dai soci, previa deduzione delle obbligazioni assunte e degli oneri sopportati dalla società a causa di ciascun conferimento” (art. 5).

Proprio il riferimento alla “causa di ciascun conferimento”, contenuto nel suddetto art. 5, non consente di interpretare la norma interna nel senso di permettere una deduzione indiscriminata delle passività e degli oneri gravanti sul bene o diritto conferito, e impone invece un’attenta verifica del collegamento tra la passività e il conferimento del bene.

Detta interpretazione è volta anche a evitare che diano luogo a riduzione dell’imposta di registro i mutui ipotecari costituiti in funzione di elusione del carico tributario (ex multis Sez. 5, n. 3444 del 14/2/2014, Rv. 629968; Sez. 5, n. 23234 del 13/11/2015, Rv. 637407). Peraltro, con particolare riguardo ai conferimenti di immobili in società, ove il conferente sia persona fisica, la base imponibile non può essere depurata delle passività e degli oneri – quali gli scoperti bancari di natura personale o temporanea i quali, anche se gravanti sullo stesso conferente ed assunti dalla società cessionaria, non possono dirsi collegati al bene oggetto del conferimento (Sez. 5, n. 16768 del 27/11/2002, Rv. 558763; conforme Sez. 5, n. 9580 del 19/4/2013, Rv. 626426).

Di conseguenza la mera circostanza che la passività di cui si chiede il riconoscimento ex art. 50 T.U. Registro sia garantita da ipoteca non è di per sé idonea a qualificare l’inerenza del debito al bene conferito.

Nel caso in esame la passività che si vorrebbe dedurre a fini fiscali dal valore degli immobili conferiti in società attiene ad un debito personale del resistente, antecedente ed indipendente dal conferimento del bene stesso in società ed a gravare su un c/c bancario non di pertinenza della società.

I giudici di merito, nella sentenza impugnata, non hanno dunque fatto corretta applicazione della norma censurata.

  1. La fondatezza del ricorso principale impone alla Corte di esaminare l’eccezione di decadenza dall’azione ex art. 76, comma 1 bis, T.U. del Registro (due anni nell’ipotesi di imposta proporzionale come sostenuto dal contribuente; tre anni per imposta principale, complementare ex art. 19, suppletiva ed occultazione di corrispettivo, per come sostenuto dall’Ufficio) sollevata dal contribuente col ricorso incidentale. Invero, la fondatezza dell’eccezione renderebbe inutiliter datum il rinvio della causa al giudice di appello. Per completezza va osservato che la questione aveva formato oggetto di esame nel corso del giudizio di primo grado ed era stata risolta accolta dalla C.T.P., la quale aveva anche escluso la proroga dei termini per l’accertamento stabilita con l’art. 11 della legge 27.12.2002, n. 289, disposizione in realtà mai invocata da nessuna delle parti, laddove, invece, la disputa era chiaramente incentrata sull’applicabilità della disposizione del T.U. del Registro (comma primo bis o secondo comma). Inoltre, aveva formato oggetto del primo motivo di appello dell’Ufficio. Il giudice di secondo grado, pur rilevando l’errore di diritto in cui era caduta la C.T.P. laddove aveva fatto riferimento all’ipotesi (esclusa) della proroga, non ha tuttavia preso espressa posizione sul punto (ossia se nel caso in esame fosse o meno ravvisabile un’ipotesi di occultamento di corrispettivo), decidendo invece direttamente il merito della questione. Tanto premesso, ritiene il Collegio che, nel caso di specie, non si verta in un’ipotesi di occultazione di corrispettivo, in quanto la passività iscritta ed evidenziata in sede di conferimento e quindi in atto pubblico risulta da una iscrizione ipotecaria regolarmente evidenziata nei pubblici registri. Pertanto, la regola generale in termini di decadenza va ricercata nel comma 1 bis della disposizione in esame, non attagliandosi al caso di specie alcuna delle ipotesi di cui al comma 2.

Decidendosi nel merito, va dunque cassata senza rinvio la sentenza impugnata, dichiarandosi la decadenza dell’attività di accertamento posta in essere dall’Agenzia delle entrate con l’avviso di liquidazione oggetto di primaria impugnativa.

  1. Quanto alle spese del presente giudizio, la natura strettamente interpretativa delle questioni sollevate consente di disporne la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Cassa senza rinvio la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso originario. Spese compensate.

 

 

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