CASSAZIONE

Concordato e transazione fiscale procedono insieme

Le sezioni unite, con la sentenza n. 760 del 13 gennaio 2017, intervenendo nella dibattuta questione della falcidiabilità dell’Iva nel concordato preventivo. hanno voluto riaffermare che la previsione dell’infalcidiabilità del credito IVA di cui all’art. 182 ter legge fall. trova applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale.

Per la Suprema Corte di Cassazione la previsione dell’infalcidiabilità del credito Iva di cui all’art. 182 ter della legge fallimentare trova applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale, fattispecie alla quale la norma fa espresso riferimento, e non anche nell’ipotesi di concordato preventivo proposto senza fare ricorso all’istituto della transazione fiscale.

Il concordato con transazione fiscale ex art. 182 ter L.F. va valutato quindi come una speciale figura di concordato preventivo, non solo quando vi siano obblighi tributari, ma anche perché, quando sussistono debiti tributari, è possibile un concordato preventivo senza transazione fiscale.

A pochi giorni di distanza i supremi giudici tornano sull’argomento sulla ammissibilità della proposta di concordato preventivo, anche quando non connessa a una transazione fiscale e formulata in violazione del divieto di riduzione del credito per Iva, imposto dall’allora vigente articolo 182-ter della legge fallimentare.

Le sezioni unite, con la sentenza 26988 del 27 dicembre 2016, avevano infatti posto fine al contrasto giurisprudenziale registratosi davanti alla singole sezioni della Corte di cassazione, portando chiarezza sull’intera fattispecie. La premessa aveva avuto origine nel ricorso proposto avverso una sentenza della Corte di appello che, in sede di omologazione di un concordato preventivo, si era uniformata ad alcuni precedenti interpretazioni di legittimità (cfr Cassazione, pronunce 14447/2014 e 22931/2011), secondo cui, in rispetto dell’articolo 182-ter, comma 1, della legge fallimentare, nel testo vigente dal 31 maggio 2010, non era consentito riconoscere una riduzione in sede concordataria sul capitale dell’Iva, ma solo la dilazione. L’intangibilità del relativo debito, secondo i giudici di merito, risultava collegata al fatto che la previsione avrebbe avuto natura sostanziale e carattere eccezionale, tali da giustificare – con riguardo allo specifico credito, avente natura eurocomunitaria – un trattamento peculiare e inderogabile. Per questo, secondo la Corte di appello, il principio della non falcidiabilità del credito Iva doveva ritenersi applicabile a ogni forma di concordato preventivo, ancorché proposto senza ricorrere all’istituto della “transazione fiscale”.

Le sezioni unite non hanno voluto conformarsi alla tesi dei giudici d’appello, riscontrando che essa si poggerebbe su due assunti non condivisibili, quali la natura “sostanziale ed eccezionale” della disposizione sulla non falcidiabilità del credito Iva e sulla natura indisponibile del credito Iva in ambito nazionale, stante il suo carattere eurocomunitario.

In particolare la Cassazione ha voluto ricordare, per il secondo punto, la recente sentenza 7 aprile 2016 della Corte di giustizia Ue nella causa C-546/14, che ha dichiarato compatibile in ambito comunitario la riducibilità del credito Iva in sede di concordato preventivo, stante le particolari ragioni che giustificano la procedura concordataria, notoriamente finalizzata “a verificare l’impossibilità di una migliore soddisfazione della pretesa tributaria in caso di fallimento”.

Con la sentenza 7 aprile 2016, causa C-546/14, la Corte di Giustizia ha ritenuto compatibile con la normativa comunitaria in materia di IVA una proposta di concordato che prevede il pagamento parziale dell’imposta a condizione che un esperto indipendente attesti il trattamento deteriore di tale credito nell’alternativa fallimentare. L’autorevole affermazione circa la mancanza di qualsiasi vincolo di matrice comunitaria al divieto di falcidia dell’IVA, oltre a sollecitare la modifica da parte del legislatore nazionale del testo dell’art. 182-ter l.f. attualmente in vigore, ha imposto l’immediata attuazione di quanto statuito dalla CGCE nelle ipotesi di concordato preventivo in cui non sia stato attivato il procedimento di transazione fiscale.

Inoltre si evidenzia che le motivazioni addotte dai Supremi giudici sulla prima questione, dove le sezioni unite hanno affermato che, pur riconoscendo, la infalcidiabilità del credito Iva nell’ambito della disciplina speciale del concordato con transazione fiscale, hanno ricordato che essa rappresenta un’eccezione alla regola della riducibilità dei crediti privilegiati anche tributari, e che tale eccezione non può estendersi automaticamente oltre l’ambito di applicazione della disciplina speciale in cui essa è inclusa, formulando il seguente principio di diritto : “… La previsione della infalcidiabilità del credito IVA di cui all’art. 182 ter L. Fall. trova applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale”.

A rinforzare tale importante pronuncia, a pochi giorni di distanza, la stessa Cassazione, sempre a sezioni unite, con la sentenza 760/2017, è tornata a trattare lo specifico argomento, a ribadire le stesse motivazioni e ad affermare lo stesso principio di diritto.

L’intervento all’unisono delle sezioni riunite della Cassazione e del legislatore autorizza di ritenere risolta la questione di massima circa l’ammissibilità della falcidia del credito Iva in sede di concordato preventivo, collegato o meno, a richieste di transazione fiscale ex articolo 182-ter della legge fallimentare. Ciò, ovviamente, ponendo la dovuta attenzione alle condizioni che la disciplina oggi prevede come necessarie, perché tale nuova impostazione possa essere correttamente realizzata.

Avvertono così le SS.UU.: “ … Certo, nell’ambito della disciplina speciale del concordato con transazione fiscale, la infalcidiabilità del credito IVA rappresenta un’eccezione alla regola della falcidiabilità dei crediti privilegiati anche tributari. Ma questa eccezione non può estendersi automaticamente oltre l’ambito di applicazione della disciplina speciale in cui è inclusa, come dimostra il fatto che la sua applicazione al procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento ne ha richiesto l’espressa previsione nell’art. 7 della l. 27 gennaio 2012, n. 3. È un argomento retoricamente efficace, ma logicamente scorretto, quello che presume di applicazione “universale” una norma qualificata eccezionale solo perché prevede un’eccezione nell’ambito di una disciplina di per sé speciale”.

 

Corte di Cassazione Sezioni unite civili Sentenza 13 gennaio 2017, n. 760

Presidente: Rordorf – Estensore: Nappi

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Genova, in riforma della decisione di primo grado, rigettò la domanda di omologazione del concordato preventivo proposto il 7 novembre 2012 dalla Mes Real Estate s.r.l.

I giudici del merito ritennero che, anche quando non connessa a una transazione fiscale, la proposta di concordato preventivo sia inammissibile, in quanto formulata in violazione del divieto di falcidia del credito per IVA, imposto dall’art. 182-ter l. fall. con disposizione di natura sostanziale ed eccezionale applicabile in qualsiasi contesto procedimentale.

La corte d’appello si uniformò in realtà a taluni precedenti di legittimità secondo i quali «l’art. 182-ter, primo comma, l. fall. (come modificato dall’art. 32 del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla l. 28 gennaio 2009, n. 2), che esclude la falcidia concordataria sul capitale dell’IVA, così sancendo l’intangibilità del relativo debito, ha natura sostanziale e carattere eccezionale, attribuendo al corrispondente credito un trattamento peculiare ed inderogabile, sicché la stessa si applica ad ogni forma di concordato, ancorché proposto senza ricorrere all’istituto della transazione fiscale, attenendo allo statuto concorsuale del credito IVA» (Cass., sez. I, 25 giugno 2014, n. 14447, m. 631445, Cass., sez. I, 4 novembre 2011, n. 22931, m. 620055).

L’interpretazione proposta da questi precedenti è risultata peraltro molto controversa sia in dottrina sia nella giurisprudenza di merito, sulla base di argomenti ripresi nei due motivi d’impugnazione proposti dalla Mes Real Estate s.r.l., cui resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Sicché il Primo presidente di questa corte, in accoglimento di una richiesta della parte ricorrente, ha rimesso alle Sezioni unite di «stabilire se la previsione dell’infalcidiabilità del credito IVA di cui all’art. 182-ter l. fall. trovi applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale, fattispecie alla quale la norma fa espresso riferimento, ovvero anche nell’ipotesi di concordato preventivo proposto senza fare ricorso all’istituto disciplinato dall’art. 182-ter l. fall.».

MOTIVI DELLA DECISIONE

  1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta che i giudici del merito, pur riconoscendo la facoltatività della transazione fiscale, quale fase meramente eventuale del procedimento di concordato preventivo, abbiano contraddittoriamente attribuito alla relativa disciplina, e segnatamente al divieto di falcidia del credito per IVA, una generale portata derogatoria della disciplina dettata per il procedimento principale.

Sostiene che, se il legislatore avesse davvero inteso prevedere la infalcidiabilità del credito per IVA in ogni concordato preventivo, avrebbe inserito la deroga nell’art. 160 l. fall., non nell’art. 182-ter destinato alla disciplina della sola transazione fiscale.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce che l’interpretazione adottata dalla corte d’appello comporta uno stravolgimento dell’ordine dei privilegi, perché il credito per IVA collocato come diciannovesimo, dovrebbe prevalere sui crediti poziori.

  1. Il ricorso è fondato.

Il Procuratore generale ha chiesto la dichiarazione di cessazione della materia del contendere nel presupposto del sopravvenuto fallimento della società ricorrente. Tuttavia una tale pronuncia non risulta ritualmente documentata a norma dell’art. 372 c.p.c.; sicché la corte non può tenerne conto, ma deve pronunciarsi sul ricorso.

2.1. La riforma della legge fallimentare, innovando rispetto al sistema previgente, ha riconosciuto l’ammissibilità di un concordato preventivo che preveda il pagamento non integrale dei creditori privilegiati.

Stabilisce ora l’art. 160, comma 2, l. fall. che la proposta di concordato preventivo «può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d)». E aggiunge che «il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione», così escludendo l’ammissibilità di un trattamento differenziato tra diversi creditori privilegiati, che non sia compatibile con l’ordine di preferenza stabilito dalla legge, anche quando il piano concordatario proponga una suddivisione in classi dei creditori. Sicché il piano concordatario può certamente prevedere «trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse» (art. 160, comma 1, lett. d, l. fall.), ma senza alterare l’ordine delle prelazioni, che a maggior ragione risulta vincolante quando una suddivisione in classi non sia prevista.

L’art. 182-ter l. fall. prevede poi che, «con il piano di cui all’articolo 160 il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea»; aggiungendo che, «con riguardo all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento».

2.2. Tale essendo il quadro normativo, ci si è domandato innanzitutto se, in presenza di debiti di natura tributaria, la transazione fiscale sia obbligatoria, condizioni cioè l’ammissibilità di qualsiasi proposta di concordato preventivo, almeno quando la proposta preveda il pagamento parziale dei crediti privilegiati. E benché non siano mancate risposte positive al quesito, è del tutto prevalente l’interpretazione che riconosce la facoltatività del ricorso alla transazione fiscale, sulla base del decisivo argomento testuale desumibile dall’incipit dello stesso art. 182-ter l. fall., che prevede appunto la mera facoltà del debitore di promuovere contestualmente sia la procedura di concordato preventivo sia il subprocedimento per la conclusione della transazione fiscale.

Sicché può ben dirsi che, quando abbia debiti tributari, per il debitore sono disponibili due ipotesi di concordato preventivo: una principale, che prescinde da un previo accordo con il Fisco; l’altra speciale, che include la transazione fiscale. E la scelta tra l’uno e l’altro procedimento dipenderà evidentemente dall’eventuale esigenza imprescindibile di ottenere il voto favorevole dell’Amministrazione finanziaria, in ragione delle dimensioni del suo credito, oltre che di offrire certezza ai creditori tutti circa l’effettiva consistenza del debito tributario e di conseguenza circa le concrete prospettive di attuabilità del piano concordatario.

Una proposta di concordato preventivo potrebbe infatti ottenere il consenso della maggioranza dei creditori anche senza il voto favorevole del Fisco; e le prospettive di attuabilità del piano concordatario potrebbero essere ben chiare anche senza transazione fiscale, quando l’entità del credito tributario risulti incontestata e ben definita.

Il concordato con transazione fiscale è dunque una speciale figura di concordato preventivo: sia perché viene ovviamente in rilievo solo quando vi siano debiti tributari; sia perché, anche in presenza di debiti tributari, è possibile un concordato preventivo senza transazione fiscale.

Tuttavia, se tra le due fattispecie di concordato preventivo v’è, come è evidente, un rapporto di specialità, non è possibile estendere alla fattispecie generale, del concordato senza transazione fiscale, la disciplina della fattispecie speciale, del concordato con transazione fiscale. Solo se si ipotizzasse l’obbligatorietà della transazione fiscale, si potrebbe riconoscere l’infalcidiabilità del credito IVA in qualsiasi concordato. Ma se si esclude che la transazione fiscale debba accompagnare necessariamente ogni ipotesi di concordato preventivo con debiti tributari, deve riconoscersi che la regola dell’infalcidiabilità operi solo per la transazione fiscale.

Il rapporto di specialità intercorrente tra la disciplina del concordato semplice e la disciplina del concordato con transazione fiscale comporta che con l’eliminazione della norma speciale i casi da essa regolati rifluirebbero automaticamente nell’ambito di previsione della norma generale; sicché l’ambito di applicazione della norma speciale non può estendersi all’ambito di applicazione della norma generale.

Certo, nel caso di concordato con transazione fiscale l’infalcidiabilità del credito IVA non si estenderà anche agli altri crediti privilegiati di rango poziore, che subiranno la falcidia compatibile con i limiti imposti dall’art. 160, comma 2, l. fall. Ma in questo caso il mancato rispetto dell’ordine dei privilegi risulterebbe giustificato dal necessario consenso degli altri creditori, anche privilegiati, al cui voto sarebbe sottoposta l’intera proposta di concordato, inclusiva della transazione fiscale. Infatti, secondo quanto prevede l’art. 182-ter l. fall., la proposta di transazione fiscale deve essere inclusa nel piano concordatario da sottoporre al voto di tutti i creditori; e in caso di approvazione della proposta il pagamento integrale del credito IVA diviene funzionale all’attuazione del piano.

Sicché in questa prospettiva l’effetto di favore per il credito IVA (e per quelli assimilati) è del tutto compatibile con il sistema normativo vigente, che risulterebbe invece totalmente disarticolato se si affermasse la infalcidiabilità del credito IVA in qualsiasi concordato preventivo, indipendentemente dalla connessione con una transazione fiscale.

Ove non si intendesse vanificare il riconoscimento della falcidiabilità anche dei crediti privilegiati, introdotta dalla riforma della legge fallimentare, si finirebbe infatti per attribuire al credito per IVA una sorta di superprivilegio, per di più riconosciuto in un contesto del tutto eccentrico rispetto a quello della disciplina dell’ordine dei privilegi.

Per replicare a questa obiezione si è rilevato che l’ordine legale dei privilegi non vincola il legislatore. Ma si tratta di una petizione di principio, perché è qui in discussione appunto se il legislatore abbia inteso derogare all’ordine dei privilegi senza modificarne la disciplina generale.

2.3. La tesi che vincola all’infalcidiabilità del credito per l’IVA anche il concordato senza transazione fiscale è argomentata sulla base di due assunti: la natura sostanziale ed eccezionale della disposizione sull’infalcidiabilità; la indisponibilità a livello nazionale del credito per un’imposta di natura eurounitaria.

Questo secondo assunto risulta ora smentito dalla recente sentenza 7 aprile 2016 pronunciata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa C-546/14, che ha dichiarato eurounitariamente compatibile la falcidiabilità del credito IVA in sede di concordato preventivo, in ragione della serietà del procedimento destinato a verificare l’impossibilità di una migliore soddisfazione della pretesa tributaria in caso di fallimento.

Il primo assunto rivela immediatamente la fragilità delle sue basi, se si consideri da un canto la nota relatività della distinzione tra norme processuali e norme sostanziali, dall’altro la inafferrabilità di un concetto di norma eccezionale ancorato al solo rapporto tra regola ed eccezione, che renderebbe eccezionali pressoché tutte le norme giuridiche, tanto frequentemente in rapporto di eccezione le une con altre.

Processuale o sostanziale che sia, infatti, la regola dell’infalcidiabilità del credito IVA è inclusa nella disciplina speciale del concordato preventivo con transazione fiscale. E non si può pretendere di estenderla ai casi regolati dalla disciplina generale del concordato preventivo senza transazione.

Certo, nell’ambito della disciplina speciale del concordato con transazione fiscale, la infalcidiabilità del credito IVA rappresenta un’eccezione alla regola della falcidiabilità dei crediti privilegiati anche tributari. Ma questa eccezione non può estendersi automaticamente oltre l’ambito di applicazione della disciplina speciale in cui è inclusa, come dimostra il fatto che la sua applicazione al procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento ne ha richiesto l’espressa previsione nell’art. 7 della l. 27 gennaio 2012, n. 3. È un argomento retoricamente efficace, ma logicamente scorretto, quello che presume di applicazione “universale” una norma qualificata eccezionale solo perché prevede un’eccezione nell’ambito di una disciplina di per sé speciale.

  1. Si deve pertanto concludere con l’enunciazione del seguente principio di diritto:

«la previsione dell’infalcidiabilità del credito IVA di cui all’art. 182-ter l. fall. trova applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale».

In accoglimento del ricorso va dunque cassata con rinvio la decisione impugnata, ma le spese del giudizio di legittimità debbono essere compensate integralmente, in ragione delle incertezze giurisprudenziali sulla questione controversa.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Genova [in] diversa composizione, compensando integralmente le spese del giudizio di legittimità.

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