CASSAZIONE

Con la dichiarazione congiunta l’obbligazione tributaria è sempre solidale

Tributi – Riscossione – Cartella di pagamento –  Accertamento giurisdizionale – Definitività del giudicato non partecipato – Dichiarazione dei redditi congiunta – Coobbligato in solido del coniuge Legittimità – Responsabilità solidale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 262 del 5 gennaio 2022, ha affrontato la questione del regime giuridico sostanziale e processuale derivante dalla responsabilità solidale tra moglie e marito nell’ipotesi di dichiarazione dei redditi congiunta, affermando che tale responsabilità fra coniugi opera anche nel caso in cui il coniuge sia non partecipe alla produzione dei redditi accertati nei confronti del dichiarante.

Premettiamo che per responsabilità solidale si vuole intendere generalmente quella situazione in cui due o più soggetti sono obbligati a una medesima prestazione. Ai sensi dell’art. 1292 c.c., ciascun debitore può essere costretto all’adempimento per la totalità della prestazione e, in tal caso, l’adempimento da parte di un coobbligato libera tutti gli altri. In ambito tributario il diritto non conosce un’autonoma disciplina delle obbligazioni solidali ancorché di esse ci si debba occupare, in forza del richiamo contenuto in singole leggi d’imposta, ai casi di responsabilità solidale ovvero alle ipotesi di responsabili in solido. Rinvio estremamente frequente, dal momento che l’istituto ha finito con il rappresentare uno degli strumenti giuridici più efficaci per la tutela dell’interesse dello Stato garantendo una pronta e sicura riscossione dei tributi.

In altre parole, per quanto riguarda gli obblighi formali nella solidarietà tributaria possiamo ricordare che l’eventuale inosservanza comporterà l’irrogazione di un’unica sanzione, la quale colpirà in solido tutti i coobbligati. Inoltre, guardando allo specifico della dichiarazione congiunta, il presupposto d’imposta ai fini dell’IRPEF dipende dal regime patrimoniale che regola i beni dei coniugi, in quanto, ai fini dell’applicazione del tributo, rileva la capacità contributiva che la norma costituzionale pone a base del dovere tributario quale dovere di solidarietà.

È necessaria una prima precisazione. In presenza di un regime di comunione legale, ai fini dell’IRPEF, i redditi dei beni in essa inclusi sono imputati, nel corso della vita matrimoniale, a ciascuno dei coniugi per metà del loro ammontare netto. Come sostenuto da autorevole dottrina, la particolare modalità d’imputazione del presupposto dipende dal regime giuridico sostanziale che risulta dalla disciplina della comunione legale, e non dalla titolarità formale del cespite produttivo di reddito che potrebbe anche essere differente. L’organizzazione familiare, unitariamente intesa, si connota come mera organizzazione di beni e di rapporti interni tra coniugi, e non necessariamente come organizzazione di attività: solo rispetto a quest’ultima può realizzarsi l’imputazione della fattispecie d’imposta.

Riguardo all’assetto patrimoniale della famiglia, relativamente all’imposizione sui redditi, la normativa tributaria rimanda più che in altri ambiti alla disciplina civilistica, con notevoli difficoltà interpretative, dovendo in alcuni casi recepire le fattispecie e i risultati dell’elaborazione civilistica, ereditandone però anche le incertezze collegate alle difficoltà di inquadramento degli istituti e per questo la pronuncia, per quanto si ponga in linea con un orientamento ormai consolidato da lungo tempo, riveste un rinnovato interesse in quanto delinea una corretta ricognizione e una puntuale applicazione della normativa fiscale in materia, alla luce anche della numerosa giurisprudenza di legittimità e della Consulta intervenuta sul punto.

 La norma chiave è l’art. 17 della legge 114/1977, il quale stabilisce che in caso di dichiarazione dei redditi congiunta l’Amministrazione finanziaria può notificare “al (solo) marito l’avviso di accertamento (o la cartella di pagamento), ferma rimanendo la responsabilità solidale della moglie”: il debito tributario è in toto solidale concernendo il pagamento dell’imposta, della soprattassa, della pena pecuniaria e degli interessi. Peraltro la Consulta, con l’ordinanza n. 215/2004, aveva già avuto modo di precisare come la dichiarazione fiscale congiunta è una mera facoltà del contribuente e da essa derivano vantaggi e svantaggi, che sono stati liberamente scelti senza riguardo alle vicende a cui può andare incontro ciascuno dei coniugi (Cass. sent. nn. 8334 e 9144/ 2000) o il regime patrimoniale della famiglia (Cass. 7393/1999) o il matrimonio stesso in caso di separazione (Cass. 4863/2002).

I rischi derivanti dalla disciplina propria dell’istituto riguardano specificatamente sia quelli inerenti alla previsione della notifica degli atti impositivi al solo coniuge dichiarante, sia quelli concernenti le conseguenze sostanziali e processuali proprie delle obbligazioni solidali (cfr, tra le altre, Cass. sent. nn. 2071/2017, 13733/2016, 1463/2016, 23553/2015, 17160/2014, 20857/2010, 20709/2007 e 19896/2006).

Peraltro, il fatto che il richiamato articolo 17, in caso di dichiarazione congiunta dei redditi, esoneri l’ufficio dall’onere di notificare l’avviso di accertamento a uno dei coniugi e non preveda, in sede di notificazione alla moglie della cartella esattoriale, almeno l’obbligo di allegare all’atto ingiuntivo l’avviso di accertamento che sia stato precedentemente notificato solo al marito, non è stato ritenuto dalla Corte Costituzionale in contrasto con gli articoli 1, 6 e 7 della legge 212/2000, in relazione agli articoli 3, 23, 24, 53 e 97 della Costituzione (Cass., ordinanze 215 e 216 del 2004).

Sotto il profilo temporale, inoltre, nel caso di dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi, e per effetto della solidarietà voluta dal legislatore, “la tempestiva notifica al marito dell’avviso di accertamento, come della cartella di pagamento, impedisce qualsiasi decadenza dell’Amministrazione finanziaria anche nei confronti della moglie co-dichiarante. Allo stesso modo, la pendenza del processo tra l’Amministrazione finanziaria ed il marito determina la sospensione di qualsiasi termine di decadenza come di prescrizione riguardo alla stessa moglie co-dichiarante trattandosi di un debitore solidale rimasto estraneo al giudizio, sicché trovano applicazione gli ordinari principi codicistici in tema di obbligazione solidale di cui agli artt. 1310, comma 1, e 2945 c.c.” (cfr Cass. pronunce 1463/2016 e 27005/2007).

Peraltro si sottolinea che la Suprema Corte col presente giudizio ha esaminato anche la questione della tardiva produzione di documenti nel giudizio tributario di primo grado, in relazione alle conseguenze processuali della tardività sulle fasi successive della controversia, affermando che  i motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in Cassazione questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito e non rilevabili d’ufficio (v. sent. n. 7803/20). Pertanto, risulterebbe cosa ovvia che anche per i vizi più gravi, quantunque contenenti nullità radicali della cartella, la parte contribuente sia onerata dell’impugnazione della stessa, in assenza della quale la stessa diviene definitiva, precludendo al contribuente l’impugnazione anche degli atti consequenziali e successivi, se non per vizi propri degli stessi.

Tanto premesso e tornando al caso in dibattimento, una contribuente ha impugnato un preavviso di iscrizione ipotecaria e un successivo atto di iscrizione ipotecaria relativo ai periodi successivi, nonché un avviso di intimazione di pagamento relativo ai medesimi periodi di imposta, quali atti successivi alla cartella di pagamento precedentemente notificata, non oggetto di impugnazione, con la quale era stato intimato alla contribuente il pagamento quale coobbligata solidale del coniuge.

La cartella era stata emessa sul presupposto della definitività del rigetto del ricorso promosso a suo tempo. La contribuente ha dedotto la nullità della cartella e degli atti successivi, essendo la cartella fondata sul giudicato formatosi in relazione a un giudizio al quale la stessa non aveva partecipato. La giustizia tributaria intervenuta ha fornito diverse interpretazioni, favorendo in primo grado le osservazioni della parte pubblica e in sede regionale ribaltando il giudizio in favore della contribuente.

L’Avvocatura erariale propone ricorso per Cassazione affidando a quattro motivi la spiegazione, segnalando essenzialmente la violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 19 D.lgs. 546/1992, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’attività di riscossione sia stata promossa in assenza di un valido atto di accertamento della stessa. I Giudici della Suprema Corte, seguendo le linee giurisprudenziali, hanno condiviso la tesi dell’Agenzia ritenendo che: “… La sentenza impugnata ha accertato che la contribuente ha ricevuto una prima cartella, notificata nel 2002 quale coobbligata solidale del coniuge ex art. 17 l. n. 114/1977, avente come presupposto l’avvenuta notifica al coniuge degli originari avvisi di accertamento. Tale cartella è stata impugnata dalla contribuente, eccependosi l’omessa notificazione al coniuge degli atti impositivi dai quale la stessa cartella ha tratto origine. Il giudizio si è concluso con la citata sentenza di questa Corte (Cass. n. 20109/2012), all’esito del quale è passata in giudicato la sentenza di appello che ha ritenuto non provata la notificazione degli atti impositivi al coniuge. Alla ricorrente è stata, successivamente, notificata una seconda cartella in data 18 maggio 2011. Questa cartella è stata fondata sul passaggio in giudicato di una precedente sentenza di questa Corte (Cass. n. 17394/2010, cit.), che ha accertato che gli atti impositivi originari erano stati correttamente notificati all’obbligato principale (coniuge) «nel domicilio fiscale della persona cui era diretto» (Cass., ult. cit.). Questa seconda cartella non è stata impugnata dalla contribuente, mentre sono stati impugnati gli atti successivi, ma non per vizi propri degli stessi. Si osserva – come illustrato in memoria dall’Ufficio, ove si richiama a un precedente di questa Corte (Cass., Sez. V, 14 aprile 2020, n. 7803) – che «l’art. 17 I. 114/1977 (nella versione applicabile ratione temporis) – nel prevedere che i coniugi non separati hanno la facoltà di “presentare su unico modello la dichiarazione unica del redditi di 3 R.G. 27.531/08 ciascuno di essi” dispone: a) che le somme dovute vanno iscritte a ruolo a nome del marito e che la conseguente cartella va a questi notificata nonché che gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi con notifica eseguita nei confronti dei marito ed, altresì; b) che “i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell’imposta, soprattasse, pene pecuniarie ed interessi iscritti a ruolo a nome del marito”. Tale normativa è consolidatamente letta nel senso che, con la libera scelta di presentare la dichiarazione congiunta, i coniugi dichiaranti accettano anche i rischi inerenti alla disciplina propria dell’istituto e, specificamente, sia quelli inerenti alla previsione della notifica degli atti impositivi al solo marito sia quelli concernenti le conseguenze (sostanziali e processuali) proprie delle obbligazioni solidali; ciò, fatta, tuttavia, salva (cfr. C. cost., ord.215/04) la possibilità per la moglie di contestare, nel merito, l’obbligazione del marito, entro i termini decorrenti dalla notifica dell’atto con il quale venga per la prima volta a conoscenza della pretesa tributaria nei confronti del coniuge, cui non è attribuita la legittimazione ad agire anche per il coniuge (cfr., tra le altre Cass. ord., 17160/14, 20857/10, 20709/07, 19896/06). Da tale premessa conseguono due corollari […]. In primo luogo, il corollario secondo cui la responsabilità solidale dei coniugi, che abbiano presentato “dichiarazione congiunta”, opera anche nel caso in cui il coniuge co-dichiarante sia estraneo alla produzione dei redditi accertati nei confronti del dichiarante (cfr. Cass. 9209/11) e, addirittura, quando detti redditi siano provento di illecito penale da esso commesso (cfr. Cass. 19026/14)» (Cass. n. 7803/2020, cit.; conf. Cass. Sez. V, 27 gennaio 2016, n. 1463). . Ne consegue, da un lato, che l’accertamento dell’avvenuta notificazione dell’avviso di accertamento al coniuge (nella specie, conseguente al giudizio conclusosi con la citata sentenza di questa Corte n. 17394/2010), ove non impugnato, spiega i suoi effetti nei confronti della contribuente, posto che «la legittimazione della co-dichiarante all’autonoma impugnazione dell’avviso di accertamento notificato al marito persiste pur quando divenuto definitivo nei confronti di quest’ultimo» (Cass. Sez. V, 22 luglio 2021, n. 20996). Tale accertamento, come rileva il ricorrente, è fondato sull’accertamento giudiziale, passato in giudicato, dell’avvenuta notificazione degli atti impositivi al coniuge della contribuente. Dall’altro, non risulta oggetto di contestazione nel merito «l’obbligazione del marito, entro i termini decorrenti dalla notifica dell’atto con il quale venga per la prima volta a conoscenza della pretesa tributaria nei confronti del coniuge» (Cass. n. 7803/2020, cit.). La contestazione della contribuente è, difatti, incentrata sull’omessa notifica degli atti impositivi al coniuge. Sennonché, la cartella notificata il 18 maggio 2011, costituente oggetto del presente giudizio, è successiva alla sentenza di questa Corte n. 17394/2010, che ha definitivamente consolidato il credito erariale cristallizzando l’iscrizione a ruolo a carico del marito, estesa ex lege alla moglie, la quale, comunque, aveva l’onere d’impugnarla facendo valere, con apposita opposizione, ragioni a discarico e sul merito della coobbligazione fiscale e solidale. E’ pacifico che anche per i vizi più gravi, ancorché implicanti nullità radicali della cartella, la parte contribuente sia onerata dell’impugnazione della stessa, in assenza della quale la stessa diviene definitiva, precludendo al contribuente l’impugnazione anche degli atti consequenziali e successivi, se non per vizi propri degli stessi.  Non sussiste, come deduce parte controricorrente, violazione del ne bis in idem, posto che la cartella notificata il 18 maggio 2011 e non impugnata non è fondata sull’accertamento amministrativo della notificazione degli atti impositivi al coniuge, ma sull’accertamento giudiziale compiuto nel giudizio conclusosi nel 2010. Né può operare il giudicato formatosi nel diverso giudizio conclusosi nel 2012, perché circoscritto all’annullamento per vizio procedimentale della cartella del 2002, inerente a tardiva esibizione processuale di documentazione notificatoria («non potendosi tener conto della documentazione integrata dall’agenzia appellante su impulso del giudice, la commissione respinse l’appello principale “perché agli atti non è provata l’avvenuta corretta notificazione (..) degli avvisi di accertamento presupposti della cartella impugnata”»: Cass., n. 20109/2012, cit.) e non attinente all’inesistenza nel merito della pretesa tributaria a monte.  Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al terzo e al quarto motivo, cassandosi la sentenza, con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 5 gennaio 2022, n. 262

sul ricorso iscritto al n. 18450/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. 06363391001), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12 – ricorrente – contro D. F. G., rappresentata e difesa dall’Avv. FRANCESCO D’AYALA VALVA in virtù di procura speciale a margine del controricorso, elettivamente domiciliato in ROMA, Viale Parioli, 43

– controricorrente –

nei confronti di EQUITALIA SUD SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. GAETANO CODUTI, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avv. MAURIZIO DE TILLA in Roma, Via A. Gramsci, 36

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, n. 2749/48/15, depositata in data 23 marzo 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 novembre 2021 dal Consigliere Relatore F. D’Aquino.

RILEVATO CHE

1. Risulta dalla sentenza impugnata che la contribuente D. F. G. ha impugnato un preavviso di iscrizione ipotecaria relativo al periodo di imposta 1995, un successivo atto di iscrizione ipotecaria relativo ai periodi di imposta 1995 e 1996, nonché un avviso di intimazione di pagamento relativo ai medesimi periodi di imposta, quali atti successivi alla cartella di pagamento, precedentemente notificata in data 18 maggio 2011, non oggetto di impugnazione, con la quale era stato intimato alla contribuente, quale coobbligata solidale del coniuge D. M. A., il pagamento dell’importo di € 627.827,16.

La cartella era stata emessa sul presupposto della definitività del rigetto del ricorso promosso a suo tempo dal coniuge, conseguente alla pronuncia di questa Corte (Cass. Sez. V, 23 luglio 2010, n. 17394), giudizio nel quale era stata definitivamente accertata la notificazione degli atti impositivi al coniuge.

La contribuente ha dedotto – per quanto qui rileva – la nullità della cartella e degli atti successivi, essendo la cartella fondata sul giudicato formatosi in relazione a un giudizio al quale la stessa non aveva partecipato.

 La contribuente ha, poi, eccepito il giudicato esterno formatosi a seguito di altra sentenza di questa Corte (Cass. Sez. V, 16 novembre 2012, n. 20109), nel cui giudizio la contribuente aveva impugnato una precedente cartella, notificata nel 2002 e in cui era stata accertata l’omessa notificazione degli atti impositivi al coniuge.

2. La CTP di Benevento ha dichiarato inammissibile il ricorso.

3. La CTR della Campania, con sentenza in data 23 marzo 2015, ha accolto l’appello della contribuente.

Il giudice di appello ha ritenuto, in primo luogo, priva di effetti nei confronti della contribuente la cartella notificata alla contribuente in data 18 maggio 2011, in quanto meramente riproduttiva della prima cartella, nonché emessa a seguito di un giudizio nel quale la contribuente era rimasta estranea nonché, infine, in quanto la contribuente, essendo coobbligata solidale, non potrebbe ritenersi pregiudicata da effetti ad essa sfavorevoli da un giudizio al quale la stessa è rimasta estranea. In secondo luogo, il giudice di appello ha ritenuto estensibile al giudizio in oggetto il giudicato esterno formatosi all’esito del giudizio conclusosi con la sentenza Cass. n. 20109/2012, cit., nel giudizio avente ad oggetto l’annullamento della precedente cartella notificata alla contribuente nel 2002 e all’esito del cui giudizio era passato in giudicato l’accertamento, in favore della contribuente, della mancata prova della notifica al coniuge contribuente degli atti impositivi. 4. Propone ricorso per Cassazione l’Ufficio affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrato da memoria; resistono con controricorso la contribuente e il concessionario per la riscossione, il quale ha depositato anch’egli memoria.

CONSIDERATO CHE

1.1. Con il primo motivo del ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nella parte in cui il giudice di appello non si sarebbe pronunciato sull’eccezione di inammissibilità dell’appello della contribuente per non avere la stessa impugnato la cartella di pagamento notificata in data 18 maggio 2011, nonché per non avere la contribuente impugnato l’intimazione di pagamento per vizi propri.

1.2. Con il secondo motivo del ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nella parte in cui la CTR ha ritenuto che la cartella notificata in data 18 maggio 2011 fosse meramente riproduttiva della cartella di pagamento notificata nel 2002, laddove l’Ufficio avrebbe rappresentato che la cartella di pagamento in oggetto avrebbe tratto fondamento dal giudizio conclusosi con sentenza della Cass. n. 17394/2010, cit., in esito al quale era stata accertata la legittimità della pretesa tributaria.

1.3. Con il terzo motivo del ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 17, comma 5, l. 13 aprile 1977, n. 114, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’impugnazione della seconda cartella, notificata nel 2011, in quanto meramente riproduttiva di quella notificata nel 2002, non sortirebbe efficacia alcuna nei confronti della contribuente, con conseguente illegittimità dell’intimazione di pagamento impugnata. Osserva il patrono erariale che il titolo della cartella non è costituito dalla definitività per mancata opposizione degli originari avvisi di accertamento, come invece era avvenuto per la precedente cartella notificata nel 2002, ma dall’accertamento giudiziale della corretta notifica degli avvisi di accertamento nei confronti dell’obbligato principale, con conseguente legittimità della pretesa tributaria nei confronti della contribuente, quale coobbligata ex art. 17, quinto comma, l. n. 114/ 1977.

1.4. Con il quarto motivo del ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 19 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’attività di riscossione sia stata promossa in assenza di un valido atto di accertamento della stessa.

Osserva il ricorrente che la cartella, in quanto fondata su un accertamento giurisdizionale – quello consolidato con la citata sentenza di questa Corte n. 17394/2010, cit., secondo cui gli atti impositivi sarebbero stati correttamente notificati al coniuge, obbligato principale – costituisce valido atto posto a fondamento dell’attività di riscossione che, in quanto non impugnato e non più impugnabile, comporta il consolidamento della pretesa dell’Ufficio, stante anche l’assenza di rilievi nei confronti degli atti a valle per vizi propri degli stessi.

2. Il primo motivo è infondato, non sussistendo la denunciata omessa pronuncia, avendo il giudice di appello rigettato nel merito la suddetta censura (“l’estensione degli effetti del giudicato derivante dalla decisione della Suprema Corte favorevole alla D. F. non incontra affatto il limite della preclusione derivante dalla mancata impugnazione della seconda cartella”) e, quindi, avendo implicitamente rigettato la questione preliminare dell’inammissibilità dell’appello.

3. Il secondo motivo è infondato.

Il ricorrente deduce, anche sotto tale profilo, una omessa pronuncia del giudice di appello che, tuttavia, anche in questo caso, non sussiste essendosi la CTR espressamente pronunciatasi sulla questione rigettandola («non è affatto legittimo porre a fondamento della cartella esattoriale il giudicato favorevole all’Erario e sfavorevole al De Maria sia perché è in aperta violazione dei limiti soggettivi del giudicato (si ricordi che a quel giudizio non ha partecipato la De F.) che costituiscono un’espressione del diritto di difesa sia perché è in contrasto insanabile con i principi generali in materia di obbligazioni solidali secondo i quali solo gli eventi favorevoli si comunicano ai debitori in solido ma non certo quello sfavorevoli»).

 4. Il terzo e il quarto motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.

La sentenza impugnata ha accertato che la contribuente ha ricevuto una prima cartella, notificata nel 2002 quale coobbligata solidale del coniuge ex art. 17 l. n. 114/1977, avente come presupposto l’avvenuta notifica al coniuge degli originari avvisi di accertamento.

Tale cartella è stata impugnata dalla contribuente, eccependosi l’omessa notificazione al coniuge degli atti impositivi dai quale la stessa cartella ha tratto origine.

Il giudizio si è concluso con la citata sentenza di questa Corte (Cass. n. 20109/2012), all’esito del quale è passata in giudicato la sentenza di appello che ha ritenuto non provata la notificazione degli atti impositivi al coniuge.

Alla ricorrente è stata, successivamente, notificata una seconda cartella in data 18 maggio 2011.

Questa cartella è stata fondata sul passaggio in giudicato di una precedente sentenza di questa Corte (Cass. n. 17394/2010, cit.), che ha accertato che gli atti impositivi originari erano stati correttamente notificati all’obbligato principale (coniuge) «nel domicilio fiscale della persona cui era diretto» (Cass. ult. cit.). Questa seconda cartella non è stata impugnata dalla contribuente, mentre sono stati impugnati gli atti successivi, ma non per vizi propri degli stessi.

5. Si osserva – come illustrato in memoria dall’Ufficio, ove si richiama a un precedente di questa Corte (Cass. Sez. V, 14 aprile 2020, n. 7803) – che «l’art. 17 I. 114/1977 (nella versione applicabile ratione temporis) – nel prevedere che i coniugi non separati hanno la facoltà di “presentare su unico modello la dichiarazione unica del redditi di 3 R.G. 27.531/08 ciascuno di essi” dispone:

a) che le somme dovute vanno iscritte a ruolo a nome del marito e che la conseguente cartella va a questi notificata nonché che gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi con notifica eseguita nei confronti dei marito ed, altresì;

b) che “i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell’imposta, soprattasse, pene pecuniarie ed interessi iscritti a ruolo a nome del marito”.

Tale normativa è consolidatamente letta nel senso che, con la libera scelta di presentare la dichiarazione congiunta, i coniugi dichiaranti accettano anche i rischi inerenti alla disciplina propria dell’istituto e, specificamente, sia quelli inerenti alla previsione della notifica degli atti impositivi al solo marito sia quelli concernenti le conseguenze (sostanziali e processuali) proprie delle obbligazioni solidali; ciò, fatta, tuttavia, salva (cfr. C. cost., ord.215/04) la possibilità per la moglie di contestare, nel merito, l’obbligazione del marito, entro i termini decorrenti dalla notifica dell’atto con il quale venga per la prima volta a conoscenza della pretesa tributaria nei confronti del coniuge, cui non è attribuita la legittimazione ad agire anche per il coniuge (cfr., tra le altre Cass. ord. 17160/14, 20857/10, 20709/07, 19896/06).

Da tale premessa conseguono due corollari […]. In primo luogo, il corollario secondo cui la responsabilità solidale dei coniugi, che abbiano presentato “dichiarazione congiunta”, opera anche nel caso in cui il coniuge co-dichiarante sia estraneo alla produzione dei redditi accertati nei confronti del dichiarante (cfr. Cass. 9209/11) e, addirittura, quando detti redditi siano provento di illecito penale da esso commesso (cfr. Cass. 19026/14)» (Cass. n. 7803/2020, cit.; conf. Cass. Sez. V, 27 gennaio 2016, n. 1463).

6. Ne consegue, da un lato, che l’accertamento dell’avvenuta notificazione dell’avviso di accertamento al coniuge (nella specie, conseguente al giudizio conclusosi con la citata sentenza di questa Corte n. 17394/2010), ove non impugnato, spiega i suoi effetti nei confronti della contribuente, posto che «la legittimazione della co-dichiarante all’autonoma impugnazione dell’avviso di accertamento notificato al marito persiste pur quando divenuto definitivo nei confronti di quest’ultimo» (Cass., Sez. V, 22 luglio 2021, n. 20996).

Tale accertamento, come rileva il ricorrente, è fondato sull’accertamento giudiziale, passato in giudicato, dell’avvenuta notificazione degli atti impositivi al coniuge della contribuente.

Dall’altro, non risulta oggetto di contestazione nel merito «l’obbligazione del marito, entro i termini decorrenti dalla notifica dell’atto con il quale venga per la prima volta a conoscenza della pretesa tributaria nei confronti del coniuge» (Cass. n. 7803/2020, cit.). La contestazione della contribuente è, difatti, incentrata sull’omessa notifica degli atti impositivi al coniuge.

7. Sennonché, la cartella notificata il 18 maggio 2011, costituente oggetto del presente giudizio, è successiva alla sentenza di questa Corte n. 17394/2010, che ha definitivamente consolidato il credito erariale cristallizzando l’iscrizione a ruolo a carico del marito, estesa ex lege alla moglie, la quale, comunque, aveva l’onere d’impugnarla facendo valere, con apposita opposizione, ragioni a discarico e sul merito della coobbligazione fiscale e solidale.

E’ pacifico che anche per i vizi più gravi, ancorché implicanti nullità radicali della cartella, la parte contribuente sia onerata dell’impugnazione della stessa, in assenza della quale la stessa diviene definitiva, precludendo al contribuente l’impugnazione anche degli atti consequenziali e successivi, se non per vizi propri degli stessi.

8. Non sussiste, come deduce parte controricorrente, violazione del ne bis in idem, posto che la cartella notificata il 18 maggio 2011 e non impugnata non è fondata sull’accertamento amministrativo della notificazione degli atti impositivi al coniuge, ma sull’accertamento giudiziale compiuto nel giudizio conclusosi nel 2010.

9. Né può operare il giudicato formatosi nel diverso giudizio conclusosi nel 2012, perché circoscritto all’annullamento per vizio procedimentale della cartella del 2002, inerente a tardiva esibizione processuale di documentazione notificatoria (“non potendosi tener conto della documentazione integrata dall’agenzia appellante su impulso del giudice, la commissione respinse l’appello principale “perché agli atti non è provata l’avvenuta corretta notificazione (..) degli avvisi di accertamento presupposti della cartella impugnata”: Cass., n. 20109/2012, cit.) e non attinente all’inesistenza nel merito della pretesa tributaria a monte.

10. Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al terzo e al quarto motivo, cassandosi la sentenza, con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P. Q. M.

La Corte rigetta il primo e il secondo motivo, accoglie il terzo e il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, in data 12 novembre 2021

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