CASSAZIONE

Compensi troppo generosi ai collaboratori esterni fanno scattare l’IRAP

Tributi – IRAP – Professionisti – Accertamento – Presupposto impositivo – Verifica – Prestazione di terzi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza dell’8 gennaio 2019, n. 223, è tornata a occuparsi dell’IRAP affermando che l’imposizione è da ritenersi legittima quando un contribuente professionista eroghi ai collaboratori esterni compensi particolarmente consistenti.

Sono proprio le somme complessive dei compensi a far ritenere che il professionista si avvalga dell’aiuto di colleghi.

Al riguardo, infatti, la Suprema Corte aveva recentemente sentenziato che la presenza di compensi corrisposti a fronte di prestazioni di consulenza di terze figure professionali non implicano, automaticamente, il requisito dell’autonoma organizzazione da parte del professionista e il conseguente assoggettamento a IRAP. A tal fine è sempre necessario valutare l’effettiva natura e l’ammontare dei compensi pagati, in quanto è assoggettabile all’imposta soltanto chi si avvale di terzi in forma non occasionale e per prestazioni afferenti l’esercizio della propria professionalità.

Questo l’importante principio contenuto nell’ordinanza n. 27423 del 29 ottobre 2018.

Ricordiamo che per quanto riguarda la determinazione dei redditi di lavoro autonomo, l’art. 54 del TUIR stabilisce che esso “è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione, salvo quanto stabilito nei successivi commi. I compensi sono computati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde”.

La principale componente positiva della base imponibile dei redditi di lavoro autonomo è rappresentata dai compensi, che sono i corrispettivi ricevuti a titolo di remunerazione dell’attività prestata, nei quali sono comprese anche le somme ricevute a titolo di rimborso spese e gli interessi moratori o per dilazione di pagamento; non vi rientrano, invece, i rimborsi delle spese sostenute in nome e per conto del cliente.

Tornando al caso in esame, per la Suprema Corte la censura è fondata.

In riferimento al parametro dell’erogazione di compensi a terzi, la giurisprudenza della Corte milita nel senso che occorra valutarne l’effettiva natura in quanto è assoggettabile a IRAP chi si avvale di terzi in forma non occasionale e per prestazioni afferenti l’esercizio della propria professionalità.

L’attenzione, dunque, è mirata sul quanto erogato, che potrebbe rivelare l’assoggettamento all’imposta, visto che il professionista in questione aveva versato ai collaboratori esterni circa 50.000 euro nel solo anno 2007.

Una cifra ritenuta eccessiva dai funzionari del Fisco e anche dagli Ermellini, che hanno così sentenziato: “ … Si osserva a tale proposito che è ben vero, secondo l’orientamento espresso da questa Corte, che ,in tema di IRAP, l’elevato ammontare dei ricavi, dei compensi e delle spese, anche per beni strumentali, non integra di per sé il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione.(Cass 8728/18), tuttavia nel caso di specie, l’elevato importo e la circostanza che la somma in questione sia stata corrisposta a collaboratori esterni avrebbe necessariamente reso necessario che la sentenza impugnata si desse carico di una più adeguata analisi del tipo di rapporto che legava il contribuente ai predetti collaboratori .

Occorre infatti tenere presente che questa Corte ha già avuto occasione di precisare che il presupposto dell’ “autonoma organizzazione”, richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, ricorre quando il professionista responsabile dell’organizzazione si avvalga, pur senza un formale rapporto di associazione, della collaborazione di un altro professionista , stante il presumibile intento di giovarsi delle reciproche competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente .(Cass 1136/17). Sul punto non si rileva nella sentenza impugnata argomento alcuno il che rende la pronuncia non conforme al dettato normativo di cui all’art 2 d.lgs 446/97”.

 

Corte di Cassazione Ordinanza 8 gennaio 2019, n. 223

 

Sul ricorso 5555-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28/S, presso lo studio dell’avvocato GAETANO ALESSI, rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO RABIOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2514/7/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di CALTANISSETTA, depositata il 03/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/12/2018 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI.

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta , con sentenza n.588/13, sez. 3, accoglieva il ricorso proposto da V. G. avverso la cartella esattoriale per il pagamento di Irpef, Iva e Irap per l’anno 2007 per complessivi euro 35.329,99 Avverso detta decisione l’Agenzia delle entrate proponeva appello , limitatamente ai tributi IVA ed IRAP, innanzi alla CTR della Sicilia che, con sentenza 2514/7/2017, rigettava l’impugnazione confermando l’orientamento espresso dal giudice di primo grado. Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso il V..

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione deduce la violazione dell’art 112 cpc e dell’art 3 bis del d.lgs 462/97 perché il contribuente non avrebbe fatto valere nel giudizio di merito l’applicazione del predetto art 3 bis d.lgs 462/97 per cui la sentenza sarebbe affetta da ultra petizione oltre che da errata applicazione , ratione temporis del citato articolo.

Il motivo è manifestamente infondato.

Risulta dalla sentenza impugnata che il contribuente aveva richiesto, riguardo all’Iva , l’applicazione dell’art 3 bis del d.lgs 462/97 e, comunque, lo stesso aveva dedotto che il pagamento della prima rata era stato effettuato nei termini e che le altre erano state anch’esse pagate.

Dunque nessun vizio di ultra petizione, posto che ,comunque ,la domanda era stata posta anche in modo generico onde la stessa includeva comunque un riferimento anche alla normativa citata. L’applicazione dell’articolo in questione è, in ogni caso, corretta ratione temporis poiché l’articolo 10 comma 13 undecies del d.1 201/2011, che ha modificato l’articolo 3 bis del d.lgs 462/97 , espressamente prevede l’applicabilità della nuova norma alle rateizzazioni in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto legge avvenuta con legge . 22 dicembre 2011, n. 214 (pubblicato nella G.U. 27/12/2011, n. 300). .Nel caso di specie la rateizzazione era iniziata nel 2010 e sarebbe terminata nel 2013.

Ne consegue, quindi ,che correttamente la Commissione tributaria regionale ha applicato la norma oggetto di contestazione Con il secondo motivo si fa valere l’esistenza di una autonoma organizzazione professionale che avrebbe comportato l’applicazione dell’IRAP al contribuente.

La sentenza impugnata ha rilevato che non erano indici di autonoma organizzazione il fatto che nel 2007 fossero stati corrisposti a terzi compensi per 47 mila euro. Si osserva a tale proposito che è ben vero, secondo l’orientamento espresso da questa Corte, che ,in tema di IRAP, l’elevato ammontare dei ricavi, dei compensi e delle spese, anche per beni strumentali, non integra di per sé il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione.(Cass 8728/18), tuttavia nel caso di specie, l’elevato importo e la circostanza che la somma in questione sia stata corrisposta a collaboratori esterni avrebbe necessariamente reso necessario che la sentenza impugnata si desse carico di una più adeguata analisi del tipo di rapporto che legava il contribuente ai predetti collaboratori .

Occorre infatti tenere presente che questa Corte ha già avuto occasione di precisare che il presupposto dell’ “autonoma organizzazione”, richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, ricorre quando il professionista responsabile dell’organizzazione si avvalga, pur senza un formale rapporto di associazione, della collaborazione di un altro professionista , stante il presumibile intento di giovarsi delle reciproche competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente .(Cass 1136/17). Sul punto non si rileva nella sentenza impugnata argomento alcuno il che rende la pronuncia non conforme al dettato normativo di cui all’art 2 d.lgs 446/97.

In conclusione dunque, la sentenza impugnata va cassata in relazione al secondo motivo con rinvio per nuovo giudizio in relazione al motivo accolto alla CTR Sicilia che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

Rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo , cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, alla CTR Sicilia in diversa composizione.

 

 

 

 

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