CASSAZIONE

Compensazione di crediti e debiti tributari locali: la competenza è nel regolamento comunale

Tributi locali – ICI – Notificazione degli atti – Imposte e tasse in genere  – Modifica della rendita catastale – Estinzione dell’obbligazione tributaria –  Compensazione – Regolamenti attuativi – Modalità – Rimborso del credito – Art. 1, c. 167, L. 296/2006 –  Regolamento comunale – Competenza – Richiesta di rimborso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30433 del 26 novembre 2024, interessandosi alle procedure per la compensazione dei crediti e debiti relativi ai tributi locali, ha ricordato che la compensazione tra un credito ICI e un debito IMU di annualità differenti non può essere effettuata in assenza di uno specifico regolamento comunale che disciplini tale possibilità. In assenza di tale regolamento la compensazione non è ammessa, né per imposte della stessa natura (compensazione verticale), né per imposte diverse (compensazione orizzontale): ciascun ente impositore (inclusi i Comuni) può stabilire regole specifiche per la compensazione tramite regolamenti, purché conformi alla normativa nazionale.

Inoltre i giudici di legittimità, nel respingere l’attuale ricorso, hanno anche  conseguentemente precisato che, sempre in riferimento ai tributi locali, non esiste l’operatività incondizionata dell’istituto della compensazione, avendo l’articolo 1, comma 167, della legge 296/2006 (Finanziaria per il 2007) statuito che “… gli enti locali disciplinano le modalità con le quali i contribuenti possono compensare le somme a credito con quelle dovute al Comune a titolo di tributi locali”.

Tale interpretazione è stata successivamente confermata dalla stessa Corte con la sentenza n. 15708/2007, nella quale ha affermato che “ … La compensazione tributaria è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti. Non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, riscossione e rimborso è regolata da specifiche norme di legge”.

Resta tuttavia l’alternativa, per questi casi, di presentare una richiesta di rimborso del credito vantato nei confronti dell’ente locale, come peraltro statuito dall’art. 1, comma 164, della legge finanziaria per il 2007, che fissò in cinque anni, indipendentemente dal tipo di tributo, il termine entro il quale il contribuente ha facoltà di richiedere il rimborso delle somme indebitamente versate all’ente locale. Il tema della compensazione dei crediti e debiti tributari locali è difatti regolato in gran parte dall’autonomia normativa attribuita ai Comuni e, solo in mancanza di tale regolamento, la compensazione non è ammessa né per imposte della stessa natura né per imposte diverse.

La competenza a disciplinare le modalità e i criteri di attuazione della compensazione risiede nel regolamento comunale, come previsto dalle norme che garantiscono autonomia agli enti locali (art. 52, D.lgs. 446/1997), in base al quale ogni Comune può stabilire i tributi soggetti a compensazione, le procedure operative e le eventuali limitazioni o condizioni, ad esempio su importi minimi o massimi. Sebbene il regolamento comunale abbia ampia discrezionalità, deve comunque rispettare i principi generali dettati dalla normativa statale in materia tributaria e contabile, come il D.lgs. 267/2000 (TUEL), che definisce le regole di gestione contabile per gli enti locali.

La compensazione tributaria è quindi da reputare come un’eccezione rispetto alla disciplina civilistica (artt. 1241-1252 c.c.) e non può essere applicata automaticamente senza una esplicita base normativa. Gli Ermellini, nel merito, hanno oggi anche ricordato che resta comunque valido il diritto al rimborso del credito non utilizzato, previsto dall’articolo 8 dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212/2000), che può applicarsi sia con riferimento a crediti e debiti relativi alla stessa imposta (compensazione verticale), sia con riferimento a crediti e debiti relativi a imposte diverse (compensazione orizzontale), affermando che: “… Come più volte affermato da questa Corte, la compensazione, in materia tributaria, è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, riscossione e rimborso ed ogni deduzione sono regolate da specifiche e inderogabili norme di legge, e tale principio non può considerarsi superato per effetto dell’art. 8, comma primo, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto dei diritti del contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato, a decorrere dall’anno di imposta 2002. Ne è dato dunque concludere che non è ammessa la compensazione in materia tributaria per qualsiasi tipologia di imposta e senza alcun limite, e con particolare riguardo alla disciplina base dei tributi locali, non essendo contemplata alcuna facoltà di compensazione, né orizzontale né verticale, in linea di principio non è prevista dunque la possibilità, ad esempio, di estinguere debiti ICI con crediti ri,feriti alla stessa imposta ma a un’altra annualità, o a diversa imposta.  I Comuni hanno tuttavia, ex art. 1 co.167 L. 296/06, il potere di disciplinare in regolamento la compensazione, sia orizzontale sia verticale, ed in tal caso, il contribuente dovrà attenersi alle prescrizioni regolamentari, mentre se non sono state adottate delibere sulle compensazioni, resta salvo unicamente il diritto al rimborso del credito vantato nei confronti dell’Amministrazione locale”.

In conclusione, è possibile affermare che per compensazione dei crediti e debiti tributari si intende la possibilità di utilizzare un credito verso l’ente locale per estinguere un debito tributario, però la possibilità di applicare questa compensazione è regolata a livello comunale, ma la normativa di riferimento deve essere interpretata in relazione alla legislazione nazionale e alle disposizioni specifiche di ciascun Comune. In generale, la possibilità di compensazione tra crediti e debiti tributari locali può essere disciplinata dal regolamento comunale in base alle esigenze e alle modalità dallo stesso previste.

Secondo l’attuale ordinamento la legge Finanziaria 2007 (n. 296/2006) ha introdotto diverse disposizioni in materia di tributi locali e ha previsto che gli enti locali potessero emanare regolamenti attuativi per disciplinare la compensazione dei tributi. Le ragioni di questa scelta hanno tenuto conto, in massima parte, del processo di decentralizzazione amministrativa, che si è voluto promuovere con questa norma, per consentire agli enti locali di avere maggiore autonomia nella gestione delle proprie entrate, il che permette loro di adattare le norme tributarie alle specifiche esigenze del territorio e della comunità locale.

Tanto premesso e tornando alla vicenda esaminata, essa ha inizio quando la contribuente riceve un avviso di rettifica ICI in aumento da parte del preposto ufficio comunale e, ritenendolo illegittimo, si rivolge alla giustizia tributaria, che però in entrambi i gradi nega le ragioni addotte e respinge l’opposizione. La contribuente presenta ricorre in Cassazione presentando tre motivi, con i quali essenzialmente lamenta della violazione degli artt. 3, RD 262/1942, 1241 e 1243 cod. civ. per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente respinto la richiesta di compensazione del debito tributario in oggetto con il credito vantato nei confronti del Comune a titolo di IMU.

I Supremi giudici di legittimità, nel ritenere che le doglianze della ricorrente fossero prive di fondamento, hanno affermato che: “… La Commissione tributaria regionale ha respinto le richieste della contribuente di compensazione del debito ICI in oggetto con il credito IMU 2012 nei confronti del medesimo Comune “non risultando in alcun modo l’ammontare del diverso credito che si assume(va)… incontroverso”, concludendo quindi che “ in mancanza della determinazione del credito opposto in compensazione l’eccezione non poteva essere accolta”. 2.3. La censura in esame è infondata, ancorché per ragioni diverse da quella indicata dalla Commissione tributaria regionale, la cui motivazione sul punto va corretta ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ. 2.4. In punto di diritto occorre, invero, evidenziare che con riferimento ai tributi locali non sussiste l’operatività incondizionata dell’istituto della compensazione, avendo la legge 27 dicembre 2006, n. 296 disposto, all’art. 1, comma 167, che “gli Enti locali disciplinano le modalità con le quali i contribuenti possono compensare le somme a credito con quelle dovute al comune a titolo di tributi locali”. 2.5. La disposizione trova il suo fondamento nel principio generale di cui all’art. 8 dello statuto del contribuente ) e può applicarsi, sia con riferimento a crediti e debiti relativi alla stessa imposta (compensazione verticale), sia con riferimento a crediti e debiti relativi ad imposte diverse (compensazione orizzontale).  La legge n. 296/2006 ha tuttavia demandato agli Enti locali il compito di emanare dei regolamenti attuativi al fine di stabilire le modalità della compensazione. 2.6. Come più volte affermato da questa Corte, la compensazione, in materia tributaria, è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, riscossione e rimborso ed ogni deduzione sono regolate da specifiche e inderogabili norme di legge, e tale principio non può considerarsi superato per effetto dell’art. 8, comma primo, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto dei diritti del contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato, a decorrere dall’anno di imposta 2002 (cfr. Cass. n. 4246 del 2007 e successive conformi Cass. nn. 16463 del 2020, 10207 del 2016, 5131 del 2017, 17001 del 2013). 2.7. Ne è dato dunque concludere che non è ammessa la compensazione in materia tributaria per qualsiasi tipologia di imposta e senza alcun limite, e con particolare riguardo alla disciplina base dei tributi locali, non essendo contemplata alcuna facoltà di compensazione, né orizzontale né verticale, in linea di principio non è prevista dunque la possibilità, ad esempio, di estinguere debiti ICI con crediti riferiti alla stessa imposta ma a un’altra annualità, o a diversa imposta. 2.8. I Comuni hanno tuttavia, ex art. 1, co. 167, L. 296/06 , il potere di disciplinare in regolamento la compensazione, sia orizzontale sia verticale, ed in tal caso, il contribuente dovrà attenersi alle prescrizioni regolamentari, mentre se non sono state adottate delibere sulle compensazioni, resta salvo unicamente il diritto al rimborso del credito vantato nei confronti dell’Amministrazione locale. 2.9. Il Comune nelle proprie difese nel merito, riportate anche dalla stessa ricorrente, ha dunque evidenziato che “la compensazione… (era)… vietata dal proprio Regolamento Comunale, che la consentiva solo per più annualità del medesimo tributo e non per tributi diversi quali l’ICI e l’IMU”. 2.10. Nel caso in esame, va pertanto escluso che la contribuente avesse la facoltà di compensare il proprio debito ICI per l’annualità 2011 con il credito IMU per l’annualità 2012, a prescindere dalla mancata specifica indicazione nel ricorso introduttivo dell’ammontare del credito vantato nei confronti dell’Ente locale, come invece affermato dalla Commissione tributaria regionale. 3. Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 26 novembre 2024, n. 30433

ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso n. 29010-2017 R.G. proposto da:

A.A., rappresentata e difesa dall’Avvocato GIANCARLO CONTENTO giusta procura speciale a margine del ricorso

– ricorrente –

contro COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati FABIO MARIA FERRARI e MARIA ANNA AMORETTI giusta procura speciale in calce al controricorso

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4012/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 5.5.2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/10/2024 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO

Svolgimento del processo

A.A. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 23533/2015, emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di rettifica ICI annualità 2011, emesso dal Comune di Napoli.

Il Comune resiste con controricorso.

Il contribuente ha da ultimo depositato memoria difensiva.

Motivi della decisione

1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2697 cod. civ. per avere la Commissione tributaria regionale ritenuto legittimo l’atto impositivo impugnato, con rettifica in aumento per l’ICI 2013, sebbene mancasse prova della notifica della preventiva rettifica della rendita catastale relativa agli immobili tassati.

1.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 5, D.Lgs. n. 546/1992, dell’art. 1, commi 161 e 162, Legge n. 286/2006, dell’art. 74, Legge n. 342/2000 per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente omesso di annullare l’atto impositivo per mancata notifica delle rendite catastali in aumento a seguito della procedura DOCFA presentata in precedenza.

1.3. Le doglianze, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, vanno disattese.

1.4. Al riguardo la Commissione tributaria regionale ha evidenziato quanto segue: “… la notifica della rendita catastale era ritualmente effettuata al defunto… padre dell’odierna appellante e quest’ultima, unitamente alla madre…, non poteva non esserne a conoscenza avendo, nella denuncia di successione, riportato i dati (anche relativi al classamento ed alla rendita) degli immobili in questione. Tale circostanza indicativa della piena conoscenza dei dati e dei fatti citati nella denuncia, è assorbente rispetto ad ogni altra questione concernente la notifica dell’atto di rettifica”.

1.5. Le doglianze della ricorrente sono dunque prive di fondamento avendo la Commissione tributaria regionale – indipendentemente dalla questione circa l’indicazione nella denuncia di successione dei dati relativi al classamento dell’immobile – accertato la preventiva notifica dell’atto di modifica della rendita catastale al de cuius della contribuente, in base ad una valutazione di fatto, insindacabile nella presente sede, se non nei limiti del vizio motivazionale (peraltro inammissibile nella presente sede, poiché si verte in ipotesi di doppia conforme ex art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ., non sussistendo profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle a base del rigetto dell’appello relativamente alla preventiva notifica della rendita catastale al de cuius della contribuente, com’era invece necessario per dar ingresso alla censura ex art. 360, co. 1, n. 5, cod. proc. civ., entrambe basate sulla preventiva notifica della rendita catastale al padre dell’odierna ricorrente e sull’insussistenza dei presupposti per accogliere la richiesta di “compensazione dell’ICI anno 2011 con l’IMU anno 2012”, come riportato nella sentenza impugnata).

2.1. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione degli artt. 3 R.D. n. 262/1942, 1241 e 1243 cod. civ. per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente respinto la richiesta di compensazione del debito tributario in oggetto con quello maturato nei confronti del Comune a titolo di IMU 2012.

2.2. La Commissione tributaria regionale ha respinto le richieste della contribuente di compensazione del debito ICI in oggetto con il credito IMU 2012 nei confronti del medesimo Comune “non risultando in alcun modo l’ammontare del diverso credito che si assume(va)… incontroverso”, concludendo quindi che “ in mancanza della determinazione del credito opposto in compensazione l’eccezione non poteva essere accolta”.

2.3. La censura in esame è infondata, ancorché per ragioni diverse da quella indicata dalla Commissione tributaria regionale, la cui motivazione sul punto va corretta ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ.

2.4. In punto di diritto occorre, invero, evidenziare che con riferimento ai tributi locali non sussiste l’operatività incondizionata dell’istituto della compensazione, avendo la legge 27 dicembre 2006, n. 296 disposto, all’art. 1, comma 167, che “gli Enti locali disciplinano le modalità con le quali i contribuenti possono compensare le somme a credito con quelle dovute al comune a titolo di tributi locali”.

2.5. La disposizione trova il suo fondamento nel principio generale di cui all’art. 8 dello statuto del contribuente ) e può applicarsi, sia con riferimento a crediti e debiti relativi alla stessa imposta (compensazione verticale), sia con riferimento a crediti e debiti relativi ad imposte diverse (compensazione orizzontale). La legge n. 296/2006 ha tuttavia demandato agli Enti locali il compito di emanare dei regolamenti attuativi al fine di stabilire le modalità della compensazione.

2.6. Come più volte affermato da questa Corte, la compensazione, in materia tributaria, è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, riscossione e rimborso ed ogni deduzione sono regolate da specifiche e inderogabili norme di legge, e tale principio non può considerarsi superato per effetto dell’art. 8, comma primo, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto dei diritti del contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato, a decorrere dall’anno di imposta 2002 (cfr. Cass. n. 4246 del 2007 e successive conformi Cass. nn. 16463 del 2020, 10207 del 2016, 5131 del 2017, 17001 del 2013).

2.7. Ne è dato dunque concludere che non è ammessa la compensazione in materia tributaria per qualsiasi tipologia di imposta e senza alcun limite, e con particolare riguardo alla disciplina base dei tributi locali, non essendo contemplata alcuna facoltà di compensazione, né orizzontale né verticale, in linea di principio non è prevista dunque la possibilità, ad esempio, di estinguere debiti ICI con crediti riferiti alla stessa imposta ma a un’altra annualità, o a diversa imposta.

2.8. I Comuni hanno tuttavia, ex art. 1, co. 167, L. 296/06, il potere di disciplinare in regolamento la compensazione, sia orizzontale sia verticale, ed in tal caso, il contribuente dovrà attenersi alle prescrizioni regolamentari, mentre se non sono state adottate delibere sulle compensazioni, resta salvo unicamente il diritto al rimborso del credito vantato nei confronti dell’Amministrazione locale.

2.9. Il Comune nelle proprie difese nel merito, riportate anche dalla stessa ricorrente, ha dunque evidenziato che “la compensazione… (era)… vietata dal proprio Regolamento Comunale, che la consentiva solo per più annualità del medesimo tributo e non per tributi diversi quali l’ICI e l’IMU”.

2.10. Nel caso in esame, va pertanto escluso che la contribuente avesse la facoltà di compensare il proprio debito ICI per l’annualità 2011 con il credito IMU per l’annualità 2012, a prescindere dalla mancata specifica indicazione nel ricorso introduttivo dell’ammontare del credito vantato nei confronti dell’Ente locale, come invece affermato dalla Commissione tributaria regionale.

3. Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in misura pari ad Euro 530,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, in data 23 ottobre 2024

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