FISCALITA IVA

Come correggere l’errata indicazione della partita IVA in una fattura

L’art. 21, comma 2, lettera f), del DPR 633/1972 sancisce che la fattura deve contenere, tra le altre indicazioni, il numero di partita IVA del soggetto cessionario o committente oppure, se il soggetto passivo è stabilito in un

altro Stato membro dell’Unione europea, il numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro; nel caso in cui il cessionario o committente, residente o domiciliato in Italia, non è titolare di redditi d’impresa, arte o professione, il codice fiscale. Ne deriva che la corretta indicazione della partita IVA del committente è uno dei requisiti richiesti ai fini della regolarità della fattura.

L’art. 70-quinquies del decreto IVA prevede inoltre:

– al comma 3, che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di un soggetto partecipante a un gruppo IVA da un soggetto che non ne fa parte si considerano effettuate nei confronti del gruppo IVA;

– al comma 4, che gli obblighi e i diritti derivanti dall’applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto sono, rispettivamente, a carico e a favore del gruppo IVA.

Di conseguenza, l’art. 3, comma 2, del decreto del Ministro dell’Economia 6 aprile 2018, dispone che ai fini della fatturazione delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuati nei confronti del gruppo IVA, il rappresentante del gruppo o i partecipanti comunicano ai fornitori la partita IVA del gruppo e il codice fiscale del singolo acquirente; al momento della ricezione della fattura gli stessi soggetti verificano l’indicazione del codice fiscale e provvedono al suo inserimento ove mancante.

Dunque, quando un soggetto appartenente a un gruppo IVA riceve una fattura con l’errata indicazione della propria partita IVA al posto di quella del gruppo, ai fini della sua registrazione e dell’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA relativa, “deve necessariamente attivarsi per la sua regolarizzazione mediante la modalità indicata dall’articolo 6, comma 8, lettera b) del D.lgs. 471/1997” (risoluzione 72/E del 1° agosto 2019).

Il quesito

Il titolare di una impresa individuale fa presente di aver emesso, nel novembre 2019, una fattura nei confronti di un committente indicandone il numero di partita IVA. In seguito, il committente ha emesso un’autofattura a correzione della fattura ricevuta dall’istante, indicando la partita IVA del gruppo IVA al quale appartiene, senza tuttavia comunicarlo all’imprenditore, che solo a gennaio 2020 ne ha acquisito una copia accedendo al proprio cassetto fiscale delle fatture e dei corrispettivi.

Il committente ritiene di aver operato secondo le indicazioni contenute nella risoluzione delle Entrate 72/E del 1° agosto 2019, e che l’istante non deve annotare nei propri libri IVA la citata autofattura.

Perciò l’istante chiede di poter emettere una nota di variazione in diminuzione, ai sensi dell’art. 26 del decreto IVA, per poter recuperare in detrazione l’IVA originariamente addebitata in fattura, in pratica emettendo una nota di variazione datata 31dicembre 2019, al fine di esercitare la detrazione dell’imposta addebitata in fattura entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa al 2019, anno in cui si è verificato il presupposto per eseguire la variazione in diminuzione.

La regolarizzazione

Nella Risposta 133 del 18 maggio 2020, l’Agenzia delle entrate precisa che la regolarizzazione sopra descritta presuppone che il committente/cessionario abbia comunicato in anticipo, ove possibile, al prestatore/cedente l’errore commesso, dando modo a quest’ultimo di effettuare la sua correzione mediante l’emissione di una nota di variazione (art. 26, DPR 633) a storno della fattura errata e l’emissione di una nuova fattura corretta. Afferma, inoltre, che solo se il prestatore/cedente non opera in tal senso, il committente/cessionario – per non incorrere nelle sanzioni – deve procedere secondo le previsioni dell’art. 6, comma 8, D.lgs. 471/1997, in base al quale il cessionario o il committente che nell’esercizio di imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza l’emissione di una fattura nei termini previsti o con emissione di fattura irregolare da parte dell’altro contraente, è soggetto a una sanzione amministrativa pari al 10% dell’imposta, con un minimo di 250 euro, a meno che non regolarizzi l’operazione nei seguenti modi:

a) se non ha ricevuto la fattura, entro quattro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione presentando all’ufficio competente, dopo aver pagato l’imposta, entro il trentesimo giorno successivo, un documento in duplice copia dal quale risulti quanto prescritto dall’art. 21, DPR 6331972, riguardo alla fatturazione delle operazioni;

b) se ha ricevuto una fattura irregolare, presentando all’ufficio competente, entro il trentesimo giorno successivo a quello della sua registrazione, un documento integrativo in duplice esemplare con le stesse indicazioni, dopo aver versato la maggiore imposta eventualmente dovuta.

Se la fattura è elettronica

Per quanto riguarda, poi, la regolarizzazione delle fatture elettroniche ricevute tramite il Sistema di Interscambio (SdI), devono essere seguite le indicazioni fornite dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 30 aprile 2018, in base al quale per la regolarizzazione dell’operazione il cessionario/committente trasmette l’autofattura al SdI compilando, nel file fattura elettronica, il campo “Tipo Documento” con un codice convenzionale riportato nelle specifiche tecniche del Provvedimento e le sezioni anagrafiche del cedente/prestatore e del cessionario/committente, rispettivamente con i dati del fornitore e i propri.

La trasmissione dell’autofattura al SdI sostituisce l’obbligo di presentazione dell’autofattura in formato analogico all’ufficio delle Entrate competente per territorio.

Nel caso oggetto di interpello, dunque, poiché il committente ha già regolarizzato mediante autofattura l’errata indicazione della sua partita IVA in luogo di quella del gruppo IVA senza averne preventivamente informato l’imprenditore istante, quest’ultimo non dovrà più emettere una nota di variazione ex art. 26, DPR 633 per correggere, a sua volta, lo stesso errore. In questo caso, infatti, sarà sufficiente che annoti sul registro IVA vendite che la regolarizzazione della fattura in questione è avvenuta tramite emissione di autofattura da parte del committente, documento che dovrà essere conservato senza essere annotato nel registro IVA vendite.

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