Chiarimenti in materia di residenza fiscale
L’art. 3 del TUIR (DPR 917/1986) prevede che per le persone residenti in Italia l’imposta si applica sull’insieme dei redditi percepiti, indipendentemente da dove siano prodotti, mentre per i soggetti non residenti l’imposta si applica solo sui redditi prodotti nel nostro Paese. Affinché una persona fisica venga considerata fiscalmente residente in
Italia è sufficiente che sia verificata, per la maggior parte del periodo d’imposta, una sola delle tre condizioni, tra loro alternative, richieste dalla normativa (art. 2, comma 2, TUIR): essere iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o avere nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile.
Il dubbio sulla residenza
Una contribuente dichiara che, per motivi di lavoro, nel 2016 si è trasferita da dove era residente a Copenaghen, dove ha stipulato un contratto di locazione, di aver sottoscritto, nel 2017, un contratto di lavoro a tempo indeterminato con una società di diritto danese che prevede come luogo di lavoro la stessa Copenaghen e di essere stata alle dipendenze di una società di diritto italiano nel 2017. Infine, l’istante evidenzia che sempre nel 2017 ha trasmesso al Consolato italiano l’istanza per l’iscrizione all’AIRE e che per meri motivi burocratici dal certificato anagrafico risulta che l’iscrizione all’AIRE abbia decorrenza dallo stesso anno. Considerata la diversità delle date in questione, e reputando che sussistano oggettive condizioni di incertezza, chiede di sapere per l’anno 2017 in quale Paese sia la propria residenza fiscale.
La Convenzione con la Danimarca
Rispetto alla tassazione, la Convenzione contro la doppia imposizione sul reddito prevede che “Se un residente dell’Italia possiede elementi di reddito imponibili in Danimarca, l’Italia, nel calcolare le proprie imposte sul reddito … può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente. In tal caso, l’Italia deve detrarre dalle imposte così calcolate l’imposta sui redditi pagata in Danimarca, ma l’ammontare della detrazione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo”.
La stessa Convenzione precisa inoltre che, nel caso in cui una persona fisica sia residente di entrambi gli Stati contraenti, il contribuente è considerato innanzitutto residente nello Stato in cui dispone di un’abitazione permanente e, in subordine (se ha un’abitazione permanente in entrambi gli Stati), la residenza è determinata secondo i seguenti criteri residuali disposti in ordine decrescente:
• ubicazione del centro degli interessi vitali (relazioni personali ed economiche più strette);
• dimora abituale (se non è possibile individuare la residenza in base ai due criteri sopra citati, la residenza è nello Stato in cui soggiorna abitualmente);
• nazionalità (quando i primi tre criteri non sono concludenti, il contribuente è considerato residente dello Stato de quale possiede la nazionalità);
• quando, infine, si ha la nazionalità di entrambi i Paesi o di nessuno dei due, gli Stati contraenti risolveranno la questione di comune accordo.
La risposta delle Entrate
Da quanto dichiarato nell’istanza di interpello e dall’allegato certificato rilasciato dal Comune, dal quale risulta quando è stato effettuato il trasferimento di residenza in Danimarca e la relativa decorrenza nel 2017, la contribuente deve essere identificata come soggetto fiscalmente residente nel nostro Paese per il periodo d’imposta 2017, sussistendo una delle tre condizioni previste dal citato art. 2, comma 2, del TUIR (iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta). Di conseguenza, come previsto dalla norma (art. 3, comma 1, TUIR), per l’annualità 2017 tutti i redditi percepiti dall’istante, dovunque siano stati prodotti, dovevano essere dichiarati e assoggettati a imposizione nel nostro Paese.
Nell’ipotesi in cui, in base alle normative di Italia e Danimarca, l’istante possa qualificarsi come residente di entrambi i Paesi, solo nel caso in cui fosse in grado di dimostrare all’Amministrazione fiscale italiana la prevalenza per l’annualità 2017 della residenza fiscale in Danimarca, in base ai criteri indicati, “in virtù di accertamenti di fatto non esercitabili dalla scrivente in questa sede”, potrebbe ipotizzarsi la correttezza degli adempimenti fiscali effettuati in Italia, essendo in questo caso, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della citata Convenzione, assoggettati a imposizione esclusiva in Danimarca (che, in tale eventualità, risulterebbe sia lo Stato di residenza che quello in cui ha svolto la propria attività lavorativa) gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che l’istante ha percepito per il lavoro subordinato lì svolto. In sostanza, la risposta 203/2023 ribadisce che la presentazione di un interpello è inefficace per la verifica del Paese di residenza fiscale di un contribuente, la cui conferma deve avvenire attraverso l’attività di controllo di un vero e proprio accertamento fiscale, come indicato in tutte le risposte dell’Agenzia, che per questo motivo non entra mai nel merito della questione.