FISCALITA LAVORO

Cessazione dell’attività d’impresa e riportabilità delle perdite

Una ditta individuale in regime di contabilità semplificata fino al 2016, dal 2017 è tenuta ad adottare il criterio obbligatorio del regime di cassa disposto dalla legge di bilancio 2017 (n. 232/2016), la cui applicazione comporta, a fine esercizio, una significativa perdita dovuta all’imputazione integrale del costo delle rimanenze finali al 31 dicembre 2017.

Nel 2018 la perdurante crisi del settore determina un’altra chiusura in perdita e nell’agosto 2019 il contribuente decide di cessare l’attività e realizza un utile di esercizio, dovuto soprattutto alla vendita delle rimanenze di magazzino.

Dopo aver ricordato che la legge di bilancio 2019 ha introdotto (art. 1, comma 26), per le perdite dei soggetti in contabilità semplificata nel 2017, una disciplina transitoria che prevede la possibilità di scomputarle, nel triennio 2018-2020, nella misura del 40% del reddito degli anni 2018 e 20l9 e del 60% del reddito dell’anno 2020, l’istante riporta il chiarimento fornito dall’Agenzia delle entrate nella risposta 45 del 10 febbraio 2020: la possibilità, per i contribuenti con regime di contabilità improntato al criterio di cassa che cessano la propria attività, di dedurre integralmente la perdita fino a concorrenza del reddito d’impresa.

Poiché nella risposta 45 si è trattato di un’attività cessata nel 2018 con perdite nel periodo d’imposta 2017, presenta l’interpello per chiedere se un’analoga soluzione sia applicabile nel suo caso, quindi cessazione nel 2019 e un’annualità intermedia del 2018 chiusa però anch’essa in perdita, facendo presente che una diversa soluzione non permetterebbe un utilizzo futuro della perdita del 2017, stante la cessazione definitiva dell’attività nel 2019. Al riguardo l’imprenditore sottolinea, infine, come tale soluzione sarebbe in linea con quanto precisato nella circolare 53/E del 2011, dalla quale desume che non è vietato l’utilizzo delle perdite a chi ha cessato l’attività, non avendo la possibilità di portare le perdite restanti in deduzione nelle annualità successive.

Il regime “misto” cassa-competenza

L’Agenzia, nella risposta 556 del 23 novembre 2020, evidenzia che la circolare 11/E del 2017 ha chiarito che le modifiche apportate al regime di determinazione del reddito dalla legge di bilancio 2017 (n. 232/2016) non hanno introdotto un regime di cassa “puro”, ma un regime “misto” cassa-competenza, nel quale si deroga al criterio della competenza per i ricavi percepiti e le spese sostenute, ferme restando “le regole di determinazione e imputazione temporale dei componenti positivi e negativi quali le plusvalenze, minusvalenze, sopravvenienze, ammortamenti e accantonamenti” previste dal TUIR.

Nel dettare le regole per il primo anno di applicazione del nuovo regime delle imprese minori, l’art. 1, comma 18, della citata legge 232 prevede che le rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente secondo il principio della competenza, siano portate interamente in deduzione del reddito del primo anno di applicazione del regime (circolare 11/2017).

Il regime transitorio

Nel 2017, dunque, l’applicazione del nuovo regime di determinazione del proprio reddito si è tradotto, per le imprese minori, in una deduzione che ha di fatto azzerato il valore fiscale delle proprie rimanenze, il che in certi casi ha provocato rilevanti perdite di periodo. E’ intervenuta a “porre riparo” la legge di bilancio 2019 (n. 145/2018), che ha previsto un regime transitorio per il riporto delle perdite relative al periodo 2017-2019.

In particolare, il comma 25 prevede una deroga alla regola generale di riporto delle perdite e dispone che per le imprese in questione:

a) le perdite del 2018 sono calcolate in diminuzione dei redditi d’impresa: 1) per il periodo d’imposta 2019, non oltre il 40%, per l’intero importo che trova capienza; 2) per il periodo d’imposta 2020, non oltre il 60%, per l’intero importo capiente;

b) le perdite del periodo 2019 sono computate in diminuzione dei redditi d’impresa conseguiti nel periodo d’imposta 2020, in misura non superiore al 60% per l’intero importo capiente.

In base al successivo comma 26, le perdite del 2017, per la parte non compensata ai sensi della normativa previgente, sono computate in diminuzione dei relativi redditi conseguiti:

a) per i periodi d’imposta 2018 e 2019, in misura non superiore al 40%, per l’intero importo capiente;

b) per il 2020, in misura non superiore al 60%, per l’intero importo capiente.

Modulata la deduzione delle perdite fiscali

Per le perdite 2017 non compensate nel triennio 2018-2020, la circolare 8/E del 2019 ha spiegato che in base alle norme sopra esposte, saranno compensate negli esercizi successivi secondo il nuovo meccanismo di riporto, vale a dire nella misura ordinaria dell’80% e senza limiti di tempo.

Qual è il fine perseguito dalla modulazione delle deduzioni delle perdite fiscali per i primi tre periodi d’imposta successivi all’applicazione del regime di cassa: evitare le perdite di gettito suscettibili di verificarsi a ridosso del passaggio dal principio di competenza a quello di cassa.

E’ per questa ragione che, come precisato nella citata risposta 45/2020, per evitare “un’ingiustificata penalizzazione nei confronti dei contribuenti in contrasto con la menzionata ratio legis”, l’intero realizzo del valore delle rimanenze finali causato dalla cessazione dell’attività permette di riconoscere in compensazione l’intero ammontare delle perdite fiscali riportate fino a concorrenza del reddito prodotto.

E’ per tutto quanto precede che nella risposta 556 l’Agenzia ribadisce che nel 2019, periodo di cessazione dell’attività, l’istante può dedurre integralmente, fino a concorrenza del reddito d’impresa imponibile, le perdite degli anni antecedenti.

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