Cedolare secca e ravvedimento operoso
La cedolare secca sugli affitti (art. 3, D.lgs. n. 23/2011), introdotta a partire dal periodo di imposta 2011, rappresenta un’opzione che le persone fisiche possono scegliere, come modalità di tassazione, in alternativa a quella ordinaria: prevede l’applicazione di un’imposta che sostituisce, oltre che l’IRPEF e le addizionali regionale e comunale, anche le imposte di registro e di bollo relative al contratto di locazione. La base imponibile è costituita dal canone di locazione annuo stabilito dalle parti, al quale si applica un’aliquota del 21% per i contratti disciplinati dal codice civile o a canone libero; dal 2014 è prevista un’aliquota agevolata del 10% per i contratti di locazione a canone concordato (o concertato). Il citato art. 3 del D.lgs. 23/2011 prevede, tra l’altro, che il contribuente, per i redditi derivanti dalla locazione di fabbricati abitativi e delle relative pertinenze, a fronte di una rinuncia preliminare all’aumento del canone possa scegliere il regime di tassazione della cedolare secca.
Necessità di chiarimenti
Nel contesto normativo appena descritto, la risoluzione n.115/E del 1° settembre 2017 dell’Agenzia delle Entrate è stata emanata a seguito delle numerose richieste di chiarimenti in relazione: a) all’applicabilità dell’istituto del ravvedimento operoso in caso di omessa o tardiva presentazione della comunicazione della proroga del contratto di locazione in regime di cedolare secca; b) rispetto alle modalità di rinuncia all’aumento del canone quale condizione per l’esercizio di questa forma di tassazione alternativa.
Per quanto concerne l’opzione l’Amministrazione finanziaria ricorda di aver già chiarito, con la circolare n. 26 del 1° giugno 2011, che la scelta per l’applicazione della cedolare secca deve essere esercitata in sede di registrazione del contratto di locazione e che la stessa opera per l’intera durata del contratto, salvo revoca. In caso di proroga (anche tacita) del contratto, l’opzione deve essere dichiarata entro il termine di versamento dell’imposta di registro, quindi entro 30 giorni dal momento della proroga (art. 17, comma 1, del TUR); è comunque possibile, ai sensi del successivo comma 3, attivare il regime della cedolare secca per gli anni successivi esercitando l’opzione entro il termine previsto per il versamento dell’imposta di registro dovuta ogni anno, ossia entro 30 giorni dalla scadenza di ciascuna annualità.
L’omessa o tardiva presentazione della comunicazione della proroga del contratto non determina la revoca dell’opzione manifestata in sede di registrazione del contratto (o nelle annualità successive), se la condotta del contribuente risulta coerente con la volontà di mantenere l’opzione, dunque se effettua i relativi versamenti e dichiara i redditi da cedolare secca nello specifico quadro della propria dichiarazione.
Il ravvedimento
Sempre l’art. 3, comma 3, del D.lgs. n. 23/2011, sancisce che “In caso di mancata presentazione della comunicazione relativa alla proroga, anche tacita, o alla risoluzione del contratto di locazione per il quale è stata esercitata l’opzione per l’applicazione della cedolare secca, entro trenta giorni dal verificarsi dell’evento, si applica la sanzione nella misura fissa pari a euro 100, ridotta a euro 50 se la comunicazione è presentata con ritardo non superiore a trenta giorni”.
In riferimento alle richieste di chiarimenti ricevute, nella risoluzione 115 del 2017 l’Agenzia sostiene che a tale sanzione – che risulta proporzionata in base al fatto che il contribuente assolva o meno l’adempimento previsto con un leggero ritardo – sia comunque possibile applicare la disciplina del ravvedimento operoso (art. 13, D.lgs. n. 472/1997): questo, infatti, permette al contribuente di riparare in maniera spontanea le irregolarità e le omissioni commesse usufruendo di una importante riduzione della sanzione, rapportata al differente ritardo con il quale si effettua la regolarizzazione. L’istituto del ravvedimento è applicabile per quasi tutte le violazioni tributarie, fatta eccezione per alcune situazioni motivate da specifiche ragioni di politica tributaria (nel documento di prassi si riporta il caso, ad esempio, della compensazione del credito effettuata in violazione delle disposizioni in materia di agevolazioni per gli investimenti nelle aree svantaggiate).
Rinuncia all’aumento del canone
Rispetto alla questione delle modalità di rinuncia all’aumento del canone come condizione per esercitare l’opzione per la cedolare secca, risulta chiaro il contenuto dell’art. 3, comma 11, del D.lgs. n. 23/2011, ai sensi del quale “…L’opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Le disposizioni di cui al presente comma sono inderogabili.”
L’Agenzia evidenzia che nella citata circolare n. 26/E del 2011 è stato ribadito che la rinuncia all’aumento del canone di locazione per l’intera durata del contratto deve essere comunicata al conduttore, tramite raccomandata, prima di esercitare l’opzione per la cedolare secca. Questa comunicazione, che va a integrare il contenuto del contratto, è imprescindibile solo se la rinuncia all’aumento non sia già stata prevista nel contratto stesso, come chiarito dalla circolare n. 20/E del 2012): in caso, quindi, di proroga di un contratto che contenga già la rinuncia all’aumento del canone, il proprietario non deve inviare alcuna comunicazione.