Bonus prima casa per il professionista che lavora in altro comune di residenza
Tributi – Avviso di liquidazione e di irrogazione di sanzioni – Revoca dei benefici “prima casa”
La Corte di Cassazione nella sentenza n.13416 ha decretato che ai fini delle agevolazioni “prima casa”, lo svolgimento dell’attività lavorativa nel Comune dove si trova l’immobile può avere anche un carattere temporaneo e marginale.
Sentenza, questa, che in qualche modo vuole approfondire la precedente ordinanza n. 3457 del 2016 nella quale si affermava che non è sufficiente la prova della sussistenza dell’attività lavorativa nel Comune dove viene acquistato l’immobile per potere beneficiare dell’aliquota agevolata.
Il fatto trae origine dal contenzioso instaurato tra l’acquirente dell’immobile e l’Agenzia delle Entrate in quanto il contribuente riteneva che l’agevolazione prima casa potesse spettargli, visto che esercitava l’attività di medico in una struttura sanitaria nel Comune in cui era situato l’immobile. L’Agenzia delle Entrate eccepiva in ordine al beneficio ritenendo che l’attività di medico professionale svolta nel Comune dall’acquirente si era protratta solo per un breve periodo e per poche ore settimanali. Secondo l’Agenzia la norma sull’agevolazione richiederebbe, come condizione necessaria, lo svolgimento di un’attività permanente, stabile e consistenza tali da configurare “ipotesi alternativa al trasferimento di residenza”. Parere, questo, confermato in sostanza anche dalla decisione della Commissione Tributaria adita, la quale riteneva non raggiunte le condizioni utili per ottenere il requisito necessario all’agevolazione, evidenziando che in tale località l’attività professionale fosse svolta in modo marginale. Infatti l’attività ospedaliera, come documentato dall’Ufficio, si era protratta per un breve periodo e per poche ore settimanali.
Va preliminarmente ricordato che, a norma della lett. a) della Nota II-bis all’art.1 della Tariffa I, allegata al DPR n. 131/1986, per accedere all’agevolazione prima casa è necessario, tra l’altro, che l’immobile acquistato si trovi alternativamente: nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha la propria residenza, oppure nel territorio del Comune in cui l’acquirente stabilirà la propria residenza entro 18 mesi dall’acquisto (esplicitando la volontà di trasferirsi, pena la decadenza) o nel territorio del Comune in cui il contribuente svolge la propria attività, se diverso da quello in cui risiede, nel territorio del Comune in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende l’acquirente che si sia trasferito all’estero per motivi di lavoro e, infine, in qualunque Comune sul territorio italiano, se l’acquirente è cittadino italiano emigrato all’estero.
A parere degli Ermellini la norma agevolativa richiede soltanto che l’immobile acquistato si trovi nel Comune in cui l’acquirente svolga la propria attività, senza alcuna specificazione in ordine al carattere di prevalenza che tale attività debba soddisfare. Nel caso di specie, però, l’Amministrazione finanziaria ha subordinato l’agevolazione allo svolgimento, nel Comune dov’è ubicato l’immobile, dell’attività lavorativa “prevalente”, ma così operando ha introdotto nella fattispecie agevolativa un elemento non previsto dalla legge.
Pertanto, quando l’Amministrazione finanziaria richiede che l’attività svolta nel Comune in cui si trova la prima casa sia prevalente rispetto a quella altrove esercitata, introduce una condizione non richiesta dalla legge. Anzi – spiega la Suprema Corte – l’Agenzia così facendo richiede una condizione che non è più richiesta dalla norma agevolativa, atteso che la precedente formulazione del beneficio, recata dall’art. 1, comma 7 della legge n. 168/1982, conteneva il riferimento al requisito della prevalenza. Il fatto che tale condizione sia stata espunta dalla norma oggi in vigore induce a escludere che possa essere introdotta in via interpretativa. Pertanto, l’attività svolta dal contribuente nel Comune dell’immobile agevolato deve essere valutata in modo autonomo, ai fini della spettanza dell’agevolazione prima casa, e non deve essere comparata con altre attività professionali eventualmente svolte dal medesimo soggetto in altri Comuni, atteso che ciò non ha rilievo normativo.
Gli Ermellini hanno così accolto il ricorso del professionista, riconoscendo la competenza all’agevolazione e confermando che “… La fattispecie concreta, in definitiva, denoterebbe – secondo la valutazione fattuale offerta dal giudice di merito – l’assenza del requisito legale del trasferimento di attività, riguardato quest’ultimo nei necessari caratteri di sufficiente stabilità e consistenza, atti a fondare l’agevolazione in analogia e corrispondenza di ratio con l’ipotesi alternativa del trasferimento di residenza. Ebbene, questo ragionamento non può trovare condivisione. Esso è infatti basato su un requisito – di prevalenza dell’attività lavorativa svolta nel comune di ubicazione dell’immobile acquistato in regime agevolato – non richiesto dalla legge; la quale si limita a subordinare il beneficio al fatto che l’immobile sia ubicato nel comune dove l’acquirente “svolge la propria attività”. Va anzi considerato che l’attuale formulazione legislativa significativamente si connota proprio per l’espunzione del requisito di “prevalenza”, riferito all’attività lavorativa da svolgersi nel comune di ubicazione dell’immobile; viceversa previsto dalla previgente disciplina di cui all’articolo 1, 7° co. l. 168/82. Ne consegue che l’amministrazione finanziaria, nel subordinare l’agevolazione in oggetto al fatto che l’acquirente svolgesse nel comune di Anzio un’attività lavorativa prevalente rispetto a quella da lui svolta in altri comuni, così da colà trarre la maggior capacità reddituale e di sostentamento, ha in realtà introdotto nella fattispecie agevolativa un elemento non (più) previsto dalla legge”.
Corte di Cassazione Sentenza 30 giugno 2016, n. 13416
Svolgimento del giudizio
F.F. propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 203/06/10 del 22 novembre 2010 con la quale la commissione tributaria regionale di Roma, a conferma della prima decisione, ha ritenuto fondato l’avviso di liquidazione e di irrogazione di sanzioni notificatogli dall’agenzia delle entrate in sede di revoca dei benefici “prima casa” da lui usufruiti in relazione all’acquisto – con rogito registrato il 29 gennaio 2002 – di un’abitazione in Anzio. La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che l’attività medico-professionale svolta dal F. in quest’ultimo comune fosse del tutto temporanea e marginale, così da non giustificare l’agevolazione fiscale in questione.
Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Motivi della decisione
1.1 Con il primo motivo di ricorso il F. deduce “omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per avere la commissione di merito omesso di esaminare la sua eccezione di decadenza dell’amministrazione finanziaria dal potere di accertamento in materia, posto che il termine triennale di cui all’articolo 76 d.P.R. 131/86 non poteva ritenersi nella specie prorogato di due anni ai sensi dell’articolo 11, co. 1 bis l. 289/02.
1.2 Il motivo in oggetto non può trovare accoglimento, risultando finanche inammissibile là dove deduce – ex art.360, 1° co. n. 5 cod. proc. civ. – un vizio di “omessa motivazione” a fronte di una lacuna (astrattamente) ascrivibile ad “omessa pronuncia”; ipotesi, quest’ultima, che avrebbe richiesto la formulazione di una censura sotto II tutt’affatto diverso profilo ex art. 360, 1° co. n. 4 cit. (error in procedendo).
Ciò premesso, il motivo è comunque anche infondato, poiché la decisione della commissione tributaria regionale di entrare nel merito della controversia – così mostrando di aver implicitamente ritenuto destituita di fondamento l’eccezione preliminare di decadenza dell’amministrazione dal potere di accertamento – va condivisa; in quanto conforme al costante orientamento di legittimità. Si è infatti più volte affermato – con ragionamento che non si ritiene qui di disattendere – che il termine triennale per l’accertamento in materia di registro, previsto in via generale dall’art.76 DPR 131/86, è assoggettato alla proroga biennale dettata dall’art. 11 commi 1 ed 1 bis l. 289/02. L’art. 11 co. 1 bis. L. cit., facendo menzione delle “violazioni relative alla applicazione, con agevolazioni tributarie, delle imposte su atti, scritture, denunce e dichiarazioni di cui al comma 1, possono essere definite…” assimila infatti le violazioni delle disposizioni agevolative a quelle relative all’enunciazione di valore degli immobili di cui al 1° co. 1.cit.. Ne consegue l’applicabilità anche alle violazioni di cui al co. 1 bis della proroga prevista nel co. 1; e ciò senza necessità di esplicito richiamo, posto che una diversa soluzione determinerebbe una incongrua ed irrazionale disparità di trattamento tra ipotesi del tutto equivalenti (Cass. 23222/15, proprio in termini di agevolazione “prima casa”; si vedano anche: Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 279 del 08/01/2013; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 1672 del 2011; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 12069 del 17/05/2010; Sez. 5, Sentenza n. 24575 del 03/12/2010; Sez. 5, Ordinanza n. 15750 del 2010 Sez. 5, Ordinanza n. 4321 del 2009).
Nel ribadire tale principio, Cass. Sez. 5 n. 24683/14 ha poi affermato – con orientamento al quale si intende dare qui continuità, pur a fronte del precedente difforme in Cass. ord. n. 24118/15 – la portata generale della proroga, indipendentemente dalla data della violazione, in rapporto all’esigenza di complessiva funzionalità dell’attività accertativa dell’amministrazione finanziaria in vigenza di condono, sicché: “in tema di perdita dell’agevolazione fiscale sul pagamento dell’imposta di registro per l’acquisto della prima casa, conseguente all’omesso trasferimento della residenza nel comune in cui è sito l’immobile, il termine per la rettifica, la liquidazione della maggiore imposta e (‘irrogazione delle relative sanzioni è soggetto alla sospensione prevista dall’art. lì, comma 1, della legge 27 dicembre 2002 n. 289 ed è, conseguentemente, prorogato di due anni, dovendosi ritenere irrilevante che il termine per la presentazione dell’istanza di definizione in via breve scada in data anteriore a quello fissato per il trasferimento della residenza, in quanto, ai fini dell’astratta definibilità del rapporto d’imposta, è essenziale unicamente l’intervenuta o omessa registrazione entro il 30 settembre 2003, mentre è del tutto ininfluente la non ancora maturata perdita del beneficio fiscale”. Come detto, quest’ultima soluzione trova una ratio anche di ordine sistematico nella tutela della complessiva funzione di accertamento.
Dovendosi ritenere che il legislatore abbia individuato nella proroga biennale “generalizzata” – ferma restando la necessaria anteriorità, rispetto al termine previsto dalla legge, dell’insorgenza del rapporto tributario astrattamente condonabile, rappresentata dalla registrazione dell’atto – uno strumento esecutivo di contemperamento e raccordo tra – da un lato – l’opportunità di definizione agevolata concessa al contribuente e – dall’altro – l’esigenza di effettività dell’azione accertativa dell’amministrazione finanziaria su tutte quelle posizioni pregresse, non fatte oggetto per qualsiasi ragione di istanza di condono, con riguardo alle quali quest’ultima non avrebbe potuto tempestivamente per la concomitante funzione dì verifica e smaltimento ad essa attribuita sulle istanze presentate.
2.1 Con il secondo motivo di ricorso sì deduce insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rappresentato dall’effettivo svolgimento di attività professionale medica nel comune (Anzio) di ubicazione dell’immobile abitativo acquistato in regime di agevolazione. Né la CTR aveva compiutamente esaminato il quadro istruttorio, dal quale risultava la consistenza e stabilità di tale attività.
2.2 Questa doglianza deve invece trovare accoglimento.
In base all’art. 1 lett. a) nota II bis tariffa I parte all. d.P.R. 131/86, l’agevolazione “prima casa” spettava al F. in quanto svolgente attività medico-professionale in Anzio, comune di ubicazione dell’immobile acquistato in regime agevolato. La commissione tributaria regionale ha ritenuto non raggiunta la prova del requisito dell’agevolazione, risultando dagli atti di casa che la collaborazione del contribuente con l’ospedale di Nettuno (convenzione USL Roma prodotta in giudizio) si era protratta per un breve periodo e, inoltre, per poche ore settimanali.
La commissione territoriale ha poi rilevato come l’amministrazione finanziaria avesse allegato elementi contrari allo svolgimento di attività lavorativa in Anzio, essendo emerso che dal 6 agosto 1999 il F. aveva stabilito in Roma (ove già risiedeva) la propria attività lavorativa principale. La valutazione di merito è stata dunque nel senso che questi operasse prevalentemente in Roma, e che l’attività svolta in Anzio risultasse priva di rilevanza ai fini dell’agevolazione fruita. La fattispecie concreta, in definitiva, denoterebbe – secondo la valutazione fattuale offerta dal giudice di merito – l’assenza del requisito legale del trasferimento di attività, riguardato quest’ultimo nei necessari caratteri di sufficiente stabilità e consistenza, atti a fondare l’agevolazione in analogia e corrispondenza di ratio con l’ipotesi alternativa del trasferimento di residenza.
Ebbene, questo ragionamento non può trovare condivisione.
Esso è infatti basato su un requisito – di prevalenza dell’attività lavorativa svolta nel comune di ubicazione dell’immobile acquistato in regime agevolato – non richiesto dalla legge; la quale si limita a subordinare il beneficio al fatto che l’immobile sia ubicato nel comune dove l’acquirente “svolge la propria attività”. Va anzi considerato che l’attuale formulazione legislativa significativamente si connota proprio per l’espunzione del requisito di “prevalenza”, riferito all’attività lavorativa da svolgersi nel comune di ubicazione dell’immobile; viceversa previsto dalla previgente disciplina di cui all’articolo 1, 7° co. l. 168/82.
Ne consegue che l’amministrazione finanziaria, nel subordinare l’agevolazione in oggetto al fatto che l’acquirente svolgesse nel comune di Anzio un’attività lavorativa prevalente rispetto a quella da lui svolta in altri comuni, così da colà trarre la maggior capacità reddituale e di sostentamento, ha in realtà introdotto nella fattispecie agevolativa un elemento non (più) previsto dalla legge.
Analogamente, la commissione tributaria regionale è addivenuta a confermare la legittimità della revoca dell’agevolazione, senza considerare che il (pacifico) svolgimento di attività medico-professionale da parte del F. in Anzio doveva essere riguardato in sé, e non nel rapporto comparativo con le altre attività professionali eventualmente svolte dal medesimo in diversi luoghi. Sicché anche il giudice regionale, “ancorando” il beneficio all’esito di una comparazione tra l’attività lavorativa svolta in Anzio e quella esercitata altrove, è incorso in un vizio che non è soltanto di violazione normativa, ma anche di natura logico-giuridica. Non avendo la commissione tributaria regionale considerato che anche quella svolta dal contribuente nel comune di Anzio (come ritenuta provata dalla stessa commissione) costituiva di per sé attività lavorativa (che il contribuente, sulla base di ulteriori produzioni documentali non prese in esame dalla CTR, allegava non essere né minimale né trascurabile); e, dunque, elemento necessario e sufficiente – indipendentemente dalla connotazione di prevalenza sulla quale essa si sofferma – ad ottenere l’agevolazione revocata. La sentenza in esame, in definitiva, pur dopo aver affermato che l’agevolazione presupponeva lo svolgimento di “attività lavorativa” nel comune di ubicazione dell’immobile, e che tale attività era stata qui in effetti esercitata, ha poi dunque inopinatamente omesso di chiudere il sillogismo argomentativo, negando il beneficio.
Ne segue l’accoglimento del ricorso, con la cassazione della sentenza impugnata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art.384 cod. proc. civ., mediante annullamento dell’avviso di liquidazione opposto. Le spese del giudizio vengono compensate, in ragione della peculiarità della fattispecie.
P.Q.M.
– accoglie il ricorso;
– cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla l’avviso di liquidazione opposto;
– compensa le spese di lite.