FISCALITA

Bonus fiscali e irrilevanza reddituale della differenza tra credito d’imposta e costo d’acquisto

Uno studio associato, che rappresenta di svolgere attività di “Servizi forniti da dottori commercialisti” nella forma giuridica di associazione professionale, intende acquistare crediti d’imposta relativi ai bonus fiscali introdotti dal Dl 34/2020 (decreto rilancio) per interventi di ristrutturazione edilizia, e precisa che:

­ i crediti d’imposta sono relativi a spese sostenute nel periodo d’imposta 2022 e saranno utilizzati in compensazione in 4 rate annuali;

­ il valore nominale dei crediti differirà dal costo sostenuto per il loro acquisto.

L’associazione professionale, dopo aver chiarito che tali crediti non derivano da prestazioni professionali rese dallo studio e/o da soggetti allo stesso associati, chiede chiarimenti in merito alla qualificazione fiscale del differenziale positivo conseguente al pagamento di un corrispettivo inferiore al valore dei crediti.

La disciplina fiscale delle associazioni professionali

Ai fini della determinazione del reddito, per quanto riguarda la disciplina fiscale delle associazioni professionali, il TUIR (articolo 5, comma 3, lettera c) assimila le associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni alle società semplici: ciò comporta che le associazioni professionali (come quella istante) non possono svolgere attività d’impresa e che il proprio reddito imponibile, costituito dalla somma delle singole categorie di reddito indicate identificate in base alla loro fonte di produzione, è imputato per trasparenza in capo a ciascun associato.

Nel caso in questione, il provento è pari alla differenza positiva tra il valore nominale del credito d’imposta acquisito e il corrispettivo pagato dallo studio associato, che si considera incassato al momento dell’effettivo utilizzo in compensazione, con le imposte e i contributi dovuti, secondo le stesse modalità spettanti al beneficiario della detrazione.

Risulta evidente che, come chiarito con la circolare 23/E del 2023, il medesimo credito, acquisito in relazione a prestazioni professionali (ad esempio, applicando lo sconto in fattura) rese nei confronti di committenti che hanno esercitato la relativa opzione, costituisce un provento percepito nell’esercizio dell’attività professionale, da assoggettare a tassazione in base all’articolo 54 del TUIR.

La irrilevanza reddituale del differenziale positivo

La normativa di riferimento, che è stata oggetto di successive modifiche – da ultimo, le disposizioni contenute nel Dl 11/2023 (articolo 2, comma1) – permette ai contribuenti che realizzano  determinati  interventi  di  fruire  di  una  detrazione con modalità alternative all’utilizzo diretto in  dichiarazione e, in  particolare, attraverso la cessione  a  soggetti  terzi  di  un  credito  d’imposta  di  pari  ammontare,  senza  prevedere alcuna disciplina riguardo eventuali effetti reddituali in capo all’acquirente.

Nella risposta 472/2023 l’Agenzia delle entrate, dopo aver evidenziato che il credito acquisito dall’istante deriva dall’opzione esercitata da un contribuente titolare della detrazione prevista dal decreto rilancio, spettante nella misura del 110% delle spese sostenute nel 2022, evidenzia che tale beneficio fiscale riconosce già ai contribuenti un’agevolazione, sotto forma di detrazione dall’imposta lorda di ammontare superiore ai costi sostenuti, senza prevedere alcuna rilevanza reddituale del differenziale positivo pari al 10% delle spese stesse.

Nel caso oggetto di interpello, invece, in assenza di una specifica disposizione in tal senso, la rilevanza reddituale di tale differenziale va ricercata in applicazione delle regole generali di tassazione del reddito; in particolare, per quanto concerne le associazioni come quella istante, va verificato se il provento determinato tra la somma di acquisizione del credito e il suo valore nominale rientri tra i redditi di capitale, di lavoro autonomo o diversi e, al riguardo, l’Agenzia ritiene che lo stesso non rientri in nessuna delle categorie reddituali descritte. Alla luce di quanto illustrato, dunque, i crediti di imposta corrispondenti al bonus 110% non originati da prestazioni professionali rese dallo studio, in assenza di una espressa previsione normativa che attribuisca una rilevanza reddituale al differenziale positivo, e considerata la non riconducibilità di tale differenziale in una delle categorie reddituali previste dal TUIR, secondo l’Amministrazione finanziaria l’acquisto in questione non genera un reddito imponibile in capo allo studio associato: viene quindi considerato non soggetto a tassazione il plusvalore scaturito dall’acquisto di crediti fiscali da parte dei professionisti.

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