CASSAZIONE FISCALITA

Bocciato il collegamento tra plusvalenza tassabile e valore di registro

Tributi – Imposte sui redditi – Cessione d’azienda – Accertamento induttivo plusvalenza tassabile sulla base di rettifica ai fini dell’imposta di registro – Illegittimità.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22353 del 13 settembre 2018, in continuità con l’attuale filone giurisprudenziale (v. ex multis sent. n. 12319 del 17 maggio 2017), ha voluto chiarire ancora una volta che deve ritenersi illegittimo l’accertamento di plusvalenza tassabile ai fini delle imposte sui redditi, determinata in via induttiva sulla base del valore accertato e rettificato definitivamente ai fini dell’imposta di registro.

Ricordiamo che in base alle numerose e recenti pronunzie in materia, l’illegittimità di tale presunzione è applicabile con effetto retroattivo ai giudizi ancora pendenti.

Precedenti indirizzi su tale questione ritenevano che il maggior valore accertato ai fini dell’imposta di registro poteva essere utilizzato per fondare la maggiore pretesa tributaria nei confronti del contribuente ai fini delle imposte dirette.

Tale convinzione si basava su un orientamento, consolidato in giurisprudenza per oltre un decennio, che riteneva l’Amministrazione finanziaria legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento della plusvalenza di cessione di un terreno edificabile sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, fatta salva per il contribuente la facoltà e l’onere della prova contraria.

Oggi però i giudici di Piazza Cavour, ricordando che nel 2015, con il decreto legislativo n. 147 del 2015 (Decreto crescita e internazionalizzazione) è stata introdotta la previsione secondo la quale “… le disposizioni in materia di imposte sui redditi e di IRAP riguardanti la determinazione delle plusvalenze si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale” , hanno voluto censurare quel principio ormai superato secondo cui l’Agenzia delle Entrate era legittimata a procedere induttivamente all’accertamento del reddito da plusvalenza derivante dalla cessione di un terreno edificabile (accertando una maggiore plusvalenza patrimoniale), sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di definizione dell’imposta di registro.

Le nuove tutele sull’accertamento delle plusvalenze immobiliari, introdotte nel nostro ordinamento dal D.lgs. n. 147/2015, sono ora riconosciute come legge di interpretazione autentica e, come tale, hanno valenza retroattiva e, dunque, il maggior valore definito ai fini dell’imposta di registro non può essere assunto neanche per il passato come presupposto per la rettifica della plusvalenza nell’ambito delle imposte sui redditi

Tornando al caso dibattuto, confermando la decisione dei giudici tributari, la Corte Suprema ha accolto il ricorso del contribuente affermando l’illegittimità della ricostruzione induttiva effettuata dall’Amministrazione finanziaria, peraltro respinta nel precedente giudizio tributario.

Inoltre, commentano gli Ermellini, che anche il giudice d’appello adito ha negato che la rettifica del valore di cessione dell’azienda dichiarato ai fini dell’imposta di registro, in assenza di ulteriori elementi di riscontro, fosse prova sufficiente di una plusvalenza non dichiarata, derivante dalla cessione a titolo oneroso del bene, ai fini dell’imposizione diretta.

Pertanto, la S.C. conclude: “…Si deduce l’error iuris della sentenza impugnata che avrebbe ritenuto che la motivazione della ripresa, ai fini IRPEF, della plusvalenza da cessione a titolo oneroso dell’azienda (farmacia) non possa poggiare esclusivamente sulla considerazione che il valore dell’universitas sia stato rettificato ai fini dell’imposta del registro, laddove, invece, la Cassazione ha espresso un principio di diritto diametralmente opposto, vale a dire che l’Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere, in via induttiva, all’accertamento della plusvalenza di cessione di un bene sulla base dell’accertamento del suo valore ai fini dell’imposta di registro; in tale caso, secondo la Corte, è onere probatorio del contribuente superare la presunzione della corrispondenza tra il prezzo di cessione e il valore di mercato del bene ai fini dell’imposta di registro. Il motivo è infondato.

S’intende dare continuità all’indirizzo della Corte in virtù del quale: «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, […] l’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva – esclude che l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (Cass. 17 maggio 2017, n. 12265; Cass. 6 giugno 2016, n. 11543)”.

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 13 settembre 2018, n. 22353

 

Sul ricorso iscritto al n. 10256/2012 R.G. proposto da

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro M.G.A.B., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Macaluso, elettivamente domiciliato in Roma, via Po, n. 102, presso lo studio dell’avv. Gianluca Amoruso.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione n. 19, n. 5/19/12, pronunciata il 7/11/2011, depositata il 27/01/2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’ 11 luglio 2018 dal Consigliere Riccardo Guida.

Fatti di causa

L’Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di un motivo, nei confronti di G.A.B.M., avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (hinc: CTR) della Lombardia in epigrafe che – in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento che recuperava a tassazione, a fini IRPEF, per l’anno d’imposta 2005, la plusvalenza derivante dalla cessione a titolo oneroso di una farmacia, sulla base di un accertamento con adesione che aveva rettificato il valore di mercato dell’azienda ai fini dell’imposta di registro – confermava la sentenza di primo grado, favorevole alla contribuente.

Il giudice d’appello ha negato che la rettifica del valore di cessione dell’azienda, dichiarato ai fini dell’imposta di registro, in assenza di ulteriori elementi di riscontro, sia prova sufficiente di una plusvalenza non dichiarata, derivante dalla cessione a titolo oneroso del bene, ai fini dell’imposizione diretta.

La contribuente resiste con controricorso.

Il Procuratore Generale P.M. ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso, con le conseguenze di legge.

Ragioni della decisione

  1. Unico motivo di ricorso: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 86 c. 1 lett. a) e 2 primo e secondo periodo dpr 22.12.1986 n. 917, 51 commi 1 e 2 dpr 26.4.1986 n. 131, 2697 e 2729 c. 1 c.c.; 39 c. 1 lett. d) dpr 29.9.1973 n. 600, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.».

Si deduce l’error iuris della sentenza impugnata che avrebbe ritenuto che la motivazione della ripresa, ai fini IRPEF, della plusvalenza da cessione a titolo oneroso dell’azienda (farmacia) non possa poggiare esclusivamente sulla considerazione che il valore dell’universitas sia stato rettificato ai fini dell’imposta del registro, laddove, invece, la Cassazione ha espresso un principio di diritto diametralmente opposto, vale a dire che l’Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere, in via induttiva, all’accertamento della plusvalenza di cessione di un bene sulla base dell’accertamento del suo valore ai fini dell’imposta di registro; in tale caso, secondo la Corte, è onere probatorio del contribuente superare la presunzione della corrispondenza tra il prezzo di cessione e il valore di mercato del bene ai fini dell’imposta di registro.

2.1. Il motivo è infondato.

S’intende dare continuità all’indirizzo della Corte in virtù del quale: «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, […] l’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva – esclude che l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (Cass. 17 maggio 2017, n. 12265; Cass. 6 giugno 2016, n. 11543).».

La decisione della CTR ha fatto corretta applicazione di tale principio di diritto.

  1. Ne consegue il rigetto del ricorso.
  2. Poiché la soluzione della controversia è dipesa dallo ius superveniens, posteriore alla sentenza impugnata, è congruo compensare, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

compensa, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, 1’11 luglio 2018

 

 

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