EUROPA

Bce: la ripresa prosegue ma in Europa le riforme lente pesano sulla crescita

Il Bollettino della Banca centrale europea sottolinea gli elementi di debolezza dell’Europa, ma la ripresa comunque prosegue.

La diagnosi che emerge dal Bollettino economico della Bce ricalca concetti già espressi in precedenza, soprattutto per quanto concerne i fattori che ancora ostacolano la crescita economica europea e fanno temere rischi al ribasso sulla ripresa dell’area euro. Si legge, infatti, di un “processo di aggiustamento dei bilanci in diversi settori”, di un “ritmo insufficiente di attuazione delle riforme strutturali in alcuni Paesi” e di “prospettive di crescita contenuta nei mercati emergenti”.

Nel documento si registrano il ritorno al sereno della situazione finanziaria rispetto all’inizio dell’anno, il costante miglioramento delle condizioni di finanziamento di Stati e aziende – grazie al potenziamento del Quantitative easing, il riacquisto di titoli da parte della Bce per sostenere l’economia, – e la persistenza a livelli bassi dell’inflazione. L’insieme di questi elementi, di concerto con le politiche fiscali pur se lievemente espansive e il recupero dell’occupazione, agiscono a favore della domanda interna all’Eurozona; ed è proprio il fronte interno che sostiene la ripresa, mentre sono venuti meno il sostegno dell’export e dei Paesi emergenti. In relazione ai tassi d’interesse il Bollettino ricorda la scelta della Bce di non toccare ulteriormente i livelli, ma prende atto dell’ampliamento “degli acquisti mensili nell’ambito del programma di acquisto di attività a 80 miliardi di euro, rispetto ai precedenti 60 miliardi di euro”. Il Qe andrà avanti sino alla fine di marzo 2017 o anche oltre, se necessario, “e in ogni caso finché il Consiglio direttivo non riscontrerà un aggiustamento durevole dell’evoluzione dei prezzi, coerente con il proprio obiettivo di inflazione”, fissato vicino al 2%. La Bce conferma poi di essere, come al solito, vigile nel monitorare la situazione: “Nel contesto attuale è indispensabile assicurare che le condizioni di inflazione estremamente bassa non si radichino in effetti di secondo impatto sul processo di formazione di salari e prezzi”.

Nel documento si trova anche l’ennesimo richiamo agli Stati con un debito troppo elevato, e non è certo un mistero che tra questi c’è anche l’Italia.

Il presidente della Bce Mario Draghi in una foto di archivio ANSA / DANIEL REINHADT
Il presidente della Bce Mario Draghi in una foto di archivio
ANSA / DANIEL REINHADT

Draghi: i tassi rimarranno bassi a lungo

Al termine della riunione del Direttivo, tenutasi a Vienna a inizio giugno, la Banca centrale europea ha reso noto di aver lasciato invariati i tassi d’interesse: il tasso principale resta fermo al minimo storico dello 0,00%, quello sui depositi bancari rimane negativo a -0,40% e quello di rifinanziamento marginale a 0,25%. Il Presidente Mario Draghi ha dichiarato che i tassi rimarranno a questo livello o più bassi “per un esteso periodo di tempo”, sottolineando che il programma di Quantitative easing durerà almeno fino a marzo 2017 o perlomeno fino a quando non ci sarà una correzione significativa dell’inflazione e che gli stimoli hanno riequilibrato i rischi e l’economia sta progressivamente avanzando.

La ripresa dell’Eurozona “procede a ritmo moderato e potrebbe essere più lenta nel secondo trimestre dell’anno rispetto al trimestre precedente”, ha detto ancora il numero uno dell’Istituto centrale, spiegando che la crescita è sostenuta dalla domanda interna e che sull’Eurozona pesano sia la lentezza nel processo delle riforme strutturali, sia le prospettive dubbie dei mercati emergenti.

La Bce ha poi innalzato dall’1,4 all’1,6% le stime di crescita per l’Eurozona nel 2016; per il 2017 ha confermato la crescita all’1,7%, mentre è stata ridotta dal precedente 1,8% a 1,7% la previsione sul Pil per il 2018. La Bce ha leggermente indicato in rialzo anche le stime dell’inflazione per l’Eurozona, da 0,1% a 0,2% per il 2016: restano invece confermate la stima per il 2017 (1,3%) e quella per il 2018 (1,6%).

Nella conferenza stampa al termine della riunione del Consiglio direttivo Mario Draghi ha quindi ribadito che la Banca centrale europea “seguirà con molta attenzione l’andamento delle prospettive per la stabilità dei prezzi e, se sarà necessario per raggiungere il suo obiettivo, si muoverà con tutti gli strumenti a sua disposizione entro il mandato”.

Il Presidente ha inoltre sottolineato che “dobbiamo concentrarci sull’attuazione e sugli effetti delle misure già prese”, in particolare sul corposo pacchetto di interventi deciso a inizio marzo, affermando inoltre che “uno stimolo aggiuntivo alla ripresa, oltre a quanto già avvenuto, è previsto dalle misure di politica monetaria che devono ancora essere attuate” e che contribuiranno a riequilibrare ulteriormente i rischi su crescita e inflazione.

In conclusione Draghi ha spiegato che “I nostri obiettivi sono sul medio termine, ma già ora stiamo vedendo come il ritorno dell’inflazione verso livelli vicini al 2% stia durando molto. Noi vogliamo arrivarci senza alcun indebito ritardo e siamo pronti a intervenire per garantirlo. Ci muoveremmo se vedessimo un irrigidimento non voluto delle condizioni finanziarie nell’Eurozona e se questo, a sua volta, influenzasse negativamente l’outlook dei prezzi nel medio termine”.

 

Banca d’Italia: ripresa timida ma costante

Nel bollettino economico della Banca d’Italia si legge che in Italia nel primo trimestre del 2016 il Pil “ha segnato un aumento appena superiore a quello dei tre mesi precedenti e nell’ultimo trimestre del 2015 è proseguita, anche se a ritmi più contenuti, la ripresa ciclica, sospinta dal consolidamento dei consumi e dall’accelerazione degli investimenti”.

Secondo Bankitalia “Gli indicatori anticipatori prefigurano una continuazione della moderata fase espansiva nel secondo trimestre, nonostante l’incertezza determinata dalle prospettive della domanda estera. Il miglioramento delle condizioni per investire, derivante anche dalle misure di stimolo agli acquisti di beni strumentali approvate definitivamente alla fine dello scorso anno nell’ambito della legge di stabilità per il 2016, fornirebbe un nuovo impulso all’accumulazione di capitale. Prosegue la contenuta ripresa ciclica del settore delle costruzioni”.

Sulla base degli andamenti registrati nell’ultimo trimestre del 2015, risultati meno favorevoli del previsto, le principali istituzioni e gli analisti hanno corretto le stime di crescita del Belpaese per il 2016 parzialmente al ribasso, di alcuni decimi di punto – “ora valutate dalla maggior parte dei previsori tra l’1 e l’1,2%” – mentre sono rimaste pressoché invariate quelle per il 2017.

Nel quarto trimestre del 2015, spiega la nostra Banca centrale, “è proseguito il rialzo della spesa delle famiglie in atto dall’estate del 2013, pur con un lieve rallentamento (0,3%, contro lo 0,5% nel terzo trimestre). I consumi sono stati sostenuti dalla componente dei servizi, a fronte del ristagno di quella dei beni. Al recupero della spesa nel 2015 ha concorso il primo incremento del reddito disponibile valutato in termini reali dal 2008 (0,8% rispetto all’anno precedente), anche in seguito alle condizioni più favorevoli del mercato del lavoro. Il graduale attenuarsi dell’incertezza circa il valore della proprietà immobiliare, conseguente alla stabilizzazione dei prezzi delle case in atto dall’estate scorsa, sta plausibilmente facendo venire meno il precedente effetto di freno sui consumi delle famiglie. Le informazioni congiunturali più recenti sono coerenti con la prosecuzione della fase di moderata espansione della spesa delle famiglie all’inizio del 2016”.

Nel primo trimestre si è rafforzato il rialzo delle immatricolazioni di automobili, dopo l’aumento del 15,3% registrato nella media del 2015 e nello stesso periodo l’indice del clima di fiducia dei consumatori, pur in diminuzione, è rimasto su livelli elevati: “Le famiglie hanno espresso valutazioni più caute sull’andamento generale dell’economia e sulle attese di occupazione, mentre sono migliorati i giudizi sul bilancio familiare”.

 

Il dubbio dell’Europa

A parere della Commissione europea la ripresa dell’economia italiana dovrebbe continuare nel 2016 e nel 2017, grazie soprattutto al ritorno della domanda interna. Il progresso rimane però esile e con rischi di caduta, tanto che Bruxelles rivede al ribasso le stime per la dinamica del Pil: a dicembre è previsto in aumento dell’1,1%, nel 2017 si dovrebbe arrivare all’1,3%, dato appena al di sotto di quanto calcolato dal Ministero dell’Economia.

La Commissione rileva che nel 2015 la spesa pubblica si è stabilizzata in termini nominali, mentre la discesa degli investimenti pubblici si è fermata dopo cinque anni. Un miglioramento solo marginale per il saldo strutturale, calcolato al netto del ciclo e delle una tantum: di conseguenza, il deficit strutturale è destinato a peggiorare di oltre mezzo punto nel 2016, il che costituisce un primo elemento critico. Senza nuovi interventi, nel 2017 il deficit scenderà all’1,9%, dato che comprende metà delle clausole di salvaguardia che il Governo ha deciso nel 2015 per mantenere i conti in linea attraverso l’aumento dell’IVA.

Il vero punto interrogativo, sul quale Bruxelles vuole più informazioni, riguarda il deficit che risulta tutto sommato in linea con le attese, anche se la correzione è ritenuta modesta e rimane il dubbio sull’esercizio futuro, legato all’aumento dell’IVA che dovrebbe scattare a gennaio per compensare una eventuale uscita di strada.

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay