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Autofattura elettronica e reverse charge

Dal 1° gennaio 2020 è stato introdotto l’obbligo generalizzato del processo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi per i soggetti passivi

che effettuano le operazioni indicate all’articolo 22 del DPR 633/1972.

La regola generale sull’obbligo di documentare le operazioni tramite fatturazione elettronica attraverso il Sistema di Interscambio (SdI)  presenta comunque diverse eccezioni, sia di ordine oggettivo sia soggettivo. Al  riguardo, con la circolare 14/E del 2019 l’Agenzia delle entrate ha fornito utili chiarimenti anche alla luce dei lavori del Forum italiano sulla fatturazione elettronica.

Ricordiamo che il Sistema di Interscambio, gestito dall’Agenzia delle entrate, è un sistema informatico in grado di ricevere le fatture sotto forma di file con le caratteristiche della FatturaPA, di effettuare controlli sui file ricevuti e di inoltrare le fatture alle Amministrazioni destinatarie; non ha alcun ruolo amministrativo e non assolve compiti relativi all’archiviazione e conservazione delle fatture.

In tema di emissione delle fatture, l’articolo 11 del decreto legge 119/2018, modificando l’articolo 21 del decreto IVA ha previsto, con effetto dal 1° luglio 2019 (dunque per le fatture emesse da tale giorno) che:

a) tra le indicazioni che il documento deve contenere ci sia anche la “data in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero data in cui è corrisposto in tutto o in parte il corrispettivo, sempreché tale data sia diversa dalla data di emissione della fattura”;

b) la possibilità di emettere la fattura “entro dieci giorni dall’effettuazione dell’operazione determinata ai sensi dell’articolo 6”.

Nel documento di prassi l’Agenzia evidenzia come “nel linguaggio quotidiano vengono spesso accomunati in un unico termine (“autofatture”) documenti che hanno funzione e contenuto diverso”, che altro non è che una delle problematiche correlate ai nuovi adempimenti, alla base della pubblicazione della circolare 14/E/2019 (“Chiarimenti in tema di documentazione di operazioni rilevanti ai fini IVA, alla luce dei recenti interventi normativi in tema di fatturazione elettronica”).

Le autofatture

L’autofattura vera e propria è il documento che contiene gli stessi elementi di una normale fattura, dalla quale però si differenzia perché:

a) l’emittente non è il cedente/prestatore, ma il cessionario del bene cioè il committente del servizio che assolve l’imposta (ed è dunque obbligato a liquidare l’IVA) in sostituzione del primo;

b) cedente/prestatore e cessionario/committente coincidono in un unico soggetto, ovvero l’operazione è a titolo gratuito (cfr. l’articolo 2, comma 2, del decreto IVA).

Nella circolare si legge che rientrano nell’ipotesi del punto a), ad esempio:

– per quanto riguarda le operazioni effettuate da soggetti stabiliti o residenti in Italia, gli acquisti da produttori agricoli (art. 34, comma 6, DPR 633/1972), i compensi corrisposti agli intermediari per la vendita di documenti di viaggio da parte degli esercenti l’attività di trasporto e la regolarizzazione dell’omessa o irregolare fatturazione (la cosiddetta “autofattura denuncia” di cui all’art. 6, comma 8, del D.lgs. 471/1997);

– in riferimento alle operazioni effettuate da soggetti non residenti o non stabiliti, gli acquisti da soggetti extra UE (art. 17, comma 2, del decreto IVA).

Rientrano invece, ad esempio,  nell’ipotesi del punto b):

– il cosiddetto autoconsumo, la destinazione di beni o servizi al consumo personale o familiare dell’imprenditore o ad altre finalità non imprenditoriali;

– le cessioni gratuite di beni la cui produzione o il cui commercio rientra nell’attività propria dell’impresa e di quelli che non vi rientrano se di costo unitario superiore a 50 euro e per i quali sia stata operata, all’atto dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’imposta (art. 19, decreto IVA).

Nei casi in esame, se c’è l’obbligo di emettere autofattura, questa dovrà necessariamente essere elettronica via SdI (con l’unica eccezione delle prestazioni rese da soggetti extra UE).

Resta ferma la necessità, nei casi in cui la controparte sia un soggetto escluso dagli obblighi previsti dalla normativa vigente e non intenda avvalersi della fatturazione elettronica via SdI, di consegnare una copia analogica o informatica del documento (art. 34, comma 6, secondo periodo, DPR 633/1972).

Il reverse charge

Nell’inversione contabile (reverse charge), a differenza dei casi di autofattura sopra elencati, il cedente/prestatore documenta l’operazione con l’emissione di un documento, senza addebito dell’IVA, che è integrato dal cessionario/committente, che provvede ad assolvere l’imposta. Rientrano in queste ipotesi determinate operazioni:

a)  con  l’estero,  nei casi di acquisti da soggetti passivi stabiliti in altri Paesi Ue; 

b) con soggetti passivi d’imposta residenti o stabiliti in Italia come, ad esempio, nei casi di installazione di impianti e di completamento relative a edifici, di cessioni di rottami, prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, ecc.

Anche in presenza della stessa procedura – in generale, per il cessionario/committente, numerazione  e integrazione della fattura con i dati legislativamente richiesti e inoltre annotazione della stessa nei registri  IVA – va  rilevata  la  diversa  forma della  fattura  inizialmente  ricevuta,  che  nel  caso  di reverse  charge  interno  è normalmente elettronica via SdI.  

Secondo  quanto  già  indicato  nella  circolare  n.  13/E  del  2018,

Ciò significa che nell’ipotesi di reverse charge interno, e comunque in tutte quelle in cui c’è una fattura elettronica trasmessa via SdI, a fronte della sua immodificabilità il cessionario/committente può – “senza procedere alla sua materializzazione analogica” e dopo aver preparato un altro documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della fattura stessa – inviare tale documento allo SdI, in modo da ridurre gli oneri di consultazione e conservazione. Nei casi di reverse charge esterno resta comunque fermo l’obbligo comunicativo previsto dall’art. 1, comma 3-bis, del D.lgs. 127/2015,  ad eccezione del caso in cui il fornitore comunitario abbia emesso la fattura elettronica via SdI e quindi con le regole italiane.

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