ONLUS

Attività di Onlus e prestazioni pagate dai pazienti

Una Fondazione con la qualifica di Onlus attiva in Lombardia, con una istanza di interpello ha posto un quesito inerente l’interpretazione dell’art. 10 del D.Lgs. n. 460/97.

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Nello specifico, la Fondazione ha chiesto chiarimenti in relazione alla possibilità di poter mantenere la qualifica di Organizzazione non lucrativa di utilità sociale anche nei casi in cui, nello svolgimento della propria attività di consultorio, per assicurare la conclusione della terapia e l’assistenza al paziente, fornisca anche prestazioni il cui compenso, non rimborsato dalla Regione, venga pagato dal paziente stesso.

In proposito la Fondazione evidenzia che l’art. 4 della legge che ha istituito i consultori familiari, la n. 405/75, sancisce che “L’onere delle prescrizioni di prodotti farmaceutici va a carico dell’ente o del servizio cui compete l’assistenza sanitaria. Le altre prestazioni previste dal servizio istituito con la presente legge sono gratuite per tutti i cittadini italiani e per gli stranieri residenti o che soggiornino, anche temporaneamente, su territorio italiano”. Successivamente, con la legge regionale n. 44/76, la Regione Lombardia ha organizzato il servizio previsto dalla legge n. 405 sul territorio specificando anche con delibere ad hoc i criteri, le modalità e le procedure autorizzative per il funzionamento dei consultori.

Nell’istanza viene quindi citata la delibera della Giunta Regionale n. 4597 del 28/12/2012, che tra l’altro ha approvato il nuovo tariffario delle prestazioni e funzioni dei consultori familiari, ha definito “le prestazioni ad elevata integrazione socio-sanitaria” e le funzioni che i consultori familiari offrono come risposta alle domande di aiuto, assistenza, consulenza, prevenzione ed educazione della salute; con questa delibera, inoltre, la Regione ha previsto un regime di compartecipazione alla spesa dei cittadini, “contingentando le prestazioni rimborsate dal sistema sanitario per ogni ambito di intervento”.

La Fondazione ricorda, poi, che attualmente in Lombardia è prevista la gratuità dell’attività consultoriale – assicurata dai rimborsi del Servizio sanitario – in linea con quanto originariamente previsto dalla norma nazionale, con l’eccezione di prevedere, a carico dell’utente, il pagamento di un importo a titolo di compartecipazione alla spesa in relazione ad alcune “prestazioni aggiuntive”.

Ne consegue che per le prestazioni fornite da alcuni professionisti (trai quali, ad esempio, lo psicologo, lo psicoterapeuta, ecc.), “il numero massimo degli interventi rimborsati dalla Regione possa risultare insufficiente ai fini dell’efficacia della terapia in corso, rendendosi, invece, necessari ulteriori interventi”, il cui costo – che è comunque contenuto e non equivalente al valore di mercato di una visita privata – viene quindi pagato dal cittadino.

E’ per questa ragione che la Fondazione ha formulato il quesito, chiedendo se il fatto che per certe prestazioni sia previsto il pagamento di un corrispettivo da parte del paziente, possa comprometterne la qualificazione di Onlus, in base a quanto previsto dal decreto legislativo n. 460/97.

La soluzione proposta

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In coerenza con le precisazioni già contenute in documenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate – il riferimento è alla risoluzione n. 70/E del 2009 – l’ente istante ritiene che le prestazioni rese a fronte del pagamento di un corrispettivo non possano rientrare tra quelle incluse nell’ambito dell’attività istituzionale.

Ciò nonostante, secondo la Fondazione tali prestazioni possono essere qualificate come “attività direttamente connesse” a quelle istituzionali, agevolate allo stesso modo ai sensi dell’art. 150, comma 2, del Tuir in quanto, anche se prive del requisito della “solidarietà sociale”, si possono considerare necessarie sia per il finanziamento sia per il completamento e per la migliore efficacia dell’attività istituzionale.

Inoltre la Fondazione, richiamando l’ambito normativo nazionale e regionale nel quale svolge la propria attività e le difficoltà in cui versa la situazione generale dell’assistenza sanitaria nel nostro Paese, ritiene che tra le attività connesse possano rientrare, in un contesto di limiti e criteri appositamente individuati, le eventuali prestazioni aggiuntive a pagamento in favore di pazienti in terapia presso il Consultorio e che abbiano già fruito del numero massimo di prestazioni gratuite.

La risposta delle Entrate

L’Amministrazione finanziaria, che risponde al quesito con la risoluzione n. 10/E del 23/1/2015, ricorda in via preliminare che con la risoluzione n. 70/E del 2009 (“Oggetto: Consulenza giuridica. Onlus. Consultori familiari. Assistenza sociale e socio-sanitaria. Tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente”) ha già chiarito che un ente che gestisce un consultorio può essere iscritto nell’anagrafe Onlus, nel settore dell’assistenza sociale e socio-sanitaria (art. 10, comma 1, lett. a, n. 1, del D. Lgs. n. 460/1997), a condizione che vengano realizzati gli scopi di cui all’art. 1 della legge n. 405/1975, senza un esborso economico a carico degli assistiti.

Nel caso presentato la regione Lombardia, nel rispetto di quanto stabilito dalla normativa nazionale e dalla delibera della Giunta regionale del 28/12/2012, e in virtù delle ridotte risorse economiche disponibili, ha fissato un certo numero di prestazioni rimborsabili dal sistema sanitario per ogni settore di intervento, prevedendo il pagamento da parte dell’assistito delle eventuali ulteriori prestazioni risultanti essenziali per concludere la terapia.sanita_medico

Alla luce del fatto che nell’istanza di interpello l’ente ha puntualizzato che le prestazioni effettuate a fronte di un pagamento comunque calmierato e non equivalente al valore di mercato siano analoghe a quelle fornite gratuitamente e rimborsate dalla Regione, trattandosi di “ulteriori interventi”, necessari ad assicurare l’effetto dei metodi di cura in corso e nel caso in cui il paziente abbia già beneficiato del numero massimo di prestazioni rimborsabili dal Servizio sanitario, l’Amministrazione finanziaria ritiene che tali prestazioni possano rientrare tra quelle “direttamente connesse” indicate al citato comma 5 dell’art. 10 del D.Lgs. n. 460/97.

In proposito – precisa l’Agenzia nel documento di prassi – la lettera c) dell’art. 10, comma 1, del richiamato D.Lgs. n. 460 sancisce il divieto per le Onlus di svolgere attività diverse da quelle previste istituzionalmente e nei settori indicati, “ad eccezione delle attività ad esse direttamente connesse”.

Sono considerate tali, ai sensi del successivo comma 5, ultimo periodo, tra le altre, “(…) le attività accessorie per natura a quelle statutarie istituzionali, in quanto integrative delle stesse”.

Nella risoluzione in commento si ricorda, inoltre, che l’esercizio di queste attività direttamente connesse “è consentito a condizione che non siano prevalenti rispetto a quelle istituzionali e che i relativi proventi non superino il 66 per cento delle spese complessive dell’organizzazione”.

Viene infine ripreso, al riguardo, quanto a suo tempo precisato con la circolare n. 168/E del 26/6/1998, cioè che la prevalenza deve essere valutata tenendo conto di un insieme di elementi importanti al fine di un raffronto tra le attività istituzionali e quelle direttamente connesse, come possono essere ad esempio l’impiego delle risorse materiali e umane, il numero delle prestazioni effettuate e gli investimenti.

Nell’osservanza delle condizioni sopra elencate – si legge nella risoluzione – l’Agenzia ritiene che la Fondazione, anche se percepisce dei corrispettivi per le prestazioni aggiuntive rese agli stessi pazienti a completamento di una terapia già in corso, possa mantenere la qualifica di Onlus.


DPR N. 917/1986 (TUIR) Art. 150 Organizzazioni non lucrative di utilità sociale

… omissis …

  1. I proventi derivanti dall’esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile.

D.Lgs. n. 460/1997 Art. 10 Organizzazioni non lucrative di utilità sociale

… omissis …

  1. Si considerano direttamente connesse a quelle istituzionali le attività statutarie di assistenza sanitaria, istruzione, formazione, sport dilettantistico, promozione della cultura e dell’arte e tutela dei diritti civili di cui ai numeri 2), 4), 5), 6), 9) e 10) del comma 1 lettera a), svolte in assenza delle condizioni previste ai

commi 2 e 3, nonché le attività accessorie per natura a quelle statutarie istituzionali, in quanto integrative delle stesse. L’esercizio delle attività connesse è consentito a condizione che, in ciascun esercizio e nell’ambito di ciascuno dei settori elencati alla lettera a) del comma 1, le stesse non siano prevalenti rispetto

a quelle istituzionali e che i relativi proventi non superino il 66 per cento delle spese complessive dell’organizzazione.

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