EUROPA

Assegnazioni di beni sempre soggette ad IVA

Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – IVA – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 18, lettera c), 184 e 187 – Operazioni imponibili – Cessazione dell’attività economica imponibile – Possesso di beni che hanno dato luogo alla detrazione dell’IVA – Rettifica delle detrazioni – Periodo di rettifica – Assoggettamento ad imposta in forza dell’articolo 18, lettera c), della direttiva 2006/112 dopo la scadenza del periodo di rettifica

La Corte di Giustizia Ue, con la sentenza del 16 giugno scorso, nella causa C-229/15 Mateusiak, si è pronunciata sull’assoggettabilità a IVA dei beni che entrano nella sfera privata di un soggetto passivo dopo la cessazione dell’attività economica svolta da una persona fisica, decidendo che non vi sono limiti temporali per l’applicazione dell’imposta. La sentenza è di particolare attualità in considerazione delle disposizioni dell’art. 1 comma 115 e seguenti della L. 208/2015 che agevolano le assegnazioni e le cessioni di beni ai soci e le estromissioni dell’immobile strumentale dell’imprenditore individuale. A parere dei giudici europei l’autoconsumo da cessazione dell’attività è imponibile anche se si verifica una volta scaduto il periodo previsto per la rettifica della detrazione, purché il bene conservi un valore residuo, assumendo rilevanza la somma dei prezzi pagati per l’acquisto dei beni e dei servizi che hanno consentito la realizzazione del bene, al netto del deprezzamento che il bene ha subìto nel tempo.

Con questa conclusione, raggiunta dalla Corte di Giustizia UE nella causa C-229/15, è stata risolta una controversia riguardante l’imponibilità dei beni posseduti dal soggetto passivo che abbia cessato l’attività, nella specifica ipotesi in cui sia scaduto il periodo temporale previsto ai fini della rettifica della detrazione.

L’origine della vicenda finita all’attenzione della Corte di Giustizia scaturisce dalla richiesta di chiarimenti per l’applicazione dell’IVA ai beni patrimoniali presenti nell’inventario del contribuente alla data di cessazione dell’attività. Nello specifico il quesito nasceva dal fatto che, secondo il contribuente, il valore dei beni immobili non doveva essere preso in considerazioni ai fini dell’imponibilità, perché la cessazione sarebbe intervenuta oltre il periodo consentito per la rettifica alla detrazione. L’amministrazione finanziaria polacca era dell’avviso contrario, ritenendo che l’operazione dovesse scontare l’imposta in quanto il contribuente l’aveva già detratta al momento dell’acquisto; ciò in rispetto del principio della neutralità dell’IVA. L’incertezza sull’esatta interpretazioni delle tesi contrapposte ha fatto sì che la prima problematica affrontata dai giudici europei è stata quella di evidenziare come la direttiva IVA mira innanzitutto a scongiurare che i beni che hanno dato diritto alla detrazione si sottraggono all’imposta al momento dell’estromissione a seguito della cessazione dell’attività. Ciò in considerazione che un soggetto passivo che riceve, per il suo consumo finale privato, un bene proveniente dalla sua impresa, deve sopportare l’ IVA come se acquistasse un bene dello stesso tipo da un altro soggetto passivo.  Nel caso esaminato, quindi, il principio della neutralità fiscale impone, indipendentemente dal periodo di rettifica di cui all’articolo 187, paragrafo 1, della direttiva IVA, l’assoggettamento ad imposizione qualora il bene possegga, all’atto della cessazione dell’attività, un valore residuo. Pertanto, l’esegesi normativa ha portato la Corte a stabilire che il possesso di beni del contribuente che cessa la propria attività e per i quali si è fruito della detrazione è assimilabile ad una cessione soggetta a IVA anche oltre il termine per la rettifica alla detrazione. Nello specifico del caso esaminato un notaio polacco, negli anni 1997-1999, ha sostenuto delle spese per l’acquisto di un immobile adibito sia ad abitazione privata che ad ufficio e ha conseguentemente esercitato la detrazione della relativa IVA in funzione dell’utilizzo professionale, così come previsto dall’art. 168-bis della direttiva n. 2006/112/CE.

A seguito della cessazione dell’attività, avvenuta nel 2013, è sorta una contestazione in merito alla pretesa delle Autorità fiscali di ottenere dal professionista il riversamento dell’imposta detratta nonostante fosse scaduto il periodo di osservazione, che per gli immobili ubicati in Polonia è pari a 10 anni (al pari di quelli situati in Italia), ex art. 187 della direttiva. Al tempo il soggetto passivo aveva detratto l’imposta assolta a monte sull’acquisto di materiali edili, sulle spese di manodopera e sulle altre spese, solo per la quota attribuibile alla parte del fabbricato destinato allo svolgimento dell’attività – uno studio notarile – che dà luogo ad operazioni imponibili. Tale parte dell’immobile è stata iscritta nell’inventario dei beni durevoli.

Nel 2013 il contribuente aveva presentato domanda di parere in materia fiscale all’amministrazione polacca competente, per conoscere se nell’inventario di liquidazione, da predisporre in occasione della cessazione e liquidazione della propria attività economica, fosse necessario includere anche il valore dell’immobile in questione e, in caso affermativo, con quale valore. Secondo la tesi difensiva del contribuente il bene non dovesse essere assoggettato a IVA in quanto la cessazione dell’attività era avvenuta nel periodo di tutela fiscale – pari a dieci anni per gli immobili – previsto per la rettifica della detrazione era già interamente trascorso. Di diverso avviso l’Amministrazione finanziaria polacca, che riteneva invece non lesivo del principio di neutralità dell’imposta l’assoggettamento ad IVA dei beni in ragione della cessazione dell’attività. Ciò in considerazione del fatto che detto tributo, quale imposta sul consumo, deve essere applicato per controbilanciare l’imposta detratta a monte, ogniqualvolta il bene venga distolto dalla sfera commerciale per giungere alla sfera dell’utilizzo privato, ossia, per giungere al consumo. Interpellata sulla questione, la Corte di Giustizia richiama preliminarmente il principio generale per cui la detrazione dell’imposta è sempre congiunta alla riscossione della stessa.

Da ciò ne segue che quando i beni e servizi acquistati da un soggetto passivo sono impiegati per porre in essere operazioni esenti o fuori dal campo di applicazione del tributo, non potendovi essere tassazione a valle, non potrà esservi detrazione a monte. È in questo contesto che deve valutarsi la portata dall’art. 18, lett. c), della direttiva 2006/112/CE, il quale prevede la facoltà per gli Stati membri di assimilare ad una cessione di beni a titolo oneroso il possesso di beni da parte di un soggetto passivo a seguito della cessazione della propria attività economica (imponibile), qualora per detti beni sia stato esercitato il diritto alla detrazione.

Occorre però tenere presente che il principio di tassazione sopra ricordato, previsto dalla legislazione polacca come da quella italiana (art. 2, comma 2 n. 5) del DPR 633/72), non deve confondersi con il meccanismo di rettifica della detrazione.

Come apertamente evidenziato dall’Avvocato Generale nelle conclusioni del 3 marzo 2016, i due istituti perseguono i rispettivi obiettivi – tra loro equiparabili in quanto volti a garantire la neutralità dell’imposta – con modalità diverse. Le norme sulla tassazione dei beni di cui trattasi mirano da una parte a garantire parità di trattamento tra un soggetto passivo che prelevi un bene dalla propria attività per esigenze private e un consumatore finale che acquisti un bene dello stesso tipo (art. 16 della direttiva 2006/112/CE), e dall’altra a evitare che il bene prelevato giunga al consumo detassato, essendo stato esercitato il diritto alla detrazione (art. 18, lett. c, della direttiva 2006/112/CE).

Il meccanismo della rettifica è un adeguamento a posteriori che mira, a sua volta, ad aumentare la precisione delle detrazioni effettuate, cosicché il diritto sia esercitato solo nel limite in cui beni e servizi siano effettivamente impiegati per operazioni tassate a valle. Conseguentemente, ben si comprende perché la rettifica alla detrazione assuma a base un valore storico, mentre l’imposizione dell’uso privato faccia riferimento a un importo che tenga conto anche dell’evoluzione del valore verificatosi tra acquisto del bene e inizio dell’impiego privato. Osserva la Corte che l’equiparabilità degli obiettivi dei due istituti, come sopra argomentata, non implica che il periodo previsto per la rettifica della detrazione possa valere anche come limite massimo, superato il quale l’assoggettamento a IVA di un bene prelevato per esigenze private non sia più possibile.

Pertanto, il possesso di beni da parte di un soggetto passivo IVA, a seguito della cessazione della propria attività economica imponibile, qualora sia stata detratta l’imposta a monte, è assimilato ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso, senza che vi siano limiti temporali per l’assoggettamento a imposta e affermando, infine, la seguente massima: “… Se l’articolo 18, lettera c), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto debba essere interpretato nel senso che, dopo la scadenza del periodo di rettifica di cui all’articolo 187 della direttiva, i beni durevoli del soggetto passivo, per l’acquisto dei quali lo stesso ha detratto l’IVA, al momento della cessazione della sua attività non debbano essere assoggettati all’imposta né inclusi nell’inventario di liquidazione, qualora sia scaduto il periodo stabilito dalle leggi per la rettifica dell’imposta pagata a monte sul loro acquisto, derivante dal presunto periodo di utilizzo di siffatti beni nell’attività economica del soggetto passivo, o se, indipendentemente dal periodo di rettifica, i beni durevoli, al momento della cessazione dell’attività da parte del soggetto passivo, siano soggetti all’imposta. 03.03.16 16.06.16 L’articolo 18, lettera c), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2009/162/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009, deve essere interpretato nel senso che, in caso di cessazione dell’attività economica imponibile di un soggetto passivo, il possesso di beni da parte di quest’ultimo, allorché tali beni hanno dato diritto ad una detrazione dell’imposta sul valore aggiunto al momento del loro acquisto, può essere assimilato ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso e soggetta all’imposta sul valore aggiunto, se il periodo di rettifica previsto dall’articolo 187 della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2009/162, è scaduto”.

martelletto bandiera europea

 

CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE Sentenza n. C-229/15 del 16 giugno 2016

  1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 18, lettera c), e dell’articolo 187 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2009/162/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009 (GU 2010, L 10, pag. 14; in prosieguo: la «direttiva IVA»).
  2. Tale domanda è stata pronunciata nell’ambito di una controversia tra il Minister Finansów (ministro delle Finanze) e il sig. J.M. in merito all’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto (IVA) di beni immobili detenuti da quest’ultimo a seguito della cessazione della sua attività economica.

Contesto normativo

Il Diritto dell’Unione

  1. L’articolo 18 della direttiva IVA dispone quanto segue:

«Gli Stati membri possono assimilare ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso le operazioni seguenti:

  1. a) la destinazione da parte di un soggetto passivo alle esigenze della propria impresa di un bene prodotto, costruito, estratto, lavorato, acquistato o importato nell’ambito di detta impresa, qualora l’acquisto del bene in questione presso un altro soggetto passivo non gli dia diritto alla detrazione totale dell’IVA;
  2. b) la destinazione di un bene da parte di un soggetto passivo ad un settore di attività non assoggettato ad imposta, quando detto bene ha dato diritto ad una detrazione totale o parziale dell’IVA al momento dell’acquisto o della sua destinazione conformemente alla lettera a);
  3. c) ad eccezione dei casi di cui all’articolo 19, il possesso di beni da parte di un soggetto passivo o dei suoi aventi causa in caso di cessazione della sua attività economica imponibile, quando detti beni hanno dato diritto ad una detrazione totale o parziale dell’IVA al momento dell’acquisto o della loro destinazione conformemente alla lettera a)».
  4. In forza dell’articolo 19, primo comma, di tale direttiva:

«In caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni, gli Stati membri possono considerare che non è avvenuta alcuna cessione di beni e che il beneficiario succede al cedente».

  1. L’articolo 168 della direttiva IVA così recita:

«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

  1. a) l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;

(…)».

  1. L’articolo 168 bis, paragrafo 1, della direttiva IVA dispone quanto segue:

«Nel caso di un bene immobile facente parte del patrimonio dell’impresa di un soggetto passivo e da questo destinato all’attività dell’impresa e al proprio uso privato o all’uso del suo personale o, più in generale, a fini estranei a quelli dell’impresa, la detrazione dell’IVA sulle spese relative a tale bene è ammissibile, conformemente ai principi di cui agli articoli 167, 168, 169 e 173, soltanto limitatamente alla parte di uso del bene ai fini delle attività dell’impresa del soggetto passivo.

In deroga all’articolo 26, le variazioni della parte di uso di un bene immobile di cui al primo comma sono prese in considerazione secondo i principi di cui agli articoli da 184 a 192 quali applicati nello Stato membro interessato».

  1. L’articolo 184 della direttiva IVA prevede quanto segue:

«La detrazione operata inizialmente è rettificata quando è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto».

  1. L’articolo 187 della direttiva IVA ha il seguente tenore:

«1. Per quanto riguarda i beni d’investimento, la rettifica deve essere ripartita su cinque anni, compreso l’anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati.

Tuttavia, gli Stati membri possono basare la rettifica su un periodo di cinque anni interi a decorrere dalla prima utilizzazione dei beni.

Per quanto riguarda i beni d’investimento immobiliari, la durata del periodo che funge da base per il calcolo delle rettifiche può essere prolungata sino a vent’anni.

  1. Ogni anno la rettifica è effettuata solo per un quinto o, qualora il periodo di rettifica sia stato prolungato, per la frazione corrispondente dell’IVA che ha gravato sui beni d’investimento.

La rettifica di cui al primo comma è eseguita secondo le variazioni del diritto a detrazione che hanno avuto luogo negli anni successivi rispetto all’anno in cui i beni sono stati acquistati, fabbricati o eventualmente utilizzati per la prima volta».

Il Diritto polacco

  1. L’articolo 14, paragrafo 1, punti 1 e 2, nonché paragrafi da 4 a 6 e 8, della ustawa o podatku od towarów i usług (legge relativa all’imposta sui beni e sui servizi), dell’11 marzo 2004 (testo codificato, DZ U. del 2011, n. 177, posizione 1054), nella versione applicabile alla controversia principale (in prosieguo: la «legge sull’IVA») così recita:

«1. Sono soggetti all’imposta i beni di propria produzione e quelli che, dopo l’acquisto, non hanno formato oggetto di una cessione di beni nel caso di:

1) scioglimento di una società civile o commerciale priva di personalità giuridica;

2) cessazione delle attività imponibili da parte del soggetto passivo di cui all’articolo 15, persona fisica, obbligato, ai sensi dell’articolo 96, paragrafo 6, a comunicare la cessazione dell’attività al direttore dell’amministrazione finanziaria.

(…)

  1. Le disposizioni dei paragrafi 1 e 3 si applicano ai beni che danno diritto a detrazione dell’imposta pagata a monte.
  2. Nei casi di cui ai paragrafi 1 e 3, i soggetti passivi sono tenuti a predisporre un inventario fisico dei beni alla data dello scioglimento della società o della cessazione delle attività imponibili, di seguito denominato l’”inventario fisico”. I soggetti passivi sono tenuti ad includere, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo che comprende la data di scioglimento della società o di cessazione delle attività imponibili, le informazioni relative all’inventario fisico redatto, al valore in base a esso determinato ed all’importo dell’imposta dovuta.
  3. Nel caso di cui al paragrafo 1, il debito d’imposta sorge il giorno dello scioglimento della società o della cessazione delle attività imponibili.

(…)

  1. La base imponibile è costituita dal valore dei beni inclusi nell’inventario fisico, determinato ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 10».
  2. L’articolo 29, paragrafo 10, della legge sull’IVA dispone che «nel caso di cessione dei beni ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, la base imponibile è costituita dal prezzo di acquisto dei beni (imposte escluse), e, in mancanza del prezzo di acquisto, dal prezzo di costo, determinato al momento della cessione di tali beni».
  3. Ai sensi dell’articolo 91, paragrafi da 1 a 4, della legge sull’IVA:

«1. Dopo la chiusura dell’anno in cui il soggetto passivo ha beneficiato del diritto alla detrazione dell’imposta pagata a monte di cui all’articolo 86, paragrafo 1, lo stesso è obbligato a procedere, per l’esercizio fiscale concluso, alla rettifica delle detrazioni conformemente all’articolo 90, paragrafi da 2 a 10, tenendo conto del prorata calcolato nel modo indicato all’articolo 90, paragrafi da 2 a 6 o 10, o in base alle disposizioni adottate ai sensi dell’articolo 90, paragrafi 11 e 12.

  1. Nel caso di beni e servizi che, in base alle disposizioni relative all’imposta sul reddito, vengono imputati dal soggetto passivo ai beni durevoli materiali ed ai beni immateriali ammortizzabili, nonché nel caso di terreni e di diritti di usufrutto perpetuo su terreni, qualora siano stati imputati ai beni durevoli materiali e immateriali dell’acquirente, esclusi quelli il cui valore iniziale non supera 15 000 [zloty polacchi (PLN) (circa EUR 3 417)], il soggetto passivo effettua la rettifica di cui al paragrafo 1 nel corso di un periodo di cinque anni a decorrere dall’anno della prima utilizzazione dei beni e, nel caso dei terreni e dei diritti di usufrutto perpetuo su terreni, nel corso di un periodo di dieci anni. La rettifica annuale, nella fattispecie di cui alla prima frase, riguarda un quinto e, nel caso dei beni immobili e dei diritti di usufrutto perpetuo su terreni, un decimo dell’importo dell’imposta calcolata al momento del loro acquisto o della loro costruzione. Nel caso di beni durevoli immateriali o immateriali il cui valore iniziale non supera PNL 15 000 (circa EUR 3417), il disposto del paragrafo 1 si applica per analogia, e la rettifica viene operata alla fine dell’anno della prima utilizzazione dei beni.

(…)

  1. La rettifica di cui ai paragrafi 1 e 2 viene effettuata nella dichiarazione dei redditi presentata per il primo periodo d’imposta dell’anno successivo a quello per il quale si procede alla rettifica e, in caso di cessazione dell’attività economica, nella dichiarazione dei redditi per l’ultimo periodo d’imposta.
  2. Qualora durante il periodo di rettifica di cui al paragrafo 2 abbia luogo la vendita dei beni o dei servizi di cui al paragrafo 2, ovvero tali beni vengano tassati ai sensi dell’articolo 14, si presume che detti beni o servizi continuino ad essere impiegati ai fini delle attività assoggettate ad imposta dal soggetto passivo sino alla fine del periodo di rettifica».
  3. L’articolo 96, paragrafo 6, della legge sull’IVA dispone che «[q]ualora il soggetto passivo, registrato come soggetto passivo dell’IVA, cessi un’attività imponibile, egli è tenuto a dichiarare la cessazione dell’attività presso il direttore dell’amministrazione finanziaria; sul fondamento di tale comunicazione il direttore dell’amministrazione finanziaria procede alla cancellazione del soggetto passivo dal registro dei soggetti passivi dell’IVA».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

  1. Tra il 1997 e il 1999 il sig. M. ha effettuato un investimento consistente nella costruzione di un edificio ad uso abitativo e per i servizi di un’impresa avente un area edificabile di 108,7 m2 ed una superficie utile totale di 357,6 m2 (di cui 87,8 m2 adibiti alla prestazione di servizi). Il 26 luglio 1999 egli ha ottenuto l’autorizzazione all’utilizzo del suddetto edificio.
  2. Il sig. M. ha detratto l’imposta pagata a monte figurante negli originali delle fatture che documentavano gli acquisti dei materiali edili, le spese di manodopera e altre spese riguardanti esclusivamente la parte del fabbricato destinata alla prestazione dell’attività soggetta all’IVA, ovvero uno studio notarile.
  3. Il 10 agosto 1999 la parte dell’edificio destinata alla prestazione di servizi è stata iscritta nell’inventario dei beni durevoli tenuto ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche ed è stata utilizzata per l’esercizio dell’attività economica non agricola. Il valore iniziale del bene durevole denominato «edificio dello studio» era pari a PNL 101 525,70.
  4. Il 14 gennaio 2013 il sig. M. ha presentato una domanda di parere in materia fiscale presso il direttore dell’amministrazione finanziaria di Łódź (Izba Skarbowa w Łodzi), che opera sotto l’autorità del ministro delle Finanze (in prosieguo: l’«autorità fiscale»), chiedendo se nell’inventario di liquidazione, predisposto in occasione della liquidazione dell’attività economica esercitata da una persona fisica che sia anche un soggetto passivo dell’IVA, dovesse essere incluso il valore dei beni durevoli immobiliari di proprietà di tale persona alla data della liquidazione e, in caso affermativo, chiedeva quale fosse il valore da adottare come base imponibile dell’IVA alla data della cessazione dell’attività economica in questione.
  5. Secondo il sig. M., il valore dei beni durevoli di sua proprietà non deve essere preso in considerazione, in quanto ciò comporterebbe una violazione del principio della neutralità dell’IVA ove detta cessazione abbia luogo oltre il periodo di rettifica, che per i beni immobili è di dieci anni. Nell’ipotesi in cui la sua tesi non fosse condivisa, occorrerebbe tener conto, per l’assoggettamento all’IVA, della sola porzione di edificio destinata alle esigenze dell’attività economica, adottando come base imponibile il prezzo di costo, qualora fosse inferiore all’attuale valore di mercato.
  6. L’autorità fiscale ha ritenuto, in particolare fondandosi sull’articolo 14, paragrafo 1, punto 2, e paragrafi 4 e 8, nonché sull’articolo 29, paragrafo 10, della legge sull’IVA, che l’assoggettamento dei beni ad imposta in ragione della cessazione delle operazioni imponibili fosse giustificato dal modo stesso in cui l’IVA è configurata, quale imposta sul consumo, e che esso fosse espressione del principio di neutralità di tale imposta. Tutti i beni sull’acquisto dei quali è stata detratta l’imposta pagata a monte dovevano essere soggetti all’IVA allo scopo di controbilanciare detta detrazione.
  7. Il ricorso presentato dal sig. M. dinanzi al Wojewódzki Sąd Administracyjny w Lublinie (tribunale amministrativo del voivodato di Lublino, Polonia) avverso il summenzionato parere è stato accolto con sentenza del 16 ottobre 2013.

Tale giudice ha dichiarato che gli articoli 14 e 91 della legge sull’IVA dovevano essere letti in combinazione, in quanto il legislatore ha stabilito una correlazione tra l’assoggettamento ad imposta dei beni durevoli in seguito alla liquidazione di un’attività ed il diritto a detrazione di quella parte dell’imposta pagata a monte sul loro acquisto che non sia stata detratta durante il periodo di rettifica. Al termine di tale periodo, i beni durevoli che siano in possesso di un soggetto passivo al momento della liquidazione della sua attività non devono essere imponibili né inclusi nell’inventario di liquidazione, dato che il periodo fissato dalla legge per la rettifica dell’imposta a monte sull’acquisto di detti beni durevoli, risultante dal periodo di consumo stimato di tali beni nell’attività del soggetto passivo, è scaduto.

  1. Il ministro delle Finanze ha proposto ricorso per cassazione dinanzi al Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia). Tale giudice nutre dubbi per quanto riguarda la questione se, anche dopo la scadenza del periodo di rettifica previsto per un determinato tipo di beni, la cessazione dell’attività economica comporti la necessità di assoggettare ad imposta i beni durevoli detenuti sul fondamento dell’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA.
  2. Detto giudice fa valere che, dal momento che la durata giuridica di vita utile dei beni d’investimento impiegati ai fini dell’attività economica del soggetto passivo, espressa per il periodo di rettifica (articolo 187 della direttiva IVA), si è esaurita, si potrebbe presumere che il soggetto passivo, nel corso del periodo in cui il bene durevole è stato usato nell’ambito della sua attività soggetta ad imposta, abbia «consumato» l’imposta detratta per il suo acquisto, essendo tale imposta connessa, durante tutto il periodo del suo utilizzo (rettifica), all’imposta dovuta, generata da tale bene durevole destinato all’attività economica del soggetto passivo.
  3. Alla luce di tali considerazioni, il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 18, lettera c), della [direttiva IVA] debba essere interpretato nel senso che, dopo la scadenza del periodo di rettifica di cui all’articolo 187 di detta direttiva, i beni durevoli del soggetto passivo, per l’acquisto dei quali lo stesso ha detratto l’IVA, al momento della cessazione della sua attività non debbano essere assoggettati all’imposta né inclusi nell’inventario di liquidazione, qualora sia scaduto il periodo stabilito dalle leggi per la rettifica dell’imposta pagata a monte sul loro acquisto, derivante dal periodo di utilizzo stimato di tali beni nell’attività economica del soggetto passivo, o se, indipendentemente dal periodo di rettifica, i beni durevoli, al momento della cessazione dell’attività economica da parte del soggetto passivo, siano soggetti all’imposta».

Sulla questione pregiudiziale

  1. Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che, nel caso di cessazione dell’attività economica imponibile di un soggetto passivo, il possesso di beni da parte di questo, allorché tali beni hanno dato diritto ad una detrazione dell’IVA al momento del loro acquisto, sia assimilabile ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso e assoggettata all’IVA qualora il periodo di rettifica di cui all’articolo 187 della direttiva IVA sia scaduto.
  2. In via preliminare va ricordato che, secondo la logica del sistema istituito dalla direttiva IVA, le imposte che hanno gravato a monte sui beni o sui servizi impiegati da un soggetto passivo per le sue operazioni soggette a imposta possono essere detratte. La detrazione delle imposte a monte è collegata alla riscossione delle imposte a valle. Quando beni o servizi acquistati da un soggetto passivo sono impiegati ai fini di operazioni esenti o non rientranti nell’ambito di applicazione dell’IVA, non può esservi né riscossione dell’imposta a valle né detrazione dell’imposta a monte. Invece, nella misura in cui i beni o servizi sono usati ai fini di operazioni imponibili a valle, una detrazione dell’imposta che ha gravato sugli stessi a monte si impone per evitare una doppia imposizione (v., in tal senso, sentenza del 30 marzo 2006, Uudenkaupungin kaupunki, C-184/04, EU:C:2006:214, punto 24, e ordinanza del 5 giugno 2014, Gmina Miȩdzyzdroje, C-500/13, EU:C:2014:1750, punto 19).
  3. In tale contesto, in forza dell’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA, gli Stati membri possono assimilare ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso il possesso di beni da parte di un soggetto passivo o dei suoi aventi causa in caso di cessazione della sua attività economica imponibile, quando detti beni hanno dato diritto a una detrazione totale o parziale dell’IVA al momento dell’acquisto o della loro destinazione conformemente alla lettera a) di detto articolo. L’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA autorizza quindi gli Stati membri ad adottare una disposizione speciale per i casi in cui un soggetto passivo ponga fine alla propria attività professionale (v. sentenza del 17 maggio 2001, Fischer e Brandenstein, C-322/99 e C-323/99, EU:C:2001:280, punto 86).
  4. Come rilevato dal giudice del rinvio, la Repubblica di Polonia si è avvalsa della facoltà prevista dall’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA. Detto giudice si chiede tuttavia se la disposizione che dà attuazione all’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA dovesse essere applicata allo scadere del termine per la rettifica che, conformemente all’articolo 187, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva IVA può essere prorogato per quanto riguarda i beni di investimento immobiliari fino a venti anni e che, secondo il giudice del rinvio, è di dieci anni in Polonia.
  5. Occorre rilevare in proposito che il principale obiettivo dell’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA è quello di evitare che beni che abbiano dato diritto a detrazione siano oggetto di un consumo finale non assoggettato ad imposta a seguito della cessazione dell’attività imponibile, a prescindere dai motivi o dalle circostanze di essa (sentenza dell’8 maggio 2013, Marinov, C-142/12, EU:C:2013:292, punto 27).
  6. Il meccanismo di rettifica previsto dalla direttiva IVA mira, a sua volta, ad aumentare la precisione delle detrazioni così da assicurare la neutralità dell’IVA, in modo che le operazioni effettuate nella fase anteriore continuino a dare luogo al diritto di detrazione soltanto nei limiti in cui esse siano destinate a fornire prestazioni soggette ad una simile imposta. Tale meccanismo ha così lo scopo di stabilire una relazione stretta e diretta tra il diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte e l’impiego dei beni o dei servizi di cui trattasi per operazioni soggette ad imposta a valle (sentenza del 18 ottobre 2012, TETS Haskovo, C-234/11, EU:C:2012:644, punti 30 e 31).
  7. Per quanto riguarda l’insorgenza di un eventuale obbligo di rettifica della detrazione dell’IVA effettuata a titolo di imposta pagata a monte, l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA stabilisce il principio secondo il quale tale rettifica deve essere operata in particolare quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono intervenuti mutamenti degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della suddetta detrazione (sentenze del 18 ottobre 2012, TETS Haskovo, C-234/11, EU:C:2012:644, punto 32, e del 13 marzo 2014, FIRIN, C-107/13, EU:C:2014:151, punto 51).
  8. Il periodo di rettifica delle detrazioni previsto dall’articolo 187 della direttiva IVA consente di evitare inesattezze nel calcolo delle detrazioni e dei vantaggi o svantaggi ingiustificati per il soggetto passivo quando, in particolare, successivamente alla dichiarazione intervengano variazioni degli elementi inizialmente presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni. Tali mutamenti sono probabili specialmente nel caso dei beni d’investimento, che sono spesso utilizzati per diversi anni nel corso dei quali gli scopi cui essi sono destinati possono mutare (v., in tal senso, sentenza del 30 marzo 2006, Uudenkaupungin kaupunki, C-184/04, EU:C:2006:214, punto 25, e ordinanza del 5 giugno 2014, Gmina Miȩdzyzdroje, C-500/13, EU:C:2014:1750, punto 20).
  9. Ne consegue, in effetti, che la finalità dell’assoggettamento ad imposta del possesso dei beni che hanno dato luogo alla detrazione in forza dell’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA si avvicina a quella del meccanismo di rettifica, posto che si tratta, da un lato, di evitare di procurare un indebito vantaggio economico al soggetto passivo rispetto ad un consumatore finale che acquisti il bene pagando l’IVA e, dall’altro, di garantire una corrispondenza tra la detrazione dell’imposta a monte e la riscossione dell’imposta a valle (v., in tal senso, per analogia, sentenza del 14 settembre 2006, Wollny, C-72/05, EU:C:2006:573, punti 35 e 36 nonché giurisprudenza ivi citata).
  10. Tuttavia, il fatto che detti obiettivi siano analoghi non significa che il periodo previsto per la rettifica di una detrazione per mezzo di pagamenti frazionati su vari anni, in forza degli articoli da 184 a 187 della direttiva IVA, possa essere considerato quale periodo di scadenza oltre il quale l’assoggettamento all’imposta in forza dell’articolo 18, lettera c), non sia più possibile.
  11. Innanzitutto, dall’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA discende che il possesso di beni da parte di un soggetto passivo in caso di cessazione della sua attività economica imponibile può essere assimilato ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso, quando detti beni hanno dato diritto ad una detrazione completa o parziale dell’IVA al momento del loro acquisto.
  12. Il citato articolo 18, lettera c), della direttiva IVA non prevede alcun’altra condizione, segnatamente connessa ad un termine posteriore all’acquisto, durante il quale debba aver luogo il possesso successivo alla cessazione dell’attività perché questo possa essere assoggettato ad imposta.
  13. Detta disposizione, poi, per quanto riguarda la sua applicazione, non contiene alcun rinvio alle disposizioni concernenti la rettifica della detrazione di cui agli articoli da 184 a 192 della direttiva IVA, a differenza dell’articolo 168 bis, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva in parola, che rinvia a tali disposizioni relativamente all’assoggettamento ad imposta dell’uso privato di un bene immobile in forza dell’articolo 26 della stessa direttiva.
  14. Da ultimo, la rettifica delle detrazioni, che è effettuata, segnatamente, quando successivamente alla dichiarazione dell’IVA siano intervenute variazioni degli elementi presi in considerazione per la determinazione dell’importo dell’IVA e che mira ad assicurare che le detrazioni operate riflettano rigorosamente l’utilizzazione dei beni per le esigenze dell’impresa, è un meccanismo correttivo a posteriori, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 28 delle sue conclusioni.
  15. L’assoggettamento ad imposta di cui all’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA, invece, non si fonda sulla premessa secondo cui la detrazione completa o parziale dell’IVA, operata al momento dell’acquisto di beni oggetto di possesso in caso di cessazione dell’attività economica imponibile, sia superiore o inferiore a quella che il soggetto passivo aveva diritto di effettuare, bensì sulla realizzazione di una nuova operazione imponibile alla data della cessazione dell’attività economica.

38 L’assoggettamento ad imposta di cui all’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA tiene conto delle modifiche del valore degli attivi d’impresa, durante tutta la durata del loro uso per le attività di impresa, giacché, conformemente all’articolo 74 della direttiva IVA, per le operazioni come quelle di cui all’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA, la base imponibile è costituita dal prezzo di acquisto dei beni o di beni simili, ovvero, in mancanza del prezzo di acquisto, dal prezzo di costo, determinati nel momento in cui tali operazioni sono effettuate. La base imponibile dell’operazione in caso di cessazione dell’attività economica imponibile è il valore dei beni di cui trattasi determinato al momento della cessazione, che tiene quindi conto dell’evoluzione del valore di detti beni tra la loro acquisizione e la cessazione (v., in particolare, sentenza dell’8 maggio 2013, Marinov, C-142/12, EU:C:2013:292, punto 33).

  1. Allo scopo di conseguire l’obiettivo di cui all’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA, che consiste nell’evitare che beni che hanno dato diritto a detrazione siano oggetto di un consumo finale non assoggettato ad imposta a seguito della cessazione dell’attività economica imponibile e ad eliminare effettivamente qualunque disparità in materia di IVA tra i consumatori che acquistano i loro beni presso un altro soggetto passivo e quelli che li acquistano nell’ambito della propria impresa, l’assoggettamento ad imposta previsto dall’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA deve aver luogo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 34 delle sue conclusioni, quando un bene che abbia dato diritto ad una detrazione dell’IVA conserva un valore residuo al momento della cessazione dell’attività economica imponibile, indipendentemente dal periodo trascorso tra la data dell’acquisizione di detto bene e quella della cessazione dell’attività stessa.
  2. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 18, lettera c), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che, in caso di cessazione dell’attività economica imponibile di un soggetto passivo, il possesso di beni da parte di quest’ultimo, allorché tali beni hanno dato diritto ad una detrazione dell’IVA al momento del loro acquisto, può essere assimilato ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso e soggetta all’IVA, se il periodo di rettifica previsto dall’articolo 187 della direttiva IVA è scaduto.

Sulle spese

  1. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M.

L’articolo 18, lettera c), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2009/162/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009, deve essere interpretato nel senso che, in caso di cessazione dell’attività economica imponibile di un soggetto passivo, il possesso di beni da parte di quest’ultimo, allorché tali beni hanno dato diritto ad una detrazione dell’imposta sul valore aggiunto al momento del loro acquisto, può essere assimilato ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso e soggetta all’imposta sul valore aggiunto, se il periodo di rettifica previsto dall’articolo 187 della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2009/162, è scaduto.

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