CASSAZIONE

Anche la rinuncia all’usufrutto va tassata

Tributi – Imposte ipotecarie e catastali – Rinuncia al diritto di usufrutto – Effetto – Arricchimento del nudo proprietario – Equivalenza ad atto di trasferimento del diritto – Assoggettamento alle imposte

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2252 del 28 gennaio 2019 si è espressa in tema di imposte catastali e di registro, nel caso in cui vi sia una espressa rinuncia abdicativa (senza corrispettivo) all’usufrutto, affermando che anche il semplice atto di rinuncia è soggetto all’applicazione delle imposte ipotecaria e catastale, in misura proporzionale. Gli Ermellini, dunque, hanno affermato che ai fini fiscali la rinuncia a un diritto reale di godimento è equiparabile a un trasferimento in quanto, comportando un arricchimento per un terzo soggetto, la stessa è soggetto a imposta.

Ricordiamo che la rinuncia in senso stretto è il negozio consistente nella dismissione di un diritto dal patrimonio del rinunciante. Si tratta di una causa tipica ma non riconducibile alla distinzione fra causa onerosa e causa gratuita: l’acquisto del diritto dismesso dal rinunciante a vantaggio del terzo, pur basato sulla medesima causa giuridica della rinunzia, costituisce un effetto legale e non immediato del negozio. Per questo motivo la rinuncia non può essere considerata di per sé una liberalità indiretta, considerando anche che l’art. 1, n. 2, D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (Imposta sui trasferimenti a titolo gratuito), considera soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, anche la costituzione di diritti reali di godimento, la rinunzia a diritti reali o di credito e la costituzione di rendite e pensioni.

Alla rinuncia gratuita, pertanto, in quanto caratterizzata dalla volontà di procurare un beneficio a un altro soggetto senza corrispettivo, si applicano l’imposta propria dei trasferimenti per successione e donazione o a titolo gratuito e le imposte ipotecaria e catastale ordinarie (cfr. risoluzione 16 febbraio 2007, n. 25/E; circolare 27 marzo 2008, n. 28/E, paragr. 4).

Infine, c’è da rammentare che l’equiparazione di un atto di rinuncia abdicativo a titolo gratuito agli atti di trasferimento di diritti reali di godimento, è pressoché pacifico nella giurisprudenza della Cassazione, in virtù dell’effetto di arricchimento del beneficiario conseguente alla rinuncia del diritto da parte del suo titolare (cfr. sentenze 16495 e 24512 del 2005).

Infatti, la rinuncia al diritto da parte dell’usufruttuario in favore del titolare della nuda proprietà, determinando la ricostituzione della piena proprietà dell’immobile precedentemente gravato dal diritto di usufrutto, è assimilabile a un atto di trasferimento di un diritto di godimento.

L’imposta sulle successioni e donazioni si applica a tutti i trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito, nonché alla costituzione di vincoli di destinazione; tutti gli atti di trasferimento di diritti a titolo gratuito sono, perciò, attratti nel campo applicativo dell’imposta, anche in assenza di uno specifico animus donandi.

Al riguardo va anche ricordato che recentemente con, la pronunzia n. 27480/2016, la Corte aveva affermato che: “… 1) l’art. 1 della parte prima della tariffa allegata al DPR n. 131/1986 prevede che siano assoggettati ad imposta proporzionale di registro gli atti traslativi o costitutivi di diritti immobiliari di godimento, ‘compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi’;

2) anche ‘la rinuncia all’usufrutto rientra a pieno titolo tra questi ultimi atti, essendo l’usufrutto un tipico diritto reale di godimento’;

3) ‘il venir meno della cosiddetta imposta di consolidazione, alla luce delle comuni regole deducibili dall’ordinamento tributario, ha comportato l’assenza di imposizione ove il consolidamento derivi da un fatto (morte dell’usufruttuario, scadenza del termine), ma non ove il trasferimento derivi da un atto negoziale, cioè da uno specifico atto ben distinto dall’atto di separazione della proprietà dall’usufrutto’;

4) che ‘non vi sarebbe alcun logico motivo per assoggettare ad imposta la cessione dell’usufrutto di cui all’art. 980 c.c. e non la rinuncia negoziale al diritto stesso, che arreca al nudo proprietario un arricchimento identico a quello conseguito da chi riceve l’usufrutto’ (Cass. n. 24512/2005; confr., in motivazione, n. 6398/2006; n. 10979/2007; n. 7417/2003)”.

Nel caso esaminato, a seguito di una rinuncia all’usufrutto eseguita con atto pubblico, l’ufficio finanziario notificava al notaio rogante, in qualità di responsabile in solido con le parti, avviso di liquidazione con il quale recuperava l’imposta proporzionale ritenuta dovuta.

Il contribuente presentava ricorso avverso l’atto impositivo, il quale veniva accolto dalla CTP. La decisione veniva confermata dalla CTR la quale, rigettando l’appello dell’Agenzia, qualificava la rinuncia in questione come atto abdicativo che comporta l’estinzione del diritto e non il suo trasferimento dove, conseguentemente, nessuna maggior imposta era dovuta.

L’Ufficio impugnava tale decisione, evidenziando come la pretesa erariale fosse corretta e fondata, in quanto dalla rinuncia derivava comunque un arricchimento per il nudo proprietario e pertanto la stessa era equiparabile ad un trasferimento, scontando le imposte ipotecarie e catastali.

Tesi, questa, confermata dai giudici di piazza Cavour che hanno infine disposto che: “…la questione posta con il ricorso, che impone la qualificazione della rinuncia al diritto reale con specifico riferimento alle norme dettate in materia fiscale, trova soluzione nella giurisprudenza di questa Corte, posto che l’art. 1 della parte prima della tariffa allegata al DPR n. 131/1986, espressamente richiamata dal TUIC, prevede che siano assoggettati ad imposta proporzionale di registro gli atti traslativi o costitutivi di diritti immobiliari di godimento, “compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi” (Cass. n. 27480/2016; n. 24512/2005; confr., in motivazione, n. 10979/2007, n. 6398/2006; n. 7417/2003). Ai fini fiscali, pertanto, la rinuncia ai diritti reali si considera alla stregua di un trasferimento, in quanto generativa di un arricchimento nella sfera giuridica altrui, come tale soggetta a imposta ipocatastale. La indicata giurisprudenza, applicabile alla fattispecie in esame stante l’espresso richiamo alle norme sull’imposta di registro, ha affermato che anche “la rinuncia all’usufrutto rientra a pieno titolo tra questi ultimi atti, essendo l’usufrutto un tipico diritto reale di godimento”, per cui “il venir meno della cosiddetta imposta di consolidazione, alla luce delle comuni regole deducibili dall’ordinamento tributario, ha comportato l’assenza di imposizione ove il consolidamento derivi da un fatto (morte dell’usufruttuario, scadenza del termine), ma non ove il trasferimento derivi da un atto negoziale, cioè da uno specifico atto ben distinto dall’atto di separazione della proprietà dall’usufrutto”. “Non vi sarebbe alcun logico motivo per assoggettare ad imposta la cessione dell’usufrutto di cui all’art. 980 c.c. e non la rinuncia negoziale al diritto stesso, che arreca al nudo proprietario un arricchimento identico a quello conseguito da chi riceve l’usufrutto”.

Tale interpretazione è peraltro conforme alla prassi amministrativa (v. circolare 28/2008), cui il notaio rogante è vincolato, che in merito agli atti a titolo gratuito ha specificato “che tra gli atti a titolo gratuito sono ricompresi tutti i trasferimenti di beni e diritti privi dell’animus donandi, ossia della volontà del donante di arricchire il donatario con contestuale suo impoverimento. Rientrano, ad esempio, nella categoria degli atti a titolo gratuito gli atti costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi, qualora la causa dei tali atti non sia costituita da una controprestazione economicamente rilevante”. Con la risoluzione n. 25 del 16 febbraio 2007 l’Agenzia delle entrate aveva già precisato che l’atto di rinuncia a titolo gratuito del diritto di usufrutto in favore del nudo proprietario, configurando una forma di donazione indiretta, è soggetto all’imposta prevista dal D.lgs. 346/90, come reintrodotto dalla legge 286/06, di conversione del DI n. 262, nonché alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale”.

 

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 28 gennaio 2019, n. 2252

 

Sul ricorso 5391-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro M. A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA TERESA CROCE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2992/22/2017 della COMMISSIONE TRIBTUARIA REGIONALE di MILANO, depositata il 05/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/12/2018 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE.

Ritenuto che

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Lombardia, indicata in epigrafe, che su impugnazione di avviso di liquidazione per iscrizione ipotecaria anno 2015, relativo al recupero dell’imposta proporzionale nella misura del 2% ex art. 1 Tariffa all. d.lgs. 347/90, su contratto rogato dal notaio M. reg. il 2.2.2015 n. 1281, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. La CTR ha qualificato la rinuncia all’usufrutto atto abdicativo cui consegue l’estinzione del diritto e non il suo trasferimento.

  1. M. si è costituito con controricorso e ha depositato memoria.

Considerato che

Con l’unico motivo del ricorso si deduce violazione dell’art. 1, Tariffa all. d.lgs. 347/90 e degli artt. 2 e 10 dello stesso decreto, ex art. 360 n. 3 c.p.c., in quanto l’art. 2 comma 47 DL 262/2006 come mod. dalla L. 248/06 individua l’ambito di riferimento dell’imposta ai “trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione”. Derivando dalla rinuncia un arricchimento del nudo proprietario è evidente che tra l’atto di rinuncia e l’arricchimento esiste un nesso di causalità, per cui la rinuncia a una quota di usufrutto è riconducibile agli atti di trasferimento del diritto che scontano le imposte ipotecarie e catastali..

Il motivo è fondato.

Va premesso che l’art. 1 della tariffa allegata al Testo unico delle imposte ipotecarie e catastali (TUIC n. 347/90) recante “Indicazione della formalità. Trascrizioni diverse. Misura dell’imposta”, dispone che l’imposta ipocatastale si applica nella misura fissa per i trasferimenti soggetti all’imposta sul valore aggiunto, nonché per quelli di cui all’articolo 1, comma 1, quarto e quinto periodo, della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131; l’art. 2 comma 1 stabilisce altresì che L’imposta proporzionale dovuta sulle trascrizioni è commisurata alla base imponibile determinata ai fini dell’imposta di registro o dell’imposta sulle successioni e donazioni.

L’art. 2, comma 47 del D.L. n. 262 del 2006 conv. L. n. 286/2006 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria) dispone poi che: È istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54), in connessione con l’art. 1, comma 2 del D.Lgs. n. 346 del 1990 (Imposta sulle successioni e donazioni), prevedendo che la rinunzia a diritti reali costituisce presupposto per l’applicazione dell’imposta di donazione; secondo l’art. 1, Tariffa Parte 1, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 sull’imposta di registro, l’aliquota proporzionale si applica infatti alla ‘rinuncia pura e semplice a diritti reali immobiliari di godimento”.

Ciò premesso, la questione posta con il ricorso, che impone la qualificazione della rinuncia al diritto reale con specifico riferimento alle norme dettate in materia fiscale, trova soluzione nella giurisprudenza di questa Corte, posto che l’art. 1 della parte prima della tariffa allegata al DPR n. 131/1986, espressamente richiamata dal TUIC, prevede che siano assoggettati ad imposta proporzionale di registro gli atti traslativi o costitutivi di diritti immobiliari di godimento, “compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi” (Cass. n. 27480/2016; n. 24512/2005; confr., in motivazione, n. 10979/2007, n. 6398/2006; n. 7417/2003).

Ai fini fiscali, pertanto, la rinuncia ai diritti reali si considera alla stregua di un trasferimento, in quanto generativa di un arricchimento nella sfera giuridica altrui, come tale soggetta a imposta ipocatastale.

La indicata giurisprudenza, applicabile alla fattispecie in esame stante l’espresso richiamo alle norme sull’imposta di registro, ha affermato che anche “la rinuncia all’usufrutto rientra a pieno titolo tra questi ultimi atti, essendo l’usufrutto un tipico diritto reale di godimento”, per cui “il venir meno della cosiddetta imposta di consolidazione, alla luce delle comuni regole deducibili dall’ordinamento tributario, ha comportato l’assenza di imposizione ove il consolidamento derivi da un fatto (morte dell’usufruttuario, scadenza del termine), ma non ove il trasferimento derivi da un atto negoziale, cioè da uno specifico atto ben distinto dall’atto di separazione della proprietà dall’usufrutto”. “Non vi sarebbe alcun logico motivo per assoggettare ad imposta la cessione dell’usufrutto di cui all’art. 980 c.c. e non la rinuncia negoziale al diritto stesso, che arreca al nudo proprietario un arricchimento identico a quello conseguito da chi riceve l’usufrutto”.

Tale interpretazione è peraltro conforme alla prassi amministrativa (v. circolare 28/2008), cui il notaio rogante è vincolato, che in merito agli atti a titolo gratuito ha specificato “che tra gli atti a titolo gratuito sono ricompresi tutti i trasferimenti di beni e diritti privi dell’animus donandi, ossia della volontà del donante di arricchire il donatario con contestuale suo impoverimento. Rientrano, ad esempio, nella categoria degli atti a titolo gratuito gli atti costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi, qualora la causa dei tali atti non sia costituita da una controprestazione economicamente rilevante”. Con la risoluzione n. 25 del 16 febbraio 2007 l’Agenzia delle entrate aveva già precisato che l’atto di rinuncia a titolo gratuito del diritto di usufrutto in favore del nudo proprietario, configurando una forma di donazione indiretta, è soggetto all’imposta prevista dal D.lgs. 346/90, come reintrodotto dalla legge 286/06, di conversione del DI n. 262, nonché alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale.

La sentenza impugnata, pertanto, va cassata e potendo la causa essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, c.p.c., il ricorso introduttivo del contribuente va respinto. La particolarità della questione trattata, e l’assenza di un apprezzabile numero di precedenti specifici, inducono il Collegio a disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese dell’intero processo.

Roma, 6 dicembre 2018

 

 

 

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