Agevolazioni prima casa: vendita e riacquisto all’estero prima di cinque anni
La Nota II-bis in calce all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al TUR, prevede l’applicazione dell’imposta di registro del 2% per i trasferimenti e la costituzione di diritti reali di godimento relativi a case di abitazione, con
l’esclusione di quelle di categoria catastale A/1, A/8 e A/9. L’agevolazione fruita decade in caso di vendita prima che siano trascorsi cinque anni dalla data di acquisto, nel qual caso sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria e una sovrattassa del 30% delle stesse imposte: tali disposizioni non si applicano se, entro un anno dalla vendita dell’immobile acquistato con i benefici descritti, si acquista un altro immobile da adibire a propria abitazione principale. La circolare 31/E del 2010 ha chiarito che quest’ultima previsione è un’eccezione alla regola della decadenza dai benefici prima casa in caso di vendita prima di cinque anni, applicabile solo se l’immobile oggetto di riacquisto venga adibito ad abitazione principale. Proprio per assicurare il rispetto di tale condizione, anche nel caso di un immobile acquistato all’estero non si perde l’agevolazione, purché esistano strumenti di cooperazione amministrativa tali da verificare l’effettiva destinazione dell’immobile a dimora abituale.
Come dimostrare la dimora abituale
Un cittadino straniero, residente in Italia dal 2013 al 2020 e in seguito residente all’estero, comunica che intende vendere il proprio appartamento, comprato nel nostro Paese con i benefici fiscali prima casa, prima dei cinque anni previsti dalla normativa vigente, e che vuole riacquistare nel Paese estero dove risiede un’altra casa come abitazione principale entro un anno dalla vendita, evitando la decadenza dalle agevolazioni.
Dopo aver richiamato i contenuti della citata circolare 31/2010 riguardanti la possibilità di mantenere i benefici fiscali fruiti in presenza di idonei strumenti di cooperazione amministrativa, chiede all’Amministrazione finanziaria se esiste una procedura che permetta all’Agenzia delle entrate di ricevere la copia del rogito notarile di acquisto del nuovo immobile all’estero e un’autocertificazione di residenza principale nello stesso, prima che gli arrivi la notifica di un avviso di liquidazione per la perdita dello sconto fiscale. Dopo aver prospettato la possibilità di dimostrare la dimora abituale, in caso di non validità dell’autocertificazione, tramite la presentazione di una fattura riferita alle utenze, chiede di conoscere quali siano i documenti atti a dimostrare la dimora abituale nel nuovo appartamento, a quale ufficio e con quale mezzo devono essere spediti.
La Convenzione di Strasburgo
Le indicazioni richieste sono contenute nella risposta n. 126/2021, nella quale si legge che l’esistenza dei requisiti richiesti per non perdere l’agevolazione goduta può essere dimostrata presentando la documentazione di seguito indicata all’ufficio delle Entrate competente, che comunque valuterà sia se procedere all’emissione dell’avviso liquidazione, sia se utilizzare gli strumenti di cooperazione amministrativa in vigore con lo Stato estero, come ad esempio la Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1988, riguardante la reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale tra i Paesi membri del Consiglio d’Europa e i quelli dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, l’Ocse, che vede l’Italia e o Stato estero in questione tra i firmatari. L’Agenzia ricorda, poi, che tale convenzione è stata ratificata in Italia con la legge 19/2005, modificata con il protocollo firmato il 27 maggio 2010, ratificato quindi con la legge 193/2011.
I documenti necessari
Ferma restando, in ogni caso, la valutazione del competente ufficio finanziario, riguardo alla documentazione necessaria potrebbero essere considerati validi sia la copia del rogito notarile di acquisto dell’abitazione ubicata all’estero, sia dei documenti attestanti la dimora abituale nell’immobile acquistato, come possono essere la fatture di fornitura di acqua, luce o gas intestate all’interpellante. Questi documenti dovranno essere legalizzati tramite apostille e tradotti in lingua italiana (come previsto dalla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961).
La documentazione potrà essere inviata tramite posta elettronica certificata (Pec) oppure a mezzo raccomandata A/R all’ufficio delle Entrate nel quale è stato registrato l’atto di acquisito dell’immobile acquistato in Italia. Nella conclusione della risposta 126 l’Agenzia precisa che l’invio di questi documenti non impedisce all’ufficio di espletare la ordinaria attività di accertamento, sia in relazione all’attività di liquidazione dell’imposta, sia rispetto alla valutazione della efficacia probatoria degli stessi.