DIGITALE

Agenda digitale e Anagrafe nazionale, l’Italia verso il futuro fra luci e ombre

L’Agenda Digitale Italiana (ADI) è stata istituita il primo marzo 2012 con decreto del Ministro dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la Pubblica amministrazione, il Ministro per la Coesione territoriale, il Ministro dell’Istruzione e il Ministro dell’Economia e delle finanze.

I dati di un’indagine effettuata dall’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano non sono positivi, ma non per un problema di fondi. Risulta, infatti, che dei 53 provvedimenti attuativi previsti per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale ne sono stati emessi 18: mancano, tra gli altri, quelli sull’archivio nazionale dei numeri civici e delle strade urbane, quello sui libri digitali nelle scuole e quello sulla misurazione e il rilevamento dei campi elettromagnetici, fondamentale per regolamentare la nuova generazione di antenne per la telefonia mobile in banda ultralarga. Tecnologie-Digitali.dmsolution copia

Non è un problema di fondi perché solo da parte dell’Unione europea nei prossimi sette anni sono a disposizione altri 1,7 miliardi di euro, importo già ragguardevole ma al quale andrebbero poi aggiunte altre risorse nazionali e private. Il ritardo, che in certi casi è di circa due anni, produce effetti deleteri in termini di competitività, come evidenzia il presidente di Confindustria Digitale, Elio Catania, che ha dichiarato: “Lo spread digitale tra la nostra e le altre economie europee ha raggiunto ormai i 25 miliardi di euro l’anno. Si tratta di mancati investimenti in innovazione che ancorano l’economia italiana ad assetti e processi obsoleti”.

Purtroppo risultiamo indietro in settori cruciali come l’e-commerce in cui ad esempio la Svezia, il Paese in testa alla classifica, ci sopravanza di 19 punti, e come l’e-government, dove il ritardo è del 17%, che è del 16% sulla disponibilità di servizi Internet; per quanto riguarda, poi, l’ICT, secondo l’analisi il nostro Paese “ha dimostrato una minore capacità di estrarre valore dalle tecnologie digitali, dovuta alla mancanza di investimenti complementari in organizzazione, processi, competenze e innovazione”, che hanno progressivamente creato un vero e proprio divario digitale con gli altri Stati europei. Mentre, infatti, l’economia digitale in media costituisce il 4,3% del Pil per diversi altri Paesi, per l’Italia rappresenta il 2,1% con ricadute negative sull’occupazione: un altro recente studio di Confindustria digitale rivela che nelle economie più avanzate il web ha creato in media 2,6 posti di lavoro per ogni posto perduto, con un rapporto che in Svezia è addirittura di 1 a 3,9. L’analisi presentata dal Politecnico di Milano evidenzia che il ritardo del digitale rispetto all’arretramento del Pil dal 1994 al 2012 in Italia, per ogni occupato ha perso 15 punti percentuali rispetto a Francia e Germania, 25 rispetto alla Gran Bretagna e 30 rispetto agli Stati Uniti: “Su questo risultato ha pesantemente influito una riduzione degli investimenti in ICT, passati da un valore sostanzialmente confrontabile alla quota sostenuta da Svizzera e Germania agli inizi degli anni ‘90 (il 12% del totale degli investimenti lordi in impieghi fissi non residenziali) fino a uno dei peggiori posizionamenti relativi di tutta Europa”.technology-webinar


Cosa c’è di positivo

Secondo l’Osservatorio Agenda Digitale e Confindustria Digitale sarebbe opportuno creare un Forum per monitorare l’attuazione della normativa e l’utilizzo dei fondi. Nel suo intervento il Presidente Catania, secondo il quale l’Agenzia ha gli strumenti per digitalizzare il Paese, ha consigliato anche un percorso più complesso, articolato in sette punti: un portale di Log-in nazionale, una piattaforma per i servizi della Scuola, il Fascicolo sanitario e la ricetta digitale, un sistema dei pagamenti, l’Anagrafe nazionale, il Sistema pubblico d’Identità digitale, l’interoperabilità Inps, Inail, Fisco. “E’ vero, se guardiamo lo stato degli iter istituzionali dei diversi settori dell’Agenda Digitale italiana siamo ancora indietro, in molti progetti mancano i decreti del governo, come quelli sui pagamenti digitali nel trasporto pubblico locale. In altri casi, come sul Fascicolo sanitario elettronico o la carta di identità elettronica, i decreti attuativi non sono mai stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, ma questo non vuol dire che si debba stare fermi. Si può, anzi, si deve andare avanti. Il Governo ha messo in campo una squadra competente e la forza politica per farlo. A partire dall’Agid, l’Agenzia per l’attuazione dell’Agenda Digitale, che deve dettare le regole per l’interoperabilità e la standardizzazione”.

Secondo Catania, se il Governo vuol dare un input alla vasta e complessa partita del rinnovamento della nostra Pubblica amministrazione, come più volte ha le dichiarato Matteo Renzi, le soluzioni esistono: “Non c’è bisogno di aspettare i decreti del Governo o i decreti attuativi per avviare i processi. Sul fascicolo sanitario, per esempio, il lavoro è già avviato grazie alle linee guida concordata da Agid con il ministero della Salute senza attendere il decreto attuativo”.

Basta partire dai risultati positivi delle prime cose realizzate, che fanno ben sperare sulla capacità della Pa di avviarsi sul percorso giusto. Intanto, è scattato l’obbligo di passare alla fatturazione elettronica per tutta la Pubblica amministrazione centrale e si è registrato l’80% delle operazioni andate a buon fine. Un altro risultato positivo, che ha preso il via nel gennaio 2013, riguarda l’iscrizione soltanto online alle scuole e alle università, mentre il processo civile telematico va avanti anche se il Ministero della Giustizia non ha mai emanato i decreti sull’utilizzo dell’ICT nei processi. La digitalizzazione si propone di ridurre al minimo – e in certi casi eliminare – i documenti cartacei, di garantire la massima trasparenza e leggibilità delle procedure burocratiche anche dall’esterno e di annullare i rischi di discrezionalità dei singoli uffici soprattutto nei tempistica di disbrigo delle pratiche.

Pa, si avvicina l’addio alla carta

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Intanto – altra notizia positiva – all’inizio dell’anno è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri che stabilisce tutte le modalità, valide anche per i privati, con cui creare un file con valore legale di certificato: i nuovi documenti dovranno essere file elettronici. L’obbligo di adottare per tutte le amministrazioni pubbliche il documento elettronico è previsto dal Codice per l’amministrazione digitale (Cad), che stabilisce come “gli atti formati dalle pubbliche amministrazioni con strumenti informatici, nonché i dati e i documenti informatici detenuti dalle stesse, costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare, su diversi o identici tipi di supporto, duplicazioni e copie per gli usi consentiti dalla legge”. Nelle disposizioni finali del Dpcm (“Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni”) si legge che “le pubbliche amministrazioni adeguano i propri sistemi di gestione informatica dei documenti entro e non oltre diciotto mesi dall’entrata in vigore del presente decreto. Fino al completamento di tale processo possono essere applicate le previgenti regole tecniche”.

L’anagrafe nazionale e il cittadino digitale

E proprio in questi giorni ha visto la luce uno dei sette punti indicati dal Presidente Catania.

E’ partita infatti in 27 Comuni, tra i quali Roma, Milano e Torino, la sperimentazione dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr), che ha come obiettivo un archivio unico in tutta Italia entro il 2016 e condurrà all’unificazione delle varie anagrafi locali, all’avvio del domicilio digitale e della famiglia anagrafica e, in pratica, alla nascita del “cittadino digitale”. Quando tutti i Comuni saranno entrati nel sistema le informazioni anagrafiche saranno complete, standardizzate e prive di duplicazioni. Come ha spiegato il Direttore dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi, inaugurando il progetto, la nuova anagrafe, che ha lo scopo di riunire in una sola banca dati le circa 8.000 oggi esistenti, porterà risparmi economici e una semplificazione e razionalizzazione delle banche dati, garantendo maggiore certezza dei dati anagrafici: “Una volta che tutti i Comuni saranno entrati nel sistema, le informazioni anagrafiche saranno complete, standardizzate e prive di duplicazioni. Ciò in quanto i dati su questi eventi arriveranno all’Anagrafe tributaria non più dalle singole anagrafi comunali, ma direttamente da quella nazionale”.archiviodigitale
Il primo esempio, afferma la Orlandi, è quello delle comunicazioni di nascita, che permettono di acquisire nell’Anagrafe Tributaria i dati dei neonati certificati dai Comuni: “Attualmente, grazie a questo dato, attribuiamo il codice fiscale, garantendo la qualità dei dati immessi, e inviamo direttamente a casa la tessera sanitaria, senza che il cittadino si rechi nei nostri uffici. Si tratta già di un ottimo servizio, ma l’auspicio è che, con il nuovo sistema, il flusso delle dichiarazioni di nascita, dalle strutture sanitarie ai Comuni competenti alla registrazione, sia ancora più rapido”.

Lo stesso dicasi per le comunicazioni di decesso. Ci saranno tempi più brevi anche per i cambi di residenza e ogni cittadino potrà approfittare del domicilio digitale, l’indirizzo di posta elettronica certificata che ha la possibilità di indicare come esclusivo mezzo di comunicazione con la Pubblica amministrazione. Attraverso l’Anpr l’Amministrazione finanziaria avrà a disposizione anche i dati relativi alla famiglia anagrafica, per “migliorare le politiche fiscali di sostegno al reddito familiare, ottimizzare le verifiche sulle capacità contributiva non più legata al singolo contribuente, ma anche a tutto l’ambito familiare; verificare la spettanza di detrazioni/deduzioni per i familiari a carico; verificare e garantire il regolare pagamento di tributi legati alla composizione della famiglia; migliorare la qualità dei dati forniti al Sistema Tessera Sanitaria, ai fini del controllo del diritto all’esenzione dal pagamento del ticket”.

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