Adempimento collaborativo, le novità dal 2024
Il regime di adempimento collaborativo, istituito con il D.lgs. 128/2015 – rubricato “Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente” – si pone come obiettivo un rapporto di fiducia tra amministrazione fiscale contribuente, da raggiungere tramite un dialogo effettivo e costruttivo, costante e preventivo con il contribuente su elementi di fatto, compresa l’anticipazione del controllo, finalizzata a una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali.
Si punta a implementare lo scambio di informazioni, in grado di ridurre i controlli e il contenzioso, oltre al numero di grandi società coinvolte.
La cooperative compliance
Al regime, che prevede l’adesione volontaria per gli anni 2022, 2023 e 2024, hanno accesso le imprese di grandi dimensioni in possesso di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale (TFC, Tax Control Framework) e dei seguenti requisiti dimensionali: soggetti residenti e non residenti (con stabile organizzazione in Italia), con un volume d’affari o di ricavi non inferiore (finora) a 1 miliardo di euro e che abbiano presentato istanza di adesione al progetto pilota sul regime di compliance; le imprese che intendono dare esecuzione alla risposta dell’Agenzia delle entrate all’istanza di interpello sui nuovi investimenti (art. 2, D.lgs. 147/2015), indipendentemente dal volume di affari o di ricavi, se è in possesso di tutti gli altri requisiti previsti dalla normativa; i soggetti che fanno parte del gruppo IVA di imprese già ammesse al regime (Dl 119/2018), indipendentemente dal volume di affari o di ricavi.
Tra gli aspetti premiali dell’adesione: la procedura abbreviata di interpello preventivo nell’ambito della quale l’Agenzia delle entrate si impegna a rispondere ai quesiti delle imprese entro 45 giorni dal ricevimento dell’istanza o della eventuale documentazione integrativa richiesta; l’applicazione di sanzioni ridotte alla metà, e comunque in misura non superiore al minimo, con sospensione della riscossione fino alla definitività dell’accertamento, per i rischi comunicati in modo tempestivo ed esauriente, nei casi in cui l’Agenzia non condivida la posizione dell’impresa; l’esonero dalla presentazione di garanzie per i rimborsi delle imposte dirette e indirette per il periodo di permanenza nel regime.
Cosa cambia
Le novità e le nuove regole sono contenute nel D.lgs 221/2023, di attuazione della riforma fiscale, adottato in via definitiva lo scorso 28 dicembre e operativo dal 18 gennaio 2024.
In sintesi, si riduce il periodo di accertamento per i confronti dei contribuenti, si riduce il limite del volume d’affari o ricavi e sono escluse le sanzioni amministrative per i soggetti che comunicheranno tempestivamente all’Agenzia delle Entrate i rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni o che siano trascorse le scadenze fiscali.
Intanto cambia il criterio di accesso, che vede scendere la soglia di accesso del fatturato annuo da 1 miliardo di euro a 750 milioni, che a far data dal 2026 scenderà a 500 milioni e dal 2028 a 100 milioni: oltre a ciò, non sarà più necessario che ciascuna società di un gruppo raggiunga il fatturato previsto, basterà che la soglia indicata venga raggiunta da una società e ne beneficeranno tutte quelle appartenenti al consolidato fiscale. E’ previsto, poi, l’obbligo di certificazione di un professionista indipendente – in possesso di una specifica professionalità e iscritto all’Albo degli avvocati o dei dottori commercialisti ed esperti contabili – del sistema di controllo interno del rischio fiscale (TCF), certificazione che, d’altra parte, abbrevierà fino a 2 anni i tempi di accertamento: al riguardo bisognerà attendere le nuove regole attuative per la predisposizione del TCF, da emanare con un provvedimento del Direttore delle Entrate.