CASSAZIONE

Accertamento sintetico nullo senza argomentarne la fondatezza

La Corte di Cassazione, con le sentenze n. 10255 e n. 10257, entrambe del 26 aprile 2017, esaminano la vicenda di un contribuente che si è difeso nei gradi di merito da un accertamento sintetico con svariate eccezioni e con diversi argomenti probatori. Ci soffermiamo per brevità delle argomentazioni, trattandosi di pronunzie gemelle, solo sulla sentenza n. 10257 ricordando che la normativa in materia di accertamento del reddito mediante metodo sintetico, qualora l’Amministrazione finanziaria abbia determinato il reddito del contribuente in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali (con imputazione per “quinti” o anche soltanto nell’anno di sostenimento, ai sensi del nuovo art. 38, comma 4, DPR n. 600/1973, come sostituito dall’art. 22, Dl n. 78/2010), la prova documentale contraria ammessa per il contribuente non attiene solo alla disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (ex art. 38, comma 6, del predetto testo normativo), ma anche al collegamento stretto tra tale disponibilità e la spesa stessa. (Cass. 6813/09, 4138/13, 2010/14, 3111/14, 25104/14 e, più recentemente, Cass. 1638 del 28 gennaio 2016.)

Tanto premesso, e ricordando che l’assolvimento di tale onere probatorio (anche attraverso presunzioni, purché gravi, precise e concordanti) può essere ribaltato dall’Ufficio solo attraverso la dimostrazione che quei redditi cui fa riferimento il contribuente siano stati utilizzati in altro modo. L’accertamento sintetico mette a confronto la capacità di spesa del contribuente e i redditi dichiarati al Fisco, fornendo una prima stima del reddito attribuibile alla persona fisica attraverso l’attenta valutazione di alcuni elementi indicativi della capacità contributiva del soggetto. La metodologia consiste nel confronto tra i diversi elementi di manifestazione di spesa del contribuente.

A questo punto, se emergono incongruenze rilevanti scattano i controlli. L’Amministrazione finanziaria tenta di ricostruire la base imponibile nel suo complesso (in via unitaria, a prescindere dai singoli redditi che lo compongono) basandosi sulle spese di qualsiasi genere sostenute dal contribuente, rapportate al livello di reddito dichiarato per il medesimo periodo di imposta.

E’ obbligatorio, in questo caso, procedere in contraddittorio col contribuente affinché questo abbia modo di dimostrare la liceità della maggiore disponibilità monetaria rilevata. La caratteristica particolare di tale metodo sta nella possibilità di determinare il reddito complessivo non basandosi sulle singole e specifiche fonti produttive, ma assoggettando a tassazione anche redditi di fonte sconosciuta.

Dopo aver acquisito la certezza della spesa, la successiva operazione logica sarà l’accertamento della sua quantità: questa operazione è di fondamentale importanza, in quanto permetterà di determinare il reddito complessivamente attribuibile al contribuente.

Tornando al caso di specie, la Corte di Cassazione rileva che la Commissione Tributaria Regionale ha rigettato l’appello del contribuente sulla base di una motivazione apparente che si esaurisce in proposizioni piuttosto dimostrative e tautologiche, prive perciò di un reale contenuto argomentativo basato su dati precisi derivanti da controlli eseguiti, che devono ritenersi valide fonti di prova non smentite dalla argomentazioni esposte dal contribuente.

In altre parole, ritengono gli Ermellini che nel giudizio i giudici tributari abbiano sbagliato nel ritenere che “l’accertamento si fonda su dati certi ed incontrovertibili, mentre le motivazioni addotte a sostegno dell’appello devono ritenersi prive di fondamento e di elementi probatori a sostegno”. Anzi, i supremi giudici concludono sul punto come segue: “La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello del contribuente sulla base di una motivazione apparente che si esaurisce in proposizioni apodittiche e tautologiche, prive di reale contenuto argomentativo (quali: “l’accertamento è supportato da dati precisi e controlli eseguiti che devono ritenersi valide fonti di prova non smentite dalla argomentazioni esposte dal contribuente”; “l’accertamento si fonda su dati certi ed incontrovertibili, mentre le motivazioni addotte a sostegno dell’appello devono ritenersi prive di fondamento e di elementi probatori a sostegno”). In tal modo la Commissione tributaria regionale si è sottratta all’obbligo di dare risposta alle specifiche e concrete censure svolte nell’atto di gravame con il quale il contribuente ha partitamente esposto, precisandone l’ammontare, le specifiche fonti reddituali ( producendo la relativa documentazione) con le quale intendeva assolvere l’onere probatorio di dimostrare la disponibilità di una provvista finanziaria sufficiente a giustificare il maggior reddito desunto dall’Ufficio sulla base delle spese per incrementi patrimoniali e del possesso di beni indice di capacità contributiva. Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art.360 comma primo n. 5 cod.proc.civ, nella parte in cui non ha considerato che, attraverso la produzione in appello dello stato di famiglia, il contribuente aveva dimostrato la propria appartenenza al nucleo familiare, con conseguente disponibilità dei proventi finanziari derivanti dalle cessioni immobiliari effettuate da altri componenti del nucleo familiare. Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 comma sesto d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 e artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 cod. proc. civ. poiché in presenza di soggetti appartenenti al nucleo familiari, come nel caso di specie, il giudice è tenuto a valutare la fondatezza dell’accertamento sintetico tenendo conto di tutte le risorse del nucleo familiare”.

 

CORTE DI CASSAZIONE Sentenza n. 10257 del 26 aprile 2017

Ritenuto in fatto

L’Agenzia delle Entrate notificava a M.S. un avviso di accertamento per l’anno di imposta 1998, con il quale, a norma dell’art.38 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, determinava sinteticamente un reddito imponibile ai fini Irpef di lire 126.493.750 a fronte di un reddito dichiarato di lire 7.255.000. Il maggior reddito veniva accertato sulla base dei seguenti elementi indicativi di capacita contributiva: incrementi patrimoniali per acquisto di immobili pari a lire 1.234.802.790, detratte le somme di lire 250.000.000, provento di mutuo, e lire 525.840.000 derivante dalla cessione di immobili precedentemente posseduti; una ulteriore quota di reddito era desunta dalla titolarità di una polizza relativa a contratto di assicurazione sulla vita. Contro l’avviso di accertamento M.S. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Frosinone che lo rigettava con sentenza n.294 del 2006. Il contribuente proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo rigettava con sentenza n.270 del 8.4.2009. Contro la sentenza di appello M.R. ricorre per dodici motivi. L’Agenzia delle Entrate si è costituita tardivamente al fine della eventuale partecipazione all’udienza.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.

1.Contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 5 cod.proc.civ., nella parte in cui la sentenza ha individuato un duplice presupposto alternativo all’accertamento, costituito da un lato dai proventi derivanti da contratti di locazione e dall’altro dalla differenza tra somme versate per acquisti e somme ricevute per le vendite immobiliari, rendendo in tal modo non comprensibile a quale dei due presupposti sia riferibile il ragionamento del giudice. Il motivo è infondato. Il giudice di appello ha confermato la fondatezza dell’avviso di accertamento basato, in via preminente, sugli incrementi patrimoniali risultanti dalla differenza tra le maggiori spese sostenuto per acquisti immobiliari rispetto alle minori somme introitate per la cessione di immobili precedentemente posseduti; l’ulteriore specificazione ad opera del giudice di una fonte di maggior reddito determinato dall’ente impositore ( indicato nella percezione di canoni di locazione) costituisce motivazione ultronea, ma non contraddittoria nel senso denunciato dal ricorrente, posto che l’Ufficio è legittimato dall’art. 38 comma 5 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, vigente ratione temporis, a ritenere la provenienza reddituale delle spese per incrementi patrimoniali, essendo invece onere del contribuente, che intenda fornire prova contraria al “redditometro”, dimostrare la provenienza, della maggiore disponibilità reddituale accertata, da specifici redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte.

2.Insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5 cod.proc.civ, nella parte in cui non ha esaminato il motivo di appello del contribuente che deduceva di disporre, tra l’altro, di una propria provvista finanziaria personale composta da canoni di locazione di immobili regolarmente sottoposti a tassazione.

3.Insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art.360 comma primo n. 5 cod.proc.civ, nella parte in cui non ha esaminato il motivo di appello del contribuente che aveva dedotto di disporre di una provvista finanziaria aggiuntiva di lire 852.053.055, derivante da redditi da fabbricato regolarmente tassati, redditi di lavoro dipendente, restituzione di finanziamento infruttifero effettuato in favore della società di famiglia, disinvestimenti finanziari e disinvestimenti immobiliari, idonei a giustificare interamente l’accertamento induttivo di maggio reddito operato dall’Ufficio.

Il secondo ed il terzo motivo, da esaminare congiuntamente, sono fondati. La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello del contribuente sulla base di una motivazione apparente che si esaurisce in proposizioni apodittiche e tautologiche, prive di reale contenuto argomentativo (quali: “l’accertamento è supportato da dati precisi e controlli eseguiti che devono ritenersi valide fonti di prova non smentite dalla argomentazioni esposte dal contribuente”; “l’accertamento si fonda su dati certi ed incontrovertibili, mentre le motivazioni addotte a sostegno dell’appello devono ritenersi prive di fondamento e di elementi probatori a sostegno”),In tal modo la Commissione tributaria regionale si è sottratta all’obbligo di dare risposta alle specifiche e concrete censure svolte nell’atto di gravame con il quale il contribuente ha partitamente esposto, precisandone l’ammontare, le specifiche fonti reddituali ( producendo la relativa documentazione) con le quale intendeva assolvere l’onere probatorio di dimostrare la disponibilità di una provvista finanziaria sufficiente a giustificare il maggior reddito desunto dall’Ufficio sulla base delle spese per incrementi patrimoniali e del possesso di beni indice di capacità contributiva.

  1. Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art.360 comma primo n. 5 cod.proc.civ, nella parte in cui non ha considerato che, attraverso la produzione in appello dello stato di famiglia, il contribuente aveva dimostrato la propria appartenenza al nucleo familiare, con conseguente disponibilità dei proventi finanziari derivanti dalle cessioni immobiliari effettuate da altri componenti del nucleo familiare.

5.Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 comma sesto d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 e artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 cod.proc.civ. poiché in presenza di soggetti appartenenti al nucleo familiari, come nel caso di specie, il giudice è tenuto a valutare la fondatezza dell’accertamento sintetico tenendo conto di tutte le risorse del nucleo familiare.

Il quarto e quinto motivo, da esaminare congiuntamente, sono fondati. La Commissione tributaria regionale ho omesso ogni argomentazione in ordine al motivo di appello del contribuente che aveva dedotto di far parte del nucleo familiare dei genitori e di avere pertanto fruito anche delle disponibilità reddituali dei familiari.

  1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 comma quarto secondo periodo e art. 1 comma 1 d.m. 10.9.1992 e allegata Tabella, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 cod.proc.civ., quinto e sesto del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 cod.proc.civ. nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha ritenuto rilevante la titolarità di una polizza di assicurazione sulla vita, espressamente esclusa dall’art. 9 della tabella allegata al d.m. 10.9.1992 dai fatti indice di capacità contributiva.

Il motivo è inammissibile perché estraneo alla ratio decidendi. La sentenza non contiene alcuna teorizzazione della rilevanza della titolarità di polizze di assicurazione sulla vita quale elemento indicativo di capacità contributiva, in palese contrasto con il punto 9 della Tabella allegata al d.m. 10.9.1992 d.m. richiamato dall’art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600 previgente. E’ vero invece che il giudice di appello ha omesso di motivare sul punto relativo alla natura e rilevanza della polizza, incorrendo nel vizio censurato con il successivo motivo di ricorso.

  1. Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, a norma dell’art. 360 comma primo n. 5 cod.proc.civ., poiché non ha dato conto della ragioni per cui ha ritenuto rilevante ai fini dell’accertamento del maggior reddito la titolarità di una polizza di assicurazione sulla vita espressamente esclusa dall’art. 9 della Tabella allegata al d.m. 10.9.1992 dai fatti indice di capacità contributiva.

Il settimo motivo è fondato. La sentenza non contiene alcuna argomentazione in relazione alla deduzione dell’appellante secondo cui la polizza sottoscritta aveva natura di assicurazione sulla vita, perciò esclusa dagli indici presuntivi di maggior reddito ai sensi del d.m. 10.9.1992 richiamato dall’art.38 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600 vigente ratione temporis.

8.Nullità della sentenza per omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. (art. 360 comma primo n. 4 cod.proc.civ.) nella parte in cui ha omesso di pronunciarsi sulla irrilevanza della titolarità di una assicurazione sulla vita ai fini dell’accertamento del reddito mediante redditometro. Il motivo è infondato. Il giudice di appello non ha omesso di pronunciarsi sul punto, in violazione del disposto dell’art.112 cod.proc.civ., ma ha adottato una pronuncia affetta dal vizio di motivazione rilevato nell’esame del precedente motivo.

9.Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 commi 4 e 5 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600 e art.3 comma primo del d.m.10.9.1992, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 cod.proc.civ. nella parte in cui ha considerato rilevante nell’anno di imposta 1998 la spesa per la un contratto di assicurazione sulla vita stipulato nell’anno in data 31.3.2000 con decorrenza dal primo marzo 2000. Il motivo è assorbito dall’accoglimento del settimo motivo di censura relativo al rilevato vizio di omessa motivazione, esteso anche alla circostanza relativa alla dedotta irrilevanza della polizza stipulata il 31.3.2000 rispetto all’anno di imposta accertato (1998).

10.Nullità della sentenza per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360 comma primo n. 4 cod.proc.civ., nella parte in cui ha omesso di pronunciarsi sulla deduzione del contribuente circa la irrilevanza ai fini dell’accertamento sintetico del reddito nell’anno di imposta 1998, delle spese relativa ad una polizza di assicurazione sulla vita stipulata nell’anno 2000.

Il motivo è infondato. La sentenza si è pronunciata, ma con motivazione omessa, come rilevato nell’esame del settimo motivo di ricorso.

11.Insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, a norma dell’art. 360 comma primo n. 5 cod.proc.civ. nella parte in cui ha rigettato il gravame del contribuente che aveva dedotto la disponibilità di provviste da smobilizzi finanziari sufficienti per giustificare le spese relative, tra l’altro, alla spesa per la polizza assicurativa.

Il motivo è assorbito dall’accoglimento dei motivi da secondo a quinto.

12.Nullità della sentenza per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 4 cod.proc.civ. nella parte in cui ha omesso di pronunciarsi sulla censura del contribuente che aveva dedotto la disponibilità di provviste da smobilizzi finanziari sufficienti per giustificare le spese relative, in particolare, alla titolarità della polizza assicurativa. Il motivo è infondato. Il giudice di appello non è incorso nel vizio procedimentale di omessa pronuncia ai sensi dell’art.112 cod.proc.civ., ma si è pronunciato sul punto, adottando una motivazione apparente come rilevato nell’accoglimento del secondo e terzo motivo.

In accoglimento dei motivi secondo, terzo, quarto, quinto e settimo la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.

Le spese saranno regolate all’esito del giudizio di rinvio.

P.Q.M.

Accoglie i motivi secondo, terzo, quarto, quinto e settimo; dichiara assorbiti i motivi nono e undicesimo; rigetta i motivi primo, ottavo, decimo e dodicesimo; dichiara inammissibile il sesto motivo; cassa in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.

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