CASSAZIONE FISCALITA

Accertamento legittimato se la cassa è in rosso

Tributi – Reati tributari – Imposte dirette – IVA – Determinazione del reddito di impresa – Impresa individuale – Contenzioso tributario – Conto cassa negativo – Accertamento – Legittimità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7538 del 26 marzo 2020, intervenendo in tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa si è pronunciata in merito alla sussistenza di un saldo negativo di cassa che può influire sulla ricostruzione del reddito in modo induttivo e far presumere legittimamente l’esistenza di ricavi a nero e, quindi, non contabilizzati. Tali considerazioni valgono per tutte le attività, senza alcuna distinzione tra l’esercizio in forma societaria o individuale, considerato che – a prescindere dalla forma organizzativa utilizzata – sussiste una ingiustificata anomalia contabile che legittima la ripresa a tassazione. Con l’ordinanza in esame la Suprema Corte conferma un principio che, a ben vedere, altro non è che l’espressione e l’applicazione della logica, prima ancora che del diritto. La cassa negativa o “in rosso” è un avvenimento contabilmente e, verrebbe da dire, realisticamente impossibile. In altri termini, dal conto di cassa non vi possono essere più poste “in uscita” rispetto a quelle “in entrata” (i prelevamenti, evidentemente, non possono mai essere superiori alle entrate): il saldo della cassa può pertanto essere solamente positivo o pari allo zero, ma mai negativo (salvo errori formali di registrazione).

Viene così confermata, alla luce della costante giurisprudenza della Suprema Corte, l’equivalenza “saldo cassa in negativo = ricavi in nero”, poiché una chiusura di cassa con segno negativo oltre a rappresentare, sotto il profilo formale, un’anomalia contabile, denota sostanzialmente l’omessa contabilizzazione di un’attività almeno pari al disavanzo.

In tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa si è sostenuto che la sussistenza di un saldo negativo di cassa implica che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati e, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati.
La dottrina ragionieristica e la giurisprudenza di legittimità hanno chiarito che, siccome la chiusura “in rosso” di un conto di cassa significa, senza possibilità di dubbio, che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, non si può fare a meno di ravvisare, senza alcuna forzatura logica, l’esistenza di altri ricavi non registrati in misura almeno pari al disavanzo.

La Corte di Cassazione ha infatti richiamato alcune importanti pronunce, come la n. 11988/2011, nella quale si affermava che: “… In tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa ai fini Irpeg e Iva, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, la sussistenza di un saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo”. Ancora, nelle pronunce n. 27585/2008 e n. 24509/2009 è possibile infatti riscontrare alcuni degli elementi portanti dell’attuale giudizio e della vigente giurisprudenza, nella quale la Cassazione ha voluto sempre affermare che il conto cassa può rilevare ai fini dell’accertamento in rettifica,quale “documento relativo all’impresa” (cfr. anche Cass. n. 6166/2001) ed è senza dubbio “legittima l’utilizzazione, da parte

dell’erario, dei movimenti bancari” ai fini dell’accertamento della base imponibile (cfr. anche Cass. n. 446/2013 espressasi relativamente all’imposta sul valore aggiunto).
Tanto premesso, e tornando al caso in esame, la vicenda trae origine da un accertamento di tipo induttivo con il quale venivano contestati maggiori ricavi, non fatturati né dichiarati, in presenza di un saldo di cassa ininterrottamente negativo per numerosi periodi. A seguito di impugnazione da parte del contribuente il Giudice di primo grado riteneva i saldi negativi non suscettibili di fondare una presunzione di maggiori ricavi non dichiarati. La decisione inoltre veniva poi in parte riformata in secondo grado dalla CTR, rilevando che l’imprenditore individuale, per tutelare il normale funzionamento dell’impresa, era costretto a effettuare anticipazioni di denaro che contabilmente erano registrate solo come meri versamenti e prelevamenti di cassa e, come riportano i giudici tributari regionali, “… Le eccezioni sollevate dall’Agenzia delle Entrate, fanno riferimento a movimentazioni di conto cassa effettuati nell’ambito della gestione di una società di capitali, certamente diversa rispetto alla gestione di una ditta individuale, come nel caso di specie ove i versamenti e prelevamenti, sono giustificati dalla tipologia dell’attività esercitata, pertanto tenuto conto che il contribuente, frequentemente per assicurare il normale funzionamento dell’attività è certamente costretto ad effettuare anticipazioni sulle vincite delle lotterie che gestisce e poi successivamente riversarle sul conto al momento della restituzione da parte dell’Ente, si ritiene ridurre per questi motivi il reddito accertato induttivamente del 30%”.

L’Amministrazione finanziaria ricorreva per cassazione con due motivi, evidenziando essenzialmente la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 del DPR n. 600 del 1973 e 55 del DPR n. 633 del 1972, in quanto la CTR avrebbe ritenuto non applicabile all’impresa individuale, ma solo con riferimento alla società di capitali, il principio per il quale la sussistenza di un non giustificato saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo.

Tale tesi è stata confermata dalla Suprema Corte, che vuole peraltro sottolineare come tale principio, peraltro, può considerarsi ormai ius receptum e che: “… Circa il motivo n. 1 del ricorso principale, rileva il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, per il quale, in tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa, la sussistenza di un ingiustificato saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo (ex plurimis: Cass. sez. 5, 25/10/2017, n. 25289, Rv. 645982-01; Cass. sez. 5, 31/05/2011, n. 11988, Rv. 617300-01; Cass. sez. 5, 20/11/2009, n. 24509, in motivazione; Cass. sez. 5, 20/11/2008, n. 27585, Rv. 605673-01). È appena il caso di aggiungere, proprio circa la fattispecie concreta, che il principio di cui innanzi (differentemente da quanto ritenuto dalla CTR) non incontra eccezioni con riferimento alle attività esercitate in forma individuale, trovando fondamento in principio ragionieristico per il quale la chiusura «in rosso» di un conto di cassa significa, senza possibilità di dubbio, che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati. Fondati sono anche il motivo n. 2 del ricorso principale ed il motivo unico del ricorso incidentale con i quali, sostanzialmente, si prospettano vizi di insufficienza motivazionale laddove la CTR ha ritenuto i versamenti ed i prelevamenti giustificati dalla tipologia dell’attività esercitata. La Commissione, in particolare, ha ridotto «il reddito accertato induttivamente del 30% …» « …tenuto conto dalla circostanza per la quale il contribuente frequentemente per assicurare il normale funzionamento dell’attività è certamente costretto ad effettuare anticipazioni sulle vincite delle lotterie che gestisce e poi successivamente riversarle sul conto al momento della restituzione da parte dell’Ente». Dall’apparato motivazionale di cui innanzi, difatti, non emerge l’iter logico-giuridico in ragione del quale la CTR avrebbe ritenuto, nella specifica fattispecie, giustificati i reiterati saldi negativi di cassa, in forza dell’attività di gestione di lotto ed enalotto, e non emergono le prove che, in luogo di mere congetture, fonderebbero l’accertamento dei detti prelevamenti in relazione alle citate finalità oltre che l’entità percentuale del reddito accertato induttivamente (individuata dalla CTR in ragione del 30%)”.

Corte di Cassazione Ordinanza 26 marzo 2020, n. 7538

Sul ricorso iscritto al n. 6397/2013 R.G. proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;
– ricorrente –

contro F. F., nato a Rieti 11 agosto 1961, rappresentato e difeso dall’Avv. Luca Conti, con domicilio eletto presso l’Avv. Stefano Cruciani, con studio in Roma in Via Candia n. 121;
– controricorrente nonché ricorrente in via incidentale –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 162/35/2012, pronunciata 1’11 luglio 2012 e depositata il 24 luglio 2012;

udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 29 gennaio 2020 dal Consigliere Fabio Antezza;

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrare («A.E.») ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di parziale rigetto dell’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza n. 174/02/2010 emessa dalla CTP di Rieti all’esito dell’impugnazione di avviso di accertamento per imposte dirette ed IVA con riferimento all’esercizio 2005.

2. Per quanto ancora rileva nel presente giudizio, il recupero a tassazione di cui al provvedimento impositivo impugnato fondava sull’accertamento di maggiori ricavi ritenuti non fatturati né dichiarati.
Nel corso dell’anno di riferimento, difatti, il conto cassa (partito in positivo) per numerosi periodi presentò un saldo di fine giornata negativo. La mancata fatturazione di operazioni imponibili di importo pari al saldo negativo fu altresì avvalorata anche dall’analisi dei conti «Titolare c/ prelevamenti» e conti «Titolare c/ versamenti».

3. La sentenza di primo grado, che ritenne i saldi negativi di cassa non suscettibili di essere considerati ricavi non dichiarati, fu in parte riformata dalla CTR.
4. La Commissione regionale, in particolare, ritenne nella specie applicabile il principio, già sancito dalla giurisprudenza di legittimità, per il quale, la sussistenza di un saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo. Essa però precisò letteralmente quanto segue. «… Le eccezioni sollevate dall’Agenzia delle Entrate, fanno riferimento a movimentazioni di conto cassa effettuati nell’ambito della gestione di una società di capitali, certamente diversa rispetto alla gestione di una ditta individuale, come nel caso di specie ove i versamenti e prelevamenti, sono giustificati dalla tipologia dell’attività esercitata, pertanto tenuto conto che il contribuente, frequentemente per assicurare il normale funzionamento dell’attività è certamente costretto ad effettuare anticipazioni sulle vincite delle lotterie che gestisce e poi successivamente riversarle sul conto al momento della restituzione da parte dell’Ente, si ritiene ridurre per questi motivi il reddito accertato induttivamente del 30%».

5. Contro la sentenza d’appello l’A.E. ricorre con due motivi ed il contribuente si difende con controricorso (con il quale prospetta anche taluni profili di inammissibilità dei motivi del ricorso principale), proponendo ricorso incidentale fondato su un motivo (sostenuto da memoria, con la quale argomenta anche in merito alle doglianze mosse dall’Amministrazione).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso principale merita accoglimento, con assorbimento del ricorso incidentale.
2. I due motivi del ricorso principale ed il motivo unico del ricorso principale sono suscettibili di trattazione congiunta, in ragione della connessione delle questioni inerenti i relativi oggetti.
2.1. Con il motivo n. 1 del ricorso principale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. si deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto la CTR avrebbe ritenuto non applicabile all’impresa individuale, ma solo con riferimento alla società di capitali, il principio per il quale la sussistenza di un non giustificato saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo. Con il

motivo n. 2 del ricorso principale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (nella sua formulazione, ratione temporis applicabile, antecedente alla sostituzione ad opera del d.l. n. 83 del 2012), si deduce l’insufficienza motivazionale in ordine alla determinazione della riduzione del reddito accertato induttivamente in ragione del 30%. Specularmente, con il motivo unico del ricorso incidentale proposto dal contribuente, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., si deduce l’insufficienza motivazionale in ordine alla determinazione della riduzione del reddito accertato induttivamente in ragione solo del 30%.

2.2. Il ricorso principale, i cui motivi sono ammissibili nei termini di cui innanzi (differentemente da quanto prospettato dal controricorrente), ed il ricorso incidentale sono fondati.
2.2.1. Circa il motivo n. 1 del ricorso principale, rileva il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, per il quale, in tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa, la sussistenza di un ingiustificato saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo (ex plurimis: Cass. sez. 5, 25/10/2017, n. 25289, Rv. 645982-01; Cass. sez. 5, 31/05/2011, n. 11988, Rv. 617300-01; Cass. sez. 5, 20/11/2009, n. 24509, in motivazione; Cass. sez. 5, 20/11/2008, n. 27585, Rv. 605673-01).

2.2.2. È appena il caso di aggiungere, proprio circa la fattispecie concreta, che il principio di cui innanzi (differentemente da quanto ritenuto dalla CTR) non incontra eccezioni con riferimento alle attività esercitate in forma individuale, trovando fondamento in principio ragionieristico per il quale la chiusura «in rosso» di un conto di cassa significa, senza possibilità di dubbio, che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati.

2.3. Fondati sono anche il motivo n. 2 del ricorso principale ed il motivo unico del ricorso incidentale con i quali, sostanzialmente, si prospettano vizi di insufficienza motivazionale laddove la CTR ha ritenuto i versamenti ed i prelevamenti giustificati dalla tipologia dell’attività esercitata.
La Commissione, in particolare, ha ridotto «il reddito accertato induttivamente del 30% …» « …tenuto conto dalla circostanza per la quale il contribuente frequentemente per assicurare il normale funzionamento dell’attività è certamente costretto ad effettuare anticipazioni sulle vincite delle lotterie che gestisce e poi successivamente riversarle sul conto al momento della restituzione da parte dell’Ente». Dall’apparato motivazionale di cui innanzi, difatti, non emerge l’iter logico-giuridico in ragione del quale la CTR avrebbe ritenuto, nella specifica fattispecie, giustificati i reiterati saldi negativi di cassa, in forza dell’attività di gestione di lotto ed enalotto, e non emergono le prove che, in luogo di mere congetture, fonderebbero l’accertamento dei detti prelevamenti in relazione alle citate finalità oltre che l’entità percentuale del reddito accertato induttivamente (individuata dalla CTR in ragione del 30%).

3. In conclusione, accolti i ricorsi principale ed incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie i ricorsi principale ed incidentale, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020

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