FISCALITA FOCUS

ABUSO DEL DIRITTO ED ELUSIONE FISCALE

27 giugno 2016

E’ fuori discussione che il titolare di una posizione giuridica soggettiva è sempre libero di attivare o meno la propria iniziativa perché si tratta di una libertà tutelata dall’ordinamento. Ma tale libertà ha subito nei decenni scorsi una rilettura in chiave di valorizzazione degli obblighi di solidarietà sociale e di civile convivenza, da cui sorge il c.d. abuso del diritto. Una formulazione che ha suscitato in dottrina non pochi dibattiti, per l’avvertita necessità di rendere possibile la convivenza tra” libertà” ed “abuso”, quest’ultimo considerato un limite esterno alla libertà ed è uno strumento proprio della giurisprudenza per dare “coerenza esterna al sistema nel suo complesso. L’abuso del diritto, in ultima analisi, si presenta strettamente correlato ai principi di buona fede e di correttezza,

In realtà, l’esigenza di definire i contorni del diritto, perché il suo utilizzo non divenisse contrario ai principi dell’ordinamento, era da secoli avvertita (Platone nel “Politico” e Aristotele nell’“Etica Nicomachea”) ma il concetto di abuso del diritto in termini strettamente giuridici non è mai entrato in modo evidente e marcato nel nostro codice civile; pur essendoci stata discussione sul punto, i codificatori, nel timore di non indebolire il principio della certezza del diritto, hanno escluso la previsione di una clausola generale come quella dell’abuso del diritto.

platone-aristotele

 

Addirittura da taluni era considerato uno di quei fenomeni che il diritto non potrà mai disciplinare in tutte le sue applicazioni che sono imprevedibili in quanto esso “.. è uno stato d’animo, è la valutazione etica di un periodo di transizione, è quel che si vuole, ma non una categoria giuridica….” .

L’evoluzione del contesto normativo economico e sociale, non solo nazionale, ha però mutato lo scenario di riferimento. E la mancanza di precisi punti fermi ha generato incertezze, conflitti interpretativi e allargato lo spazio per condotte percepite dalla collettività come illecite.

Specie nel comparto tributario.

Era perciò da tempo avvertita l’esigenza di un intervento normativo di riordino di una materia oggetto di ondivaghi atteggiamenti che l’apparato statuale – in particolare Uffici fiscali e giudiziari – andava assumendo.

Da più parti veniva sollecitata l’adozione di norme chiare ed esaustive, in grado di determinare “senza ambiguità i connotati dell’abuso e le modalità dell’uso distorto degli strumenti negoziali”.

Di recente, nel corpo della legge di delega fiscale (legge 23/2014 concernente la “Delega al Governo.. per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita), l’articolo 5 attribuisce all’Esecutivo il compito di procedere alla revisione delle vigenti disposizioni antielusive “al fine di unificarle al principio generale del divieto dell’abuso del diritto”, in aderenza ai criteri direttivi contenuti nella raccomandazione della Commissione Europea sulla pianificazione fiscale aggressiva n. 2012/772/Ue del 6 dicembre 2012.

In effetti la normativa all’epoca vigente, imperniata sull’articolo 37-bis del Dpr 600/1973, si era rivelata insufficiente a individuare in maniera inconfutabile le fattispecie di condotta abusiva da considerare fiscalmente illecite.

Come anticipato, il quadro legislativo lacunoso era stato aggravato dai contrasti giurisprudenziali, non solo nazionali.

Il Dlgs 5 agosto 2015, n. 128, recante Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, detta ora la nuova disciplina dell’abuso del diritto.

Il citato decreto legislativo inserisce nello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000), il nuovo articolo 10-bis, rubricato Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale, che consta di 13 commi. Di conseguenza, viene disposta l’abrogazione dell’articolo 37-bis del Dpr 600/1973, stabilendo altresì che le disposizioni che lo richiamano si intendono riferite all’articolo 10-bis, in quanto compatibili.

Deve in primo luogo essere osservato che il nuovo precetto sancisce l’unificazione dei concetti di “abuso del diritto ed elusione fiscale”, con valenza generale e con riguardo a tutti i tributi (imposte sui redditi e imposte indirette), fatta salva la speciale disciplina prevista in materia doganale.

Entriamo nel merito delle “novità” legislative. In particolare:

  • configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti;
  • le operazioni abusive non sono opponibili all’Amministrazione Finanziaria, che ne disconosce i vantaggi, determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto delle medesime operazioni. In altri termini, i negozi giuridici posti in essere per effetto della condotta abusiva non sono nulli, ma solo inefficaci ai fini tributari;
  • sono operazioni prive di sostanza economica “i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali”;
  • sono da considerare vantaggi fiscali indebiti “i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario”;
  • non possono in ogni caso essere ritenute abusive “le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali, anche dettate da esigenze di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente”;
  • è salvaguardato il principio generale secondo il quale il contribuente può legittimamente perseguire un risparmio di imposta, scegliendo tra regimi opzionali diversi previsti dall’ordinamento e tra operazioni da cui derivi un diverso carico fiscale;
  • è prevista la possibilità per il contribuente di presentare un’istanza di interpello preventivo all’Agenzia delle Entrate al fine di conoscere se le operazioni che intende realizzare, o che siano state realizzate, costituiscano fattispecie di abuso del diritto. La relativa istanza deve essere prodotta prima della scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione o per l’assolvimento di altri obblighi tributari connessi alla fattispecie cui essa si riferisce;
  • sono dettate le regole procedimentali dirette a garantire un efficace ed effettivo confronto tra Amministrazione Finanziaria e contribuente, il cui diritto alla difesa deve essere compiutamente salvaguardato;
  • sono disciplinati i diritti dei contribuenti che non hanno partecipato all’operazione abusiva, ma hanno sostenuto oneri tributari relativamente a tale operazione;
  • è sancito che l’abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie. E’ perciò chiara la conferma che la disciplina dell’abuso del diritto ha applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti la simulazione o i reati tributari;
  • è affermato con chiarezza che le condotte abusive non sono penalmente punibili, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie.

 

Delineato il perimetro dell’intervento del Legislatore, è doveroso sottolinearne la portata di restyling normativo, che dal punto di vista sostanziale, codifica la nozione di abuso e ne circoscrive l’ambito applicativo; sul piano degli effetti giuridici, chiarisce le conseguenze dell’integrazione della condotta abusiva e sotto l’aspetto procedimentale, detta le modalità e la tempistica attraverso le quali deve essere rilevata la fattispecie illecita.

E’ chiaro quindi che le nuove disposizioni non hanno una reale portata innovativa, formalizzando principi già “presenti” nell’ordinamento giuridico, anche europeo: dalle famose sentenze “gemelle” della Cassazione (Corte Cass. SSUU sent. nn. 30055 e 30056 e 30057 del 2008 secondo le quali “non può non ritenersi insito nell’ordinamento, quale diretta derivazione delle norme costituzionali, il principio secondo cui il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio di imposta); senza dimenticare il primo progetto di legge in Parlamento per la positivizzazione della disciplina dell’abuso (art. 6 della legge delega 16 aprile 2012, poi rinnovata ad opera del nuovo parlamento); e richiamando pure la nota sentenza Halifax della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Così come è altrettanto chiaro non può essere sottaciuto lo sforzo di una più completa identificazione delle fattispecie elusive/abusive del diritto (con riferimento ai profili procedurali e di rilevanza penal-tributaria) e anche apprezzabile l’intento di contenere – a differenza di quanto accaduto nel recente passato – l’eccessivo ruolo suppletivo della giurisprudenza.

In effetti, l’accresciuta complessità e mutevolezza del sistema normativo fiscale, associate all’evoluzione della giurisprudenza, hanno contribuito a declinare un contesto normativo che, in alcuni casi, aveva reso incerta l’applicazione delle “regole del gioco” per gli operatori economici e per gli attori istituzionali interessati.

Vale la pena di precisare che – come sopra accennato – il panorama precedente, avendo matrice giurisprudenziale, si palesava così ampio e variegato che in esso era possibile certamente riscontrare sia segni di continuità che di discontinuità; il legislatore delegato ha così operato delle scelte, precludendo il perpetuarsi di alcune opzioni interpretative alternative circa la nozione di abuso e la sua contestabilità sul piano amministrativo.

 

Illuminante su questo profilo sono passi della relazione illustrativa al Dlgs 128/2015, concernente alcuni degli obiettivi perseguiti dal legislatore: quello “….di dare maggiore certezza al quadro normativo in tema di elusione-abuso del· diritto, di evitare che gli Uffici esercitino i loro poteri di accertamento senza precise linee guida limitandosi a invocare il principio generale antiabuso e, soprattutto, di sganciare la dimostrazione della sussistenza della sostanza economica delle operazioni dalla sfera dei motivi della condotta, oggettivizzandola nel senso dell’effettività…”.

Ed anche: la nuova norma “..muove dall’esigenza di introdurre un istituto che, conformemente alle indicazioni della legge delega, unifichi i concetti di elusione e di abuso e conferisca a questo regime di valenza generale con riguardo a tutti i tributi, sia quelli armonizzati, (…), sia quelli non armonizzati,(…)”.

 

In conclusione, la disposizione contenuta nell’art.10-bis della L. n.212/00 contiene una disciplina specifica, oltre che dell’obbligo dell’Amministrazione Finanziaria di motivare in modo rigoroso l’accertamento circa la sussistenza della condotta abusiva, anche dell’onere processuale della prova, chiarendo che è l’Ufficio a dovere dimostrare i presupposti della condotta abusiva incombendo sul contribuente – una volta che il Fisco abbia fornito la prova dell’elusione – dimostrare la sussistenza dell’esimente delle valide ragioni extrafiscali.

Pertanto, quando l’Amministrazione finanziaria contesta l’elusione fiscale e accerta l’inopponibilità dei vantaggi che il contribuente si sarebbe assicurato, essa deve calare la propria pretesa impositiva nella disciplina riguardante il procedimento. Ciò significa che l’elusione deve essere argomentata in modo chiaro, spiegando le ragioni per le quali si recupera la differenza tra l’imposta gravante sull’operazione elusa e quella elusiva e, segnatamente, indicando l’operazione congrua, vale a dire l’operazione che il contribuente non ha realizzato ma che avrebbe dovuto realizzare.

Conformemente all’orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. Corte di Cassazione sentenza n. 6226/2015) la nuova norma, specificando quali debbono essere i contenuti della motivazione e della prova dell’atto impositivo, impone all’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare il disegno elusivo inteso come spiegazione del fenomeno elusivo oltre che dimostrazione dei fatti sui quali tale fenomeno è fondato.

Lo schema differenziale di tassazione del fenomeno elusivo (differenza fra imposta gravante su operazione elusa e quella gravante su operazione elusiva) si traduce, ai fini della prova, nell’onere dell’Ufficio di spiegare al contribuente l’operazione alternativa, più lineare rispetto a quella concretamente effettuata, che egli avrebbe dovuto adottare per evitare la contestazione del comportamento assunto.

Rimane l’auspicio, già espresso da autorevole e attenta dottrina, che la norma di recente entrata in vigore sia idonea ad esprimere criteri interpretativi privilegiati per un’attuazione del sistema tributario che garantisca efficacia all’interesse fiscale, anche nei confronti dell’abuso, ma al contempo preservi certezza e adeguata tutela al contribuente ed alle sue scelte economiche.

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