CASSAZIONE

Definizione agevolata delle liti pendenti: no al riesame del merito della questione

Tributi – Imposta di registro – Reati tributari – Contenzioso tributario – Decreto di estinzione del giudizio per effetto di definizione agevolata ex art. 6, D.L. n. 119/2018 – Domanda di revoca del decreto di estinzione per rinuncia alla definizione – Estinzione del giudizio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13998 del 3 maggio 2022 è tornata a interessarsi di una questione di massima e di particolare importanza legata agli effetti della domanda di rottamazione della lite in ambito tributario, per ribadire che la definizione agevolata delle liti pendenti, ex articolo 6 del decreto legge n. 119/2018, preclude in ogni caso la riapertura del merito della questione e il processo va dichiarato estinto.

Dunque la Suprema Corte ha voluto affermare il principio, peraltro condiviso dall’attuale giurisprudenza, che la definizione agevolata  possiede caratteri di irrevocabilità e irretrattabilità, con lalogicae conseguenteinammissibilità dell’istanza di trattazione, proprio in considerazione del citato comma 6 dell’art. 3 del Dl 119/2018, che infatti disciplina la dichiarazione di definizione agevolata, prevedendo che la parte privata si impegni a rinunciare ai giudizi aventi a oggetto i carichi compresi nella dichiarazione medesima, sottoscritta e presentata dalla parte contribuente.

Guardando inoltre anche alla recente giurisprudenza spicca, per chiarezza espositiva, quanto affermato dall’ordinanza n. 8555/2019, che avvalora il principio che volersi avvalere di una determinata definizione agevolata non possiede una natura di mera dichiarazione di scienza o di giudizio, e come tale modificabile, ma integra un atto volontario, frutto di scelta ed autodeterminazione da parte del contribuente, i cui effetti sono previsti dalla legge  che una volta  presentata assume i caratteri di irrevocabilità che non può essere modificata dall’ufficio, né contestata dal contribuente per un eventuale ripensamento successivo.

Tuttavia, la validità può essere contestata soltanto quando viene riscontrato l’errore materiale manifesto e riconoscibile consistente nella discordanza, immediatamente rilevabile dal testo dell’atto, tra l’intendimento dell’autore e la sua materiale esteriorizzazione.

In altre parole, resta logico pensare che la scelta del contribuente di avvalersi della definizione agevolata presuppone l’incertezza circa il possibile esito della lite in sede giudiziaria e, al contempo, la volontà della parte di avvantaggiarsi della normativa più favorevole proprio per sottrarsi a questa incertezza, “… volontà non revocabile dopo l’avvenuta formulazione dell’istanza di definizione e il pagamento del relativo importo”. Una volta perfezionata, essa rappresenta il titolo di regolazione del rapporto d’imposta oggetto di contestazione, tanto che i relativi effetti prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, come peraltro statuito dal citato art.6, Dl. 119/2018.

In buona sostanza, oggi viene ampiamente confermato anche che le disposizioni in materia di condoni fiscali, derogando alle norme generali dell’ordinamento tributario, integrano sistemi compiuti di natura eccezionale, tanto che la relativa disciplina deve ritenersi “di stretta interpretazione ed insuscettibile di integrazione in via ermeneutica attraverso il ricorso alle norme generali dell’ordinamento tributario, ovvero a quelle dettate per altre forme di definizione, anche se contemplate dalla medesima legge”. Del resto, la Corte di legittimità ha già avuto modo di rilevare, con risalente e consolidato orientamento interpretativo, che le disposizioni in materia di condoni fiscali sono derogatorie di quelle generali dell’ordinamento tributario e integrano sistemi compiuti di natura eccezionale, così che la relativa disciplina deve ritenersi di stretta interpretazione e insuscettibile di integrazione in via ermeneutica attraverso il ricorso alle norme generali dell’ordinamento tributario, ovvero a quelle dettate per altre forme di definizione, anche se contemplate dalla medesima legge (Cass., 6 luglio 2018, n. 17796; Cass., 28 giugno 2018, n. 17141; Cass., 29 dicembre 2017, n. 31133; Cass., 27 maggio 2015, n. 10881; Cass., 8 novembre 2013, n. 25238; Cass., 30 novembre 2012, n. 21364.

Inoltre anche con una recente  pronuncia, l’ordinanza n. n.24663/2021,  gli Ermellini hanno voluto far precipuo riferimento agli effetti della domanda, precisando che “ … si è statuito che le dichiarazioni di volersi avvalere di una determinata definizione agevolata non hanno natura di mere dichiarazioni di scienza o di giudizio, come tali modificabili, né costituiscono momenti del procedimento volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria, ma integrano atti volontari, frutto di scelta ed autodeterminazione da parte del contribuente, i cui effetti non sono rimessi alla volontà di questultimo, ma sono previsti dalla legge, come conseguenza dellosservanza di specifiche disposizioni che regolano ciascuna dichiarazione, la quale, una volta presentata, è irrevocabile e non può essere modificata dallufficio né contestata dal contribuente, se non per errore materiale, il quale deve essere manifesto e riconoscibile e consistere nella discordanza, immediatamente rilevabile dal testo dellatto, tra lintendimento dellautore e la sua materiale esteriorizzazione e non può consistere in un ripensamento successivo alla dichiarazione (v., ex plurimis, Cass., aprile 2019, n. 9442; Cass., 18 gennaio 2019, n. 1325; Cass., 28 giugno 2018, n. 17141; Cass., 21 luglio 2015, n. 15295; Cass., 13 febbraio 2014, n. 3301); e, in particolare, si è rimarcato che la scelta del contribuente di avvalersi della definizione agevolata “presuppone proprio lincertezza circa il possibile esito della lite in sede giudiziaria e la volontà della parte di avvantaggiarsi della normativa più favorevole proprio per sottrarsi a questa incertezza, volontà non revocabile dopo lavvenuta formulazione dellistanza di definizione e il pagamento del relativo importo”(Cass., 17 luglio 2018, n. 18899).

Tanto premesso e tornando al caso analizzato, le Entrate avevano notificato un atto in cui riprendevano a tassazione una riqualificazione di operazioni societarie. L’ufficio riteneva che l’operazione, assoggettata a imposta di registro fisso di 168 euro, in realtà celava un preciso piano unitario negoziale, traendo così una ben maggiore imposta proporzionale da versare.

La questione finiva davanti ai giudici di legittimità.

La parte contribuente comunque affermava con controricorso essenzialmente di aver regolarmente definito la lite, instaurata in opposizione di un accertamento per imposta di registro, mediante versamento di quanto a tale titolo dovuto.

La Corte di Cassazione riscontrava però caratteri di irrevocabilità e irretrattabilità, con conseguente inammissibilità dell’istanza di trattazione successivamente avanzata dalla contribuente, e conseguente dichiarazione di estinzione del processo tributario, affermando che: “… Con il secondo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate ha dedotto – ex art.360, 1^ co. n. 5 cod.proc.civ. – ‘omessa motivazione’ sul fatto decisivo appunto costituito dalla sostanziale unitarietà dell’operazione derivante dal collegamento negoziale tra i singoli atti; unitarietà sostanziale rilevante ex articolo 20 cit. e comportante l’applicazione dell’imposta in misura proporzionale. Nel controricorso la società ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità del ricorso, per difetto di specificità ed autosufficienza ex art.366 cpc (in quanto composto essenzialmente dalla copia dell’avviso di liquidazione e dalla riproduzione meccanica di precedenti scritti difensivi), e per indebita sollecitazione di una nuova valutazione di merito della fattispecie, segnatamente nei suoi affermati profili di abuso. Ha poi eccepito, sul fondo della questione, l’insussistenza dei presupposti della riqualificazione ex articolo 20 del testo unico sull’imposta di registro cit., dal momento che: • questa norma consente all’amministrazione finanziaria di riqualificare il solo atto presentato alla registrazione, non anche gli atti a questo esterni, ed asseritamente collegati (imposta d’atto); • l’ordinamento tributario esclude espressamente (art.176, co.3^, d.P.R.917/86) che operazioni quali quella in esame possano concretare abuso del diritto perché finalizzate al mero risparmio fiscale; • in ogni caso, l’operazione in questione risponderebbe a reali esigenze di riorganizzazione aziendale attraverso atti che si mantengono soggettivamente, oggettivamente e finalisticamente distinti ed autonomi; • la riqualificazione ex art.20 muove testualmente dalla considerazione dei soli effetti ‘giuridici’ dell’atto, non anche di quelli ‘economici’, invece presi in esame dall’amministrazione finanziaria. La controricorrente ha riproposto, infine, i motivi di opposizione all’avviso di liquidazione già dedotti nei gradi di merito, e qui ritenuti assorbiti: • decadenza dell’amministrazione ex articolo 76, co.2^, d.P.R.131/86, vertendosi di avviso notificato (25 maggio 2010) oltre tre anni dopo la registrazione (4 maggio 2007) dell’atto di conferimento aziendale;• la violazione per più versi del contraddittorio preventivo, stante la mancata previa elevazione di processo verbale di constatazione ex art.24 l.4/1929 e 12 l.212/00, e la mancata adozione delle tutele procedimentali ex articolo 37 bis d.P.R. 600/73 cit.; Con ordinanza 2 luglio 2019 questa Corte ha disposto il rinvio a nuovo ruolo del processo, ex art.6 co. 10, d.l. 119/18 conv. in l. 136/18, preso atto che la società aveva inteso aderire alla procedura di definizione agevolata della controversia tributaria, ai sensi della normativa citata, come da documentazione allegata. Con memorie 10.12.2020 e 31.3.2022 la società, premesso che: • in data 21 luglio 2020 era stata depositata la sentenza n. 158 con la quale la Corte Costituzionale (adita da questa stessa Corte di Cassazione con ordinanza di rimessione n. 23549 del 2019, in diverso ma analogo ricorso) aveva ritenuto legittime le modificazioni apportate all’art.20 TUR dall’art.1 co. 87 l. 205/2017 (esclusione della riqualificazione per collegamento negoziale ed elementi estrinseci all’atto) e dall’art.1 co. 1084 l. 145/2018 (natura interpretativa ad effetto retroattivo della riforma. • la ritenuta legittimità costituzionale della nuova formulazione dell’art.20 TUR privava di fondamento e legittimità la pretesa dell’Amministrazione Finanziaria basata sulla previgente formulazione della norma; • alla suddetta data di deposito della sentenza citata non era ancora maturato il termine ultimo (31.7.2020) previsto dall’art.6 co. 12 d.l. 119/18 conv. in l. 136/18 per la formazione del silenzio-accoglimento della procedura di definizione della lite, né l’Amm.ne aveva altrimenti notificato atto di accettazione; • l’ Amministrazione Finanziaria non aveva ancora provveduto a trarre dalla citata sentenza le dovute conseguenze legali, mediante annullamento in autotutela dell’avviso opposto e restituzione di quanto versato dalla società a titolo di definizione, chiedeva che venisse disposta la trattazione del presente giudizio ex art.6 co. 13 d.l. cit., richiamando le già tolte conclusioni di rigetto del ricorso avversario. Con memoria 4.1.2022 l’Agenzia delle Entrate, premesso che: • la società aveva regolarmente definito la lite mediante versamento di quanto a tale titolo dovuto, come da documentazione allegata; • tale definizione aveva caratteri di irrevocabilità ed irretrattabilità, come più volte affermato dalla S.C., con conseguente inammissibilità dell’istanza avversaria di trattazione, instava per la dichiarazione di estinzione del processo a spese compensate. L’istanza di trattazione e decisione nel merito proposta dalla società non può trovare accoglimento ed il processo va dichiarato estinto ai sensi di legge. Depongono in tal senso i seguenti argomenti, già evidenziati da questa Corte in fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente (Cass.n. 24663/21, in causa S. G. PPC Italia spa c/ Agenzia delle Entrate.”

Corte di Cassazione – Ordinanza 3 maggio 2022, n. 13998

Sul ricorso iscritto al n. 7327/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentato e difeso in giudizio dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è ex lege domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.12;

– parte ricorrente –

contro OCV Italia srl a s.u. (già R. and C. Italia srl), con sede in Besana in Brianza (MB), in persona del legale rapp.nte pro tempore, rappresentato e difeso in giudizio dagli avv.ti Fabio Elefante ed Antonio Tomassini, presso quest’ultimo dom.to in Roma, Via dei Due Macelli 66, come da procura in atti;

– parte controricorrente –

avverso sentenza Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 100/20/12 del 23 luglio 2012;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 aprile 2022 dal Consigliere Giacomo Maria Stalla;

Fatti rilevanti e ragioni della decisione.

§ 1.1 L’Agenzia delle Entrate ha chiesto, sulla base di due motivi, la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto illegittimo l’avviso di liquidazione notificato il 25 maggio 2010 alla R. and C. Italia srl (oggi OCV Italia srl), alla S. G. V. France s.a. (oggi OCV Chambery France s.a.) ed alla S. G. V. Italia spa (oggi S. G. A. Italia spa).

Con tale avviso di liquidazione, in particolare, l’agenzia delle entrate ha inteso recuperare, oltre interessi e sanzioni, una maggiore imposta proporzionale di registro (euro 5.175.432,00), catastale (euro 62.492,42) ed ipotecaria (euro 125.152,84), a fronte del versamento da parte della società dell’imposta in misura fissa (euro 168,00); il tutto con riguardo alla seguente operazione, dall’amministrazione finanziaria riqualificata – ex articolo 20 d.P.R. 131/86 – in termini di cessione indiretta, ovvero elusiva, di azienda:  26 aprile 2007, delibera di aumento di capitale della R. and C. Italia srl, interamente posseduta dalla S. G. V. Italia spa, suscettibile di liberazione in natura mediante conferimento aziendale;

 • 26 aprile 2007 (atto registrato il 4 maggio 2007) S. G. V. Italia spa conferisce nella R. and C. Italia srl il ramo d’azienda avente ad oggetto l’attività di produzione di filati in vetro;

 • 23 maggio 2007 (atto registrato il 31 maggio 2007), la S. G. V. Italia spa cede alla S. G. V. France s.a. le quote di partecipazione nella R. and C. Italia srl.

Nella sentenza impugnata la commissione tributaria regionale ha rilevato che:

 • la riqualificazione operata dall’agenzia delle entrate ex art.20 cit. era illegittima perché riferita ad un’operazione che non poteva dirsi unitaria, bensì articolata tra più soggetti ed attraverso distinti atti negoziali, sottoposti alla disciplina propria di ciascuno;

 • la riqualificazione non poteva supporre l’impiego abusivo dello strumento negoziale da parte delle società, dal momento che in materia di imposta di registro faceva difetto (a differenza di quanto stabilito, per le imposte dirette, dall’articolo 37 bis d.P.R. 600/73 all’epoca vigente) una norma antielusiva generale;

• la sola contestualità temporale dei singoli atti non escludeva, di per sé, che si trattasse di operazione di riorganizzazione aziendale rientrante nella discrezionalità delle scelte gestionali d’impresa, e giustificata da ragioni diverse dal solo risparmio fiscale;

 • in relazione all’imposta di registro, tipica ‘imposta d’atto’, i singoli negozi rilevavano per i loro (diversi) effetti giuridici, non economici. Ha resistito con controricorso la società contribuente.

§ 1.2 Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate ha lamentato:

– ex art.360, 1^ co. n. 3 cod.proc.civ.

– violazione e falsa applicazione degli articoli 53 Cost. e 20 d.P.R.131/86, nonché del principio generale dell’abuso del diritto.

Per non avere la Commissione Tributaria Regionale considerato che il principio antielusivo doveva ritenersi immanente nell’ordinamento tributario (come già affermato dalla S.C.) e che, comunque, legittimamente l’amministrazione finanziaria aveva riqualificato l’operazione in questione, come prescritto dalla legge, in base alla sua vera natura ed ai suoi effetti giuridici sostanziali (unitaria cessione di azienda), al di là della mera apparenza negoziale.

Con il secondo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate ha dedotto – ex art.360, 1^ co. n. 5 cod.proc.civ. – ‘omessa motivazione’ sul fatto decisivo appunto costituito dalla sostanziale unitarietà dell’operazione derivante dal collegamento negoziale tra i singoli atti; unitarietà sostanziale rilevante ex articolo 20 cit. e comportante l’applicazione dell’imposta in misura proporzionale.

§ 1.3 Nel controricorso la società ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità del ricorso, per difetto di specificità ed autosufficienza ex art.366 cpc (in quanto composto essenzialmente dalla copia dell’avviso di liquidazione e dalla riproduzione meccanica di precedenti scritti difensivi), e per indebita sollecitazione di una nuova valutazione di merito della fattispecie, segnatamente nei suoi affermati profili di abuso. Ha poi eccepito, sul fondo della questione, l’insussistenza dei presupposti della riqualificazione ex articolo 20 del testo unico sull’imposta di registro cit., dal momento che:

 • questa norma consente all’amministrazione finanziaria di riqualificare il solo atto presentato alla registrazione, non anche gli atti a questo esterni, ed asseritamente collegati (imposta d’atto);

• l’ordinamento tributario esclude espressamente (art.176, co.3^, d.P.R.917/86) che operazioni quali quella in esame possano concretare abuso del diritto perché finalizzate al mero risparmio fiscale;

• in ogni caso, l’operazione in questione risponderebbe a reali esigenze di riorganizzazione aziendale attraverso atti che si mantengono soggettivamente, oggettivamente e finalisticamente distinti ed autonomi;

• la riqualificazione ex art.20 muove testualmente dalla considerazione dei soli effetti ‘giuridici’ dell’atto, non anche di quelli ‘economici’, invece presi in esame dall’amministrazione finanziaria.

La controricorrente ha riproposto, infine, i motivi di opposizione all’avviso di liquidazione già dedotti nei gradi di merito, e qui ritenuti assorbiti:

 • decadenza dell’amministrazione ex articolo 76, co.2^, d.P.R.131/86, vertendosi di avviso notificato (25 maggio 2010) oltre tre anni dopo la registrazione (4 maggio 2007) dell’atto di conferimento aziendale;

• la violazione per più versi del contraddittorio preventivo, stante la mancata previa elevazione di processo verbale di constatazione ex art.24 l.4/1929 e 12 l.212/00, e la mancata adozione delle tutele procedimentali ex articolo 37 bis d.P.R. 600/73 cit.;

§ 2.1 Con ordinanza 2 luglio 2019 questa Corte ha disposto il rinvio a nuovo ruolo del processo, ex art.6 co. 10, d.l. 119/18 conv. in l. 136/18, preso atto che la società aveva inteso aderire alla procedura di definizione agevolata della controversia tributaria, ai sensi della normativa citata, come da documentazione allegata. Con memorie 10.12.2020 e 31.3.2022 la società, premesso che:

• in data 21 luglio 2020 era stata depositata la sentenza n. 158 con la quale la Corte Costituzionale (adita da questa stessa Corte di Cassazione con ordinanza di rimessione n. 23549 del 2019, in diverso ma analogo ricorso) aveva ritenuto legittime le modificazioni apportate all’art.20 TUR dall’art.1 co. 87 l. 205/2017 (esclusione della riqualificazione per collegamento negoziale ed elementi estrinseci all’atto) e dall’art.1 co. 1084 l. 145/2018 (natura interpretativa ad effetto retroattivo della riforma

• la ritenuta legittimità costituzionale della nuova formulazione dell’art.20 TUR privava di fondamento e legittimità la pretesa dell’Amministrazione Finanziaria basata sulla previgente formulazione della norma;

• alla suddetta data di deposito della sentenza citata non era ancora maturato il termine ultimo (31.7.2020) previsto dall’art.6 co. 12 d.l. 119/18 conv. in l. 136/18 per la formazione del silenzio-accoglimento della procedura di definizione della lite, né l’Amm.ne aveva altrimenti notificato atto di accettazione;

• l’Amministrazione Finanziaria non aveva ancora provveduto a trarre dalla citata sentenza le dovute conseguenze legali, mediante annullamento in autotutela dell’avviso opposto e restituzione di quanto versato dalla società a titolo di definizione, chiedeva che venisse disposta la trattazione del presente giudizio ex art.6 co. 13 d.l. cit., richiamando le già tolte conclusioni di rigetto del ricorso avversario.

Con memoria 4.1.2022 l’Agenzia delle Entrate, premesso che:

• la società aveva regolarmente definito la lite mediante versamento di quanto a tale titolo dovuto, come da documentazione allegata;

• tale definizione aveva caratteri di irrevocabilità ed irretrattabilità, come più volte affermato dalla S.C., con conseguente inammissibilità dell’istanza avversaria di trattazione, instava per la dichiarazione di estinzione del processo a spese compensate.

§ 3. L’istanza di trattazione e decisione nel merito proposta dalla società non può trovare accoglimento ed il processo va dichiarato estinto ai sensi di legge.

Depongono in tal senso i seguenti argomenti, già evidenziati da questa Corte in fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente (Cass. n. 24663/21, in causa S. G. PPC Italia spa c/ Agenzia delle Entrate):

• il d.l. n. 119 del 2018, art. 6, cit., per quel che qui rileva, dispone nei seguenti termini:

 – «La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 8 e con il pagamento degli importi dovuti ai sensi del presente articolo o della prima rata entro il 31 maggio 2019 …» (comma 6);

– «Dagli importi dovuti ai sensi del presente articolo si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. La definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.» (comma 9);

– «L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine.» (comma 12);

– «In mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte interessata, il processo è dichiarato estinto, con decreto del Presidente. L’impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. Le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate.» (comma 13);

• questa Corte di legittimità ha già avuto modo di rilevare, con risalente e consolidato orientamento interpretativo, che le disposizioni in materia di condoni fiscali sono derogatorie di quelle generali dell’ordinamento tributario ed integrano sistemi compiuti di natura eccezionale, così che la relativa disciplina deve ritenersi di stretta interpretazione ed insuscettibile di integrazione in via ermeneutica attraverso il ricorso alle norme generali dell’ordinamento tributario, ovvero a quelle dettate per altre forme di definizione, anche se contemplate dalla medesima legge (Cass., 6 luglio 2018, n. 17796; Cass., 28 giugno 2018, n. 17141; Cass., 29 dicembre 2017, n. 31133; Cass., 27 maggio 2015, n. 10881; Cass., 8 novembre 2013, n. 25238; Cass., 30 novembre 2012, n. 21364);

 • con specifico riferimento agli effetti della domanda, si è statuito che le dichiarazioni di volersi avvalere di una determinata definizione agevolata non hanno natura di mere dichiarazioni di scienza o di giudizio, come tali modificabili, né costituiscono momenti del procedimento volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria, ma integrano atti volontari, frutto di scelta ed autodeterminazione da parte del contribuente, i cui effetti non sono rimessi alla volontà di quest’ultimo, ma sono previsti dalla legge, come conseguenza dell’osservanza di specifiche disposizioni che regolano ciascuna dichiarazione, la quale, una volta presentata, è irrevocabile e non può essere modificata dall’ufficio nè contestata dal contribuente, se non per errore materiale, il quale deve essere manifesto e riconoscibile e consistere nella discordanza, immediatamente rilevabile dal testo dell’atto, tra l’intendimento dell’autore e la sua materiale esteriorizzazione e non può consistere in un ripensamento successivo alla dichiarazione (v., ex plurimis, Cass., aprile 2019, n. 9442; Cass., 18 gennaio 2019, n. 1325; Cass., 28 giugno 2018, n. 17141; Cass., 21 luglio 2015, n. 15295; Cass., 13 febbraio 2014, n. 3301);

• in particolare, si è rimarcato che la scelta del contribuente di avvalersi della definizione agevolata «presuppone proprio l’incertezza circa il possibile esito della lite in sede giudiziaria e la volontà della parte di avvantaggiarsi della normativa più favorevole proprio per sottrarsi a questa incertezza, volontà non revocabile dopo l’avvenuta formulazione dell’istanza di definizione e il pagamento del relativo importo» (Cass., 17 luglio 2018, n. 18899);

• la così ripercorsa disciplina della definizione agevolata delle controversie tributarie, ex art. 6 cit., rende, a sua volta, esplicito che la domanda del contribuente (in difetto di un diniego ed al ricorrere, quindi, delle condizioni che rendono definibile la controversia ex art. 6, commi 12 e 13), una volta perfezionatasi (art. 6, comma 6), costituisce il titolo di regolazione del rapporto d’imposta oggetto di contestazione, tanto che i relativi effetti «prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.» (art. 6, comma 9);

• la stessa istanza di trattazione, prevista al comma 13 dell’art. 6, rileva (solo) in relazione alle modalità processuali di definizione della controversia ancora pendente (da definire con decreto del Presidente in difetto, giustappunto, di una siffatta istanza), tanto che effetti analoghi all’istanza di trattazione produce l’impugnazione della sentenza e del diniego opposto dall’amministrazione alla definizione agevolata della controversia;

• né, per le ragioni sin qui svolte, nella fattispecie può rilevare la sopravvenuta pronuncia del Giudice delle Leggi (Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158 cit., alla quale ha fatto seguito, in senso analogo, C.Cost.39/2021) che, incidendo sul merito della lite e dunque su un aspetto che non può più essere qui preso in considerazione, ha disatteso la sollevata questione di legittimità costituzionale, così, in buona sostanza, confermando la legittimità di disposizioni normative già vigenti nell’ordinamento, quali la l.27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, c. 87 che, nel ridisegnare le coordinate regolative del d.p.r. n. 131 del 1986, art. 20, cit., ha disposto che «L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi.», ovvero la l. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, c. 1084, che, a sua volta, ha precisato che «La L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), costituisce interpretazione autentica del testo unico di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, comma 1.».

Ne segue pertanto la pronuncia di estinzione del processo, con compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte – v.to l’art.6 d.l. 119/18 conv. in l. 13;6/18 – dichiara estinto il processo; – compensa le spese. Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile, riunitasi con modalità da remoto in data 13 aprile 2022

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay