CASSAZIONE

Avviso bonario: solo quando emerge un risultato diverso da quello della dichiarazione

Tributi – Iva – Irap – Cartelle di pagamento – Controllo automatizzato ex art. 36 bis del D.P.R. n. 600/73 – Cartella emessa in base alle dichiarazioni rese dal contribuente – Obbligo di avviso bonario – Non necessaria l’indicazione dei presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa – Termini di decadenza – Esclusione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14102 del 24 maggio 2021 è tornata a occuparsi del controllo liquidatorio previsto dall’art. 36-bis del DPR n. 600/73 per confermare che la comunicazione al contribuente o al sostituto d’imposta dell’esito della liquidazione delle dichiarazioni (il c.d. “avviso bonario”) ha la finalità di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, come esplicitamente emerge dal comma 3 del citato art. 36-bis.

La Suprema Corte ha di conseguenza voluto richiamare l’orientamento secondo il quale, in materia di riscossione, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità è dovuto solo nel caso in cui dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, ovvero un’imposta maggiore o minore.

Gli Ermellini si sono uniformati ai principi espressi dalla pronunzia n. 13759/2016, nella quale veniva esplicitato chiaramente che il c.d. “avviso bonario” è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, ovvero un’imposta o una maggiore imposta. Invero, proseguono i Supremi Giudici, “ … il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3 (in materia di tributi diretti), ed il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, comma 3 (in materia di IVA), prevedono l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità soltanto nelle ipotesi in cui dai controlli automatici emerga “un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione” oppure dai controlli effettuati dall’Ufficio ai sensi del comma 2-bis (tesi a verificare il tempestivo versamento delle imposte prima della presentazione della dichiarazione) emerga “un’imposta o una maggiore imposta”, avendo la finalità di “evitare la reiterazione di errori e … consentire la regolarizzazione degli aspetti formali”. Come più volte ribadito da questa Corte, si tratta di un adempimento rivolto esclusivamente ad orientare il comportamento futuro dell’interessato ed esula, quindi, dall’ambito dell’esercizio del diritto di difesa e di contraddittorio nei confronti dell’emittenda cartella di pagamento (cfr., ex multis, Cass. n. 6563 e n. 20431 del 2014; n. 26361 del 2010; n. 8137 e n. 5329 del 2012). Pertanto, in difetto del presupposto della sussistenza di un risultato diverso da quello indicato in dichiarazione o dell’accertamento di una imposta maggiore o diversa da quella liquidata nella dichiarazione sottoposta a controllo – che non emerge né dal contenuto della sentenza impugnata né è stato dedotto dalla ricorrente – alcun invito preventivo a chiarimenti doveva essere inviato al contribuente dalla Amministrazione finanziaria”.

La Cassazione ha ricordato come, sebbene in via generale, la cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo atto con il quale l’ente impositore eserciti la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo: tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascun tipo di atto.

Ricordiamo che l’art. 2, comma 2, del D.lgs. n. 462/1997, limitatamente a quanto deriva ai presenti fini, dispone poi, con riferimento alla riscossione delle somme dovute a seguito dei controlli automatici, ovvero dei controlli eseguiti dagli uffici effettuati ai sensi del citato art. 36-bis (o, in materia di IVA, dell’art. 54-bis del DPR n. 633/1972), che l’iscrizione a ruolo non è eseguita se il contribuente o il sostituto d’imposta provvede a pagare le somme dovute entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dal detto art. 36-bis, comma 3: in tal caso l’ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto a un terzo.

Pertanto, secondo la Corte, “… presupposto per la riduzione delle sanzioni in esame è l’intervenuto pagamento delle somme dovute in base al controllo ex art. 36 bis cit. (o, per l’IVA, ex art. 54 bis cit.), nel termine di trenta giorni dalla comunicazione dell’esito della liquidazione ovvero decorrenti dalla notificazione della cartella di pagamento nel caso di omissione del c.d. ‘avviso bonario’, qualora essa (omissione) non integri causa di nullità della cartella stessa bensì mera irregolarità a cagione dell’insussistenza di rilevanti incertezze su aspetti importanti della dichiarazione”.

Sempre ad avviso della Corte, quanto detto “… vale anche nel caso in cui nella stessa cartella non sia contenuta alcuna comunicazione della possibilità della riduzione delle sanzioni dovute ex art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997”.La Corte, riportandosi a logiche equitative, ha precisato che“La mera irregolarità di cui innanzi non preclude difatti il pagamento del dovuto a seguito della notificazione della cartella di pagamento, con conseguente operatività della riduzione della sanzione (Cass. sez. 5, 06/07/2016, n. 13759, Rv. 640341-01)”.

Secondo gli Ermellini, che hanno richiamato in modo chiaro la vigente giurisprudenza in tema di riscossione delle imposte (ex multis Cass. 12023/2015 e la n. 3366/2013), è quindi possibile ritenere che quello secondo cui non è come un pregiudizio indiretto, conseguente al mancato invio della previa comunicazione al contribuente, è incidente sulla possibilità di fruire del beneficio della riduzione della sanzione pecuniaria irrogata per tardivo od omesso versamento delle imposte dovute.  Così, quando una cartella sia stata emessa a seguito di liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente, l’obbligo di motivazione può essere assolto tramite il mero richiamo a tali dichiarazioni in quanto, essendo il contribuente già a conoscenza delle dichiarazioni stesse, non è necessario che gli siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa.

Quindi, l’omessa comunicazione dell’invito al pagamento prima dell’iscrizione a ruolo, con la riduzione e per gli effetti previsti dal D.lgs. n. 462/1997, art. 2, comma 2, non determina la nullità di tale iscrizione e degli atti successivi, ma una mera irregolarità, inidonea a incidere sull’efficacia dell’atto: l’interessato può comunque pagare per estinguere la pretesa fiscale, con riduzione della sanzione, una volta ricevuta la notifica della cartella.

Tanto premesso, e tornando al caso de quo, una società contribuente dopo aver ricevuto delle cartelle di pagamento per IVA, IRAP e altri tributi, ricorreva ai giudici tributari ottenendo, in secondo grado, in riforma della sentenza di primo grado, l’illegittimità delle cartelle impugnate. Questi atti scaturivano da controlli ex art. 36-bis, DPR n. 600/1973 ed ex art. 54-bis, DPR n. 633/1972, riguardando mancati pagamenti per complessive 585 obbligazioni tributarie.

L’Amministrazione ricorreva in Cassazione con atto affidato a cinque motivi, in cui l’Avvocatura erariale sosteneva violazione e falsa applicazione di legge per avere, la Commissione tributaria regionale, ritenuto che le cartelle impugnate fossero illegittime e difettose di motivazione. Gli Ermellini hanno accolto tale tesi affermando che: “… è ormai costante l’affermazione di questa Corte secondo la quale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15564 del 27/07/2016; Sez. 5, Ordinanza n. 21804 del 20/09/2017; Sez. 5, Ordinanza n. 19498 del 18/09/2020), in tema di riscossione delle imposte, sebbene in via generale la cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicché, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perché, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa;   – e nel presente caso, risulta dalla sentenza impugnata come si tratti qui di “mancati pagamenti per complessive 585 obbligazioni tributarie” derivanti proprio dal controllo automatizzato delle dichiarazioni per gli anni 2002 e 2003; è chiaro quindi che si tratta di tributi dichiarati e non versati;  – il secondo motivo di ricorso censura la sentenza gravata per violazione e falsa applicazione, ulteriormente, degli artt. 7 L. n. 212 del 2000 e dell’art. 25 c. 2 d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 57 d.lgs. n. 546 del 1992 tutti in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 e n. 4 c.p.c. per avere la CTR ritenuto di ravvisare il difetto di motivazione anche nella circostanza che talune delle somme richieste con le cartelle impugnate erano state “definite” dalla società contribuente ex art. 9 bis L. 289 del 2002;  – anche questo motivo è fondato;  – infatti, a fronte dell’eccezione del contribuente che sosteneva l’avvenuto pagamento delle somme intimate con le cartelle in oggetto, era onere della CTR esaminare il merito della questione posta, verificando la veridicità di quanto affermato; in caso positivo la pretesa così veicolata andava annullata, e diversamente la cartella meritava conferma;  – invece, la CTR ha erroneamente fatto applicazione dei principi in tema di onere di motivazione degli atti impositivi, che di fronte all’eccezione posta dalla società contribuente risultano del tutto inconferenti al thema decidendum e al thema probandum così introdotto con il ricorso avverso gli atti stessi; – il terzo motivo di ricorso si incentra sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis c. 3 d.P.R. n. 600 del 1973, 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972, 6 c. 5 L. 212 del 2000 tutti in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR ritenuto erroneamente che l’omesso invio alla società contribuente della comunicazione di irregolarità produca la nullità della successiva cartella di pagamento; il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dei ridetti artt. 36 bis e 54 bis, dell’art. 2 c. 1 e 2 d.lgs. n. 462 del 1997, 17 c. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997, dell’art. 2697 c.c. tutti in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. per avere la CTR ritenuto erroneamente preclusa, stante la sopra denunciata assenza delle comunicazioni di irregolarità, la possibilità per la contribuente società di definire le sanzioni nella misura più mite di un terzo e ritenute quindi le stesse del tutto illegittime; – i motivi sopra indicati contengono profili autonomi ma connessi di una medesima censura e possono quindi esaminarsi congiuntamente;  – gli stessi sono evidentemente fondati; – in disparte il profilo fattuale consistente nella circostanza che come accertato dalla CTP e riportato anche dalla sentenza impugnata “nella cartella viene indicata la predisposizione di tali comunicazioni effettuate in data 3/10, 7/3, 20/6 e 6.11.2006” (circostanza questa che doveva far decidere diversamente la CTR, che sotto questo profilo rende motivazione incomprensibile, del tutto illogica e contraddittoria con se stessa), la Corte rileva come risulti del tutto pacifico l’orientamento secondo il quale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13759 del 06/07/2016; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17479 del 28/06/2019) in materia di riscossione, ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti; in ogni caso, la relativa omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione; – ancora recentemente, si è ulteriormente chiarito (Cass. Ord. Sez. 5 Num. 3406 Anno 2019) come in tema di riscossione delle imposte, l’art. 6, comma quinto, della legge 27 luglio 2000, n. 212, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso». (Cass. Sez. 6 – 5, 21/11/2017, n. 27716; Cass. Sez. 5, 12/04/2017, n. 9463; nello stesso senso, Cass. Sez. 5, del 14/01/2011, n. 795).  Analoga prospettiva ispira il principio secondo cui ai sensi degli artt. 36 -bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997 (Cass. Sez. 5, 06/07/2016, n. 13759).  Tale orientamento è stato ulteriormente precisato da Cass. Sez. 5, n. 1711 del 24/01/2018, secondo cuil’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dall’art. 36 bis, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, e dall’art. 54 bis, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, non richiede di regola la preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che la procedura di liquidazione automatizzata non si limiti a rilevare meri errori materiali e richieda rettifiche preventive dei dati contenuti nella dichiarazione, nel qual caso la sua omissione, a seconda che sussistano o meno incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, può costituire mera irregolarità, non incidente sulla validità della cartella di pagamento, oppure può comportarne la nullità ex art. 6, comma 5, della I. n. 212 del 2000”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 24 maggio 2021, n. 14102

sul ricorso iscritto al n. 1287/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

Contro F.D.G. S.P.A. in liquidazione in amministrazione straordinaria in persona del suo legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa giusta delega in atti dall’avv. Roberto Pellegrino e Stefano Pellegrino e con domicilio eletto in Roma alla via B. Tortolini n. 34 presso l’avv. Natalia Paoletti

– controricorrente –

e contro EQUITALIA NORD s.p.a. in persona del suo legale rappresentante pro tempore

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 147/49/12 depositata il 14/11/2012 non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale dell’11/02/2021 dal Consigliere Roberto Succio

Rilevato che:

– con la sentenza impugnata la CTR meneghina accoglieva l’appello della società contribuente e in riforma della sentenza di primo grado dichiarava l’illegittimità delle cartelle di pagamento impugnate, per IVA, IRAP e altri tributi riferiti agli anni 2002 e 2003;

– tali atti scaturivano da controllo ex art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973 e ex art. 54-bis d.P.R. n. 633 del 1972, riguardando mancati pagamenti per complessive 585 obbligazioni tributarie;

– ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a cinque motivi;

resiste con controricorso la società contribuente;

Considerato che:

 – va preliminarmente disattesa l’eccezione svolta in controricorso relativamente alla asserita tardività dell’impugnazione di fronte a questa Corte;

– infatti, diversamente da quanto sostenuto dalla società contribuente, poiché il giudizio di fronte al giudice di primo grado è stato risulta pendente prima del 4 luglio 2009 (in dettaglio il ricorso è del 18 aprile 2007), il termine per proporre ricorso per cassazione in caso di mancata notificazione della sentenza della CTR ex art. 327 c.p.c. vigente ratione temporis è di un anno dal deposito della sentenza gravata;

– ne deriva che poiché il deposito della stessa è del 14 novembre 2012, detto termine veniva a scadenza il 30 dicembre 2013, giorno nel quale il ricorso risulta consegnato per la notifica, che è quindi tempestiva;

– possono dunque esaminarsi i motivi di ricorso;

– con il primo motivo di ricorso si denuncia ex art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 L. 212 del 2000 e dell’art. 25 c. 2 d.P.R. n. 602 del 1973 per avere la CTR ritenuto difettose di motivazione le cartelle impugnate;

– il motivo è evidentemente fondato;

 – è ormai costante l’affermazione di questa Corte secondo la quale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15564 del 27/07/2016; Sez. 5, Ordinanza n. 21804 del 20/09/2017; Sez. 5, Ordinanza n. 19498 del 18/09/2020) in tema di riscossione delle imposte, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicché, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perché, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa;

 – e nel presente caso, risulta dalla sentenza impugnata come si tratti qui di “mancati pagamenti per complessive 585 obbligazioni tributarie” derivanti proprio dal controllo automatizzato delle dichiarazioni per gli anni 2002 e 2003;

– è chiaro quindi che si tratta di tributi dichiarati e non versati;

– il secondo motivo di ricorso censura la sentenza gravata per violazione e falsa applicazione, ulteriormente, degli artt. 7 L. n. 212 del 2000 e dell’art. 25 c. 2 d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 57 d.lgs. n. 546 del 1992 tutti in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 e n. 4 c.p.c. per avere la CTR ritenuto di ravvisare il difetto di motivazione anche nella circostanza che talune delle somme richieste con le cartelle impugnate erano state “definite” dalla società contribuente ex art. 9 bis L. 289 del 2002;

– anche questo motivo è fondato;

– infatti, a fronte dell’eccezione del contribuente che sosteneva l’avvenuto pagamento delle somme intimate con le cartelle in oggetto, era onere della CTR esaminare il merito della questione posta, verificando la veridicità di quanto affermato; in caso positivo la pretesa così veicolata andava annullata, e diversamente la cartella meritava conferma;

– invece, la CTR ha erroneamente fatto applicazione dei principi in tema di onere di motivazione degli atti impositivi, che di fronte all’eccezione posta dalla società contribuente risultano del tutto inconferenti al thema decidendum e al thema probandum così introdotto con il ricorso avverso gli atti stessi;

– il terzo motivo di ricorso si incentra sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis c. 3 d.P.R. n. 600 del 1973, 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972, 6 c. 5 L. 212 del 2000 tutti in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR ritenuto erroneamente che l’omesso invio alla società contribuente della comunicazione di irregolarità produca la nullità della successiva cartella di pagamento; il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dei ridetti artt. 36 bis e 54 bis, dell’art. 2 c. 1 e 2 d.lgs. n. 462 del 1997, 17 c. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997, dell’art. 2697 c.c. tutti in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. per avere la CTR ritenuto erroneamente preclusa, stante la sopra denunciata assenza delle comunicazioni di irregolarità, la possibilità per la contribuente società di definire le sanzioni nella misura più mite di un terzo e ritenute quindi le stesse del tutto illegittime;

– i motivi sopra indicati contengono profili autonomi ma connessi di una medesima censura e possono quindi esaminarsi congiuntamente;

– gli stessi sono evidentemente fondati;

– in disparte il profilo fattuale consistente nella circostanza che come accertato dalla CTP e riportato anche dalla sentenza impugnata “nella cartella viene indicata la predisposizione di tali comunicazioni effettuate in data 3/10, 7/3, 20/6 e 6.11.2006” (circostanza questa che doveva far decidere diversamente la CTR, che sotto questo profilo rende motivazione incomprensibile, del tutto illogica e contraddittoria con se stessa), la Corte rileva come risulti del tutto pacifico l’orientamento secondo il quale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13759 del 06/07/2016; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17479 del 28/06/2019) in materia di riscossione, ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti; in ogni caso, la relativa omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione;

– ancora recentemente, si è ulteriormente chiarito (Cass. Ord. Sez. 5 Num. 3406 Anno 2019) come in tema di riscossione delle imposte, l’art. 6, comma quinto, della legge 27 luglio 2000, n. 212, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso». (Cass. Sez. 6 – 5, 21/11/2017, n. 27716; Cass. Sez. 5, 12/04/2017, n. 9463; nello stesso senso, Cass. Sez. 5, del 14/01/2011, n. 795).

Analoga prospettiva ispira il principio secondo cui ai sensi degli artt. 36 -bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997 (Cass. Sez. 5, 06/07/2016, n. 13759).

Tale orientamento è stato ulteriormente precisato da Cass. Sez. 5, n. 1711 del 24/01/2018, secondo cui “l’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dall’art. 36 bis, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, e dall’art. 54 bis, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, non richiede di regola la preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che la procedura di liquidazione automatizzata non si limiti a rilevare meri errori materiali e richieda rettifiche preventive dei dati contenuti nella dichiarazione, nel qual caso la sua omissione, a seconda che sussistano o meno incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, può costituire mera irregolarità, non incidente sulla validità della cartella di pagamento, oppure può comportarne la nullità ex art. 6, comma 5, della I. n. 212 del 2000”;

– il quinto motivo di ricorso si fonda sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 46 bis c. 1 d.P.R. n. 600 del 1973, 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972, 28 L. 449 del 1997, 154 c.p.c. c. 1 bis e 5 ter d.l. n. 106 del 2005 come convertito in L. n. 156 del 2005, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR ritenuto decaduta l’Amministrazione Finanziaria dal potere di esercitare il controllo;

– anche questo motivo è del tutto fondato;

– invero, la questione di diritto inerisce l’ambito di operatività, temporale, della disciplina “transitoria”, introdotta con l’art. 1, commi 5 – 6 ter e 5 bis, del d.l. n. 106 del 2005, inerente la decadenza dalla notificazione delle cartelle di pagamento, emesse a seguito della liquidazione delle dichiarazioni presentate dagli stessi contribuenti.

Occorre muovere da Corte cost., n. 280 del 2005 che (in materia di imposte dirette) ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, (come modificato dal d.lgs. 27 aprile 2001, n. 193), nella parte in cui non prevedeva un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario avrebbe dovuto notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973.

La Consulta ha premesso che, nel disciplinare il procedimento di riscossione delle imposte liquidate ai sensi del citato ex art. 36-bis, le disposizioni succedutesi nel tempo hanno sempre collegato l’atto finale ed «esterno» del procedimento stesso (la notifica della cartella) ad un atto precedente (consegna dei ruoli all’esattore) a sua volta legato ad atti preesistenti. Tale contesto normativo ha consentito di individuare con certezza il termine ultimo entro il quale portare il contribuente a conoscenza della pretesa dell’Amministrazione finanziaria.

Il successivo venir meno della fissazione di un termine per la consegna dei ruoli al concessionario, però, non ha consentito più di individuare un termine certo per la notifica della cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi del citato art. 36- bis.

Così argomentando, quindi, il Giudice delle leggi ha ritenuto la censurata disposizione (art. 25 cit.) in contrasto con l’art. 24 Cost., non potendo il contribuente essere assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato e comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione, certamente eccessivo e irragionevole (soprattutto considerando che l’Amministrazione, in tale procedimento, è chiamata a compiere una elementare operazione di verifica meramente formale).

La Consulta all’esito ha altresì sollecitato un intervento legislativo volto a colmare, in termini ragionevoli, la lacuna conseguente alla dichiarazione di illegittimità costituzionale, dovendo il legislatore tenere conto del carattere estremamente elementare dell’attività di liquidazione in esame e della successiva attività di iscrizione nei ruoli.

Colto l’invito, il legislatore è intervenuto con i commi 5 bis e 5 ter inseriti nell’art. 1 del d.l. n. 106 del 2005 in sede di conversione (con L. n. 156 del 2005), introducendo un termine decadenziale per la notificazione delle cartelle di pagamento (all’esito di c.d. controlli liquidatori) in precedenza non previsto. Con riguardo alle cartelle emesse a seguito di controllo automatico delle dichiarazioni ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, sono previste una disciplina «a regime» (di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dal citato comma 5 ter) e una «transitoria» (quella di cui al citato comma 5 bis). Quella a regime fissa quale termine decadenziale per la notificazione delle cartelle relative alle dichiarazioni presentate a decorrere dall’entrata in vigore della legge di conversione citata (10 agosto 2006) il terzo anno successivo a quello di presentazione delle dichiarazioni. Quella transitoria prevede termini decadenziali diversi da quelli a regime, differenziandoli a seconda della data di presentazione delle dichiarazioni.

 Essi sono, nel dettaglio:

a) il terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate a decorrere dal 1 gennaio 2004;

b) il quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003;

c) il quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001.

Sempre il citato comma 5 ter (dell’art. 1 del d.l. n. 106 del 2005), in conseguenza di quanto previsto dal comma 5 bis ed al dichiarato fine di conseguire la necessaria uniformità del sistema di riscossione mediante ruolo delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, non solo ha modificato il citato art. 25 del d.P.R. n. 603 del 1973 (in tema di cartella di pagamento per riscossione di imposte dirette) ma ha abrogato l’art. 17 del medesimo decreto, disciplinante i termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo anche con riferimento alle ipotesi di controlli liquidatori ex art. 36 bis. In tema di IVA, e sempre per le dichiarate finalità di cui innanzi, il comma 5 ter, per quanto rileva ai fini della presente ricostruzione, sostituendo l’art. 23 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 (in tema di riscossione mediante ruolo), ha previsto che i termini di decadenza di cui all’art. 25, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973 (così come modificato con lo stesso comma 5 ter) si applicano anche all’IVA.

Con lo stesso comma 5 ter, infine, per le medesime dichiarate finalità di cui innanzi, il legislatore ha sostituito il comma 2 dell’art. 36 del d.lgs. n. 46 del 1999, prevedendo che, in deroga all’art. 25, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 602 del 1973, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento è notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre: del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, relativamente a quelle presentate negli anni 2002 e 2003 (lett. a); del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, relativamente a quelle presentate entro il 31 dicembre 2011 (lett. b).

Sempre poi con riferimento alla riscossione delle somme dovute a seguito di controlli automatici, l’art. 37, comma 42, lett. a), del d.l. n. 223 del 2008 (conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006) ha modificato l’art. 2 del d. Lgs. n. 462 del 1997. Oltre all’abrogazione del comma 1 bis, è stato in particolare modificato il comma 1, disciplinante l’iscrizione diretta nei ruoli a titolo definitivo (anche) delle somme dovute a seguito dei controlli automatici ex artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di imposte sui redditi) e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 (in materia di IVA), espungendo il limite temporale contenuto nell’ultimo inciso («entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione»), espungendo dal primo comma il riferimento al termine del 31 dicembre del secondo anno successivo.

Dalla ricostruzione storico-sistematica di cui sopra emerge la ratio dell’intervento legislativo attuato con il commi 5 bis e 5 ter dell’art. 1 del d.l. n. 106 del 2005: evidentemente trattasi di disciplina che trova giustificazione nell’esplicito obiettivo perseguito dal legislatore di garantire sia l’interesse del contribuente a non essere assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato ma anche l’interesse dell’erario, (parimenti meritevole di tutela, di evitare che, nella fase transitoria, un termine decadenziale eccessivamente ristretto possa precludere od ostacolare la notificazione delle cartelle relative alle dichiarazioni presentate anteriormente all’entrata in vigore della suddetta legge di conversione (L. n. 156 del 2005) e, quindi, pregiudicare la riscossione dei tributi. La ratio legis dell’intervento normativo e l’interpretazione storica oltre che teleologico-sistematica della relativa disciplina, conducono alla risoluzione delle questioni di diritto in esame, nel senso di ritenere applicabile la disciplina «transitoria», di cui all’art. 1 del d.L. n. 106 del 2006, sussistendone i relativi presupposti anche temporali, anche con riferimento alle cartelle di pagamento notificate dopo la sua entrata in vigore ed a prescindere dal rispetto dei termini generali per l’iscrizione a ruolo e di quelli per la liquidazione dell’imposta mediante procedure automatizzate. La disciplina in esame contiene difatti norma di diritto intertemporale volta a regolare rapporti tributari pendenti alla data della sua entrata in vigore, dovendosi però intendere tali (cioè rapporti tributari pendenti) quelli inerenti le dichiarazioni già presentate nei periodi temporali ricompresi nella stessa disposizione transitoria, che siano oggetto di controlli liquidatori, e non necessariamente quelli oggetto di cartelle già emesse e notificate all’esito delle liquidazioni delle dette dichiarazioni (in termini ex plurimis, Cass. sez. 5, 13/12/2017, n. 29845 per la quale trattasi di disciplina applicabile non solo alle situazioni tributarie, anteriori alla sua entrata in vigore, pendenti presso l’Ente impositore ma anche a quelle ancora sub iudice; in senso sostanzialmente conforme si vedano: Cass. sez. 5, 18/11/2015, n. 23550, per la quale la disciplina transitoria si applica anche ai rapporti tributari anteriori alla sua entrata in vigore, in forza della natura interpretativa dell’intervento normativo; Cass. sez. 5, 09/07/2014, n. 632506-01; Cass. sez. 5, 05/10/2012, n. 16990; Cass. sez. 5, 30/01/2011, n. 2212; Cass. sez. 5, 21/07/06, n. 16826; Cass. sez. 5, 25/01/2006, n. 1435;

 – nel caso che ci occupa, a fronte di dichiarazioni presentate nel 2003 e nel 2004 la notifica della cartelle, dato incontroverso in causa, è rispettivamente risalente al 26.2.2007 e al 4.9.2007; le stesse sono quindi tempestive dal momento che sia per la dichiarazione presentata nel 2003, sia per la dichiarazione presentata nel 2004 il termine per dette notifiche era quello del 31.12.2007 (rispettivamente quarto e terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione secondo la ricostruzione normativa sopra operata);

 – affermando quindi che la notifica per la dichiarazione presentata nel 2003 andava perfezionata entro il 31.12.2004, la CTR ha evidentemente commesso errore di diritto; l’azione di controllo è stata invece del tutto tempestiva e tale doveva esser riconosciuta;

– pertanto il ricorso è integralmente accolto, la sentenza impugnata è completamente cassata, con rinvio al giudice dell’appello per nuovo esame nel rispetto dei principi sopra illustrati;

P.Q.M.

accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità. Così deciso in Roma, 1’11 febbraio 2021.

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