CASSAZIONE

L’ottemperanza al giudicato in ambito tributario: novità dalla Cassazione

Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso di ottemperanza – Riassunzione del giudizio di ottemperanza – Obbligo di notifica alla controparte – Esclusione – Integrazione dal contraddittorio a cura della Segreteria della Commissione tributaria

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21997 del 12 ottobre 2020, intervenendo sulla questione della riassunzione del giudizio di ottemperanza in ambito tributario, ha spiegato che anche la riassunzione del giudizio innanzi alla Commissione ritenuta competente deve seguire le medesime forme dell’atto introduttivo di ottemperanza: esso, quindi, richiede il deposito del ricorso presso la Segreteria della Commissione che provvede poi d’ufficio all’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Amministrazione inadempiente.

Ricordiamo in proposito un significativo e recentissimo precedente della Sentenza Cassazione Civile n. 20651 del 29 settembre 2020, aveva già chiarito che; “… Il ricorso per l’esecuzione della sentenza del giudice tributario non richiede quindi la notifica da parte del ricorrente alla controparte, ma solo il deposito del ricorso presso la segreteria della Commissione che provvede, d’ufficio, all’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’amministrazione inadempiente. Ne discende che anche la riassunzione del giudizio di ottemperanza innanzi alla Commissione ritenuta competente deve seguire le medesime forme dell’atto introduttivo del ricorso in ottemperanza e che ha errato la CTR a considerare, ai fini di valutare la tempestività del ricorso la data della notifica e non quella del deposito del ricorso stesso”.

La conformazione dell’Amministrazione Finanziaria alle decisioni dei giudici tributari è spontanea, tenuto conto del principio di legalità dell’azione amministrativa sancito dall’art. 97 Cost.

Tuttavia, talvolta l’adeguamento non opera, con la conseguenza che il contribuente si trova nella necessità di dover “convincere” la propria ex controparte processuale della bontà del proprio diritto e ottenere quindi tutela. Il legislatore, per garantire la posizione del cittadino-contribuente, ha mutuato nel processo tributario un istituto tipico di quello amministrativo con l’art. 70 del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che disciplina il giudizio di ottemperanza in ambito tributario ed è caratterizzato da una procedura propria e a sé stante, che si presenta come efficace alternativa all’esecuzione del processo civile, anch’essa esperibile per ottenere l’esecuzione di una sentenza tributaria

La competenza per i giudizi di ottemperanza agli obblighi derivanti dalle sentenze delle Commissioni tributarie è attribuita, sempre dall’art. 70 cit., alla Commissione Provinciale esclusivamente nel caso in cui sia passata in giudicato una sentenza da essa pronunciata; il che può verificarsi per la mancata impugnazione della decisione di primo grado o nelle ipotesi in cui questa sia impugnata ma resti ferma, senza essere sostituita da quella di appello, che costituisce giudicato formale e non sostanziale quando il giudizio di secondo grado si concluda nel rito con una dichiarazione di inammissibilità, di improcedibilità o di estinzione dell’appello medesimo.

L’unica eccezione, per queste sentenze d’appello, riguarda il capo contenente la condanna alle spese, che può assumere il valore di giudicato sostanziale e costituire un titolo esecutivo autonomo, e va perciò fatto valere in sede di ottemperanza dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale. In tutti gli altri casi, invece, per il giudizio di ottemperanza la competenza appartiene alla Commissione Tributaria Regionale, poiché la sentenza emessa in un grado superiore si sostituisce a quella emessa in primo grado, superata per effetto delle valutazioni operate da altro giudice, esplicitate nella necessaria motivazione (in tal senso, correttamente, ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con la sentenza n. 18266 del 10 settembre 2004).

Ricordiamo che nel giudizio di ottemperanza è possibile chiedere anche gli interessi anatocistici e la rivalutazione monetaria: in tal senso si espressero sia la CTR del Lazio – Sez. XIX – con la sentenza n. 166 del 22 marzo 2000, sia la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo – Sez. VI – con la sentenza n. 40 del 2 aprile 2001.

Una questione molto importante, affrontata dalla giurisprudenza e dalla dottrina in materia di ottemperanza tributaria, è stata quella relativa alla natura e portata delle sentenze cosiddette esecutive. In particolare, ricordiamo la pronuncia della Corte di Cassazione n. 4126 1 marzo 2004, che trae spunto dai principi formatisi in seno alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, affermando che: “… lo scopo del procedimento di ottemperanza è quello di rendere effettivo il comando contenuto nelle sentenze definitive dei giudici tributari anche e specialmente se privo dei caratteri di puntualità e precisione tipici del titolo esecutivo”, come è dimostrato dal fatto che “la tipica attività di merito dell’ottemperanza è quella dell’adozione di provvedimenti in luogo dell’amministrazione inadempiente”.  

Quindi, il ricorso per ottemperanza è ammissibile ogniqualvolta debba farsi valere l’inerzia della Pubblica amministrazione rispetto al giudicato o la difformità specifica dell’atto posto in essere dall’Amministrazione rispetto all’obbligo processuale di attenersi all’accertamento contenuto nella sentenza da eseguire (Consiglio di Stato 992/98) e ciò indipendentemente dall’attivazione di altra eventuale procedura esecutiva.

Infatti, proseguendo nella lettura della citata pronunzia degli Ermellini, il giudizio di ottemperanza, in quanto rivolto a rendere effettivo mediante idonei provvedimenti l’ordine di esecuzione contenuto nella sentenza passata in giudicato, di cui costituisce un’integrazione e un compimento, come peraltro indicato dalla Circolare Ministeriale n. 98/E del 23/4/1996, deve ritenersi complementare (v. Cass. SS.UU. Sent. n. 1593/94) all’eventuale procedimento esecutivo, senza che possa ipotizzarsi una anteticità pregiudiziale dell’esecuzione forzata rispetto al giudizio di ottemperanza.

Quindi il giudizio di ottemperanza mira a garantire un’azione amministrativa conforme a una decisione vincolante, soprattutto allorché questa non contenga un precetto dotato dei caratteri di puntualità e precisione propri del titolo esecutivo, come accade nel caso di sentenze aventi a oggetto un facere o disposizioni relative ad adempimenti prodromici a un pagamento.

Non a caso, infatti, proprio il comportamento dell’ufficio fiscale inerte, esclusivo o, peggio, contrario al giudicato, costituisce condizione dell’azione di ottemperanza al giudicato (come riportato in Consiglio di Stato, 652/84; 779/95; 328/96).

In definitiva, il giudizio di ottemperanza si differenzia ulteriormente rispetto al concorrente giudizio esecutivo civile, in quanto il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nel giudicato, ma piuttosto di rendere effettivo quel comando, anche e specialmente se privo dei caratteri di puntualità e precisione tipici del titolo esecutivo.

Si può pacificamente concludere che l’Amministrazione non potrà più venire meno agli obblighi statuiti in una sentenza definitiva, opponendo la mancanza di una condanna esplicita. Questo significa che il giudizio di ottemperanza può essere instaurato per rendere eseguibili anche gli obblighi di una sentenza in cui il giudice si sia limitato soltanto ad accogliere il ricorso, senza ulteriori determinazioni in merito.

In sostanza, il giudizio di ottemperanza è invocabile ogni qual volta si voglia far valere l’inerzia della Pubblica amministrazione rispetto al giudicato, ovvero la difformità specifica dell’atto posto in essere dall’Amministrazione rispetto all’obbligo processuale di attenersi a quanto contenuto nel dictum da eseguire.

Giova allora precisare anche che l’istituto de quo è previsto a esclusiva tutela del contribuente, dato che l’Amministrazione finanziaria, per portare a esecuzione una sentenza ormai passata in giudicato o una sentenza ancora in disputandum (in questo caso, però, nei limiti di cui all’art. 68, D.lgs. 546/1992), può procedere direttamente con le forme dell’esecuzione esattoriale, ossia mediante iscrizione a ruolo e successiva notifica della cartella esattoriale.

Il collegamento fra tale previsione e la L. 241/1990 (in particolare l’art. 2 c. 3, dedicato proprio alla disciplina del termine di adozione del provvedimento finale) è del resto molto evidente.

Tanto premesso, la vicenda prende inizio quando una società e i propri soci proponevano ricorso per l’esecuzione di una sentenza emessa dalla CTP che, in accoglimento del ricorso di primo grado, annullava le intimazioni di pagamento del contributo unificato e condannava l’Ufficio al pagamento delle spese di giudizio. La CTP dichiarava la propria incompetenza, in quanto pendeva giudizio avverso la medesima sentenza della quale si richiedeva l’ottemperanza e disponeva la riassunzione del giudizio davanti alla CTR nel termine di 45 giorni. Il processo veniva riassunto e la CTR dichiarava l’estinzione del procedimento sul presupposto della inesistenza della notifica dell’atto di riassunzione.

Avverso tale statuizione i contribuenti proponevano ricorso per cassazione, deducendo in particolare la violazione e falsa applicazione degli articoli 16 e 70, D.lgs. 546/1992, sostenendo che i giudici di appello avessero errato nel ritenere applicabile la normativa sulla notificazione degli atti al giudizio di ottemperanza, che nella fase introduttiva non onera il ricorrente della notifica dell’atto alla controparte. La Suprema Corte ha accolto le lagnanze della società contribuente, affermando che “… Dall’esame degli atti di causa risulta che la pronuncia della CTP declinatola della competenza in favore della CTR è stata depositata in data 26.6.2018; i ricorrenti hanno notificato, a mezzo pec il ricorso in riassunzione il successivo 27.7.2018 provvedendo a depositarlo, come risulta dall’attestazione prodotta in giudizio, presso la Segreteria della CTR il 28/8/2018. L’impugnata sentenza ha dichiarato l’estinzione del processo di ottemperanza ritenendo inesistente la notifica da parte del contribuente dell’atto di riassunzione in quanto non effettuata presso l’Avvocatura dello Stato ma alla sede periferica del Ministero. E’, quindi, di tutta evidenza che l’assunto del giudice di seconde cure muove dall’erroneo presupposto che la modalità di introduzione del giudizio di ottemperanza sia quelle della previa notifica, a cura del contribuente, del ricorso all’Ufficio inadempiente analogamente a quanto previsto dal procedimento di cognizione davanti alle Commissioni. L’art. 70 d.lvo. ai commi 3, 4 e 5, per contro, dispone che “ il ricorso indirizzato al presidente della commissione deve contenere la sommaria esposizione dei fatti che ne giustificano la proposizione con la precisa indicazione, a pena di inammissibilità, della sentenza passata in giudicato di cui si chiede l’ottemperanza, che deve essere prodotta in copia unitamente all’originale o copia autentica dell’atto di messa in mora notificato a norma del comma precedente, se necessario. Uno dei due originali del ricorso è comunicato a cura della segreteria della commissione ai soggetti di cui al comma 2 obbligati a provvedere. Entro venti giorni dalla comunicazione l’ufficio può trasmettere le proprie osservazioni alla commissione tributaria, allegando la documentazione dell’eventuale adempimento”. II ricorso per l’esecuzione della sentenza del giudice tributario non richiede quindi la notifica del ricorrente alla controparte ma il deposito del ricorso presso la Segreteria della Commissione che provvede, d’ufficio, all’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Amministrazione inadempiente.  Ne discende che anche la riassunzione del giudizio di ottemperanza innanzi alla Commissione ritenuta competente deve seguire le medesime forme dell’atto introduttivo del ricorso in ottemperanza. Nella fattispecie in esame risulta dagli atti che i ricorrenti abbiano tempestivamente riassunto il processo mediante deposito dell’istanza di riassunzione – notificato a controparte presso la Segreteria della Commissione Tributaria Regionale. In accoglimento del ricorso la sentenza va quindi cassata e rinviata alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto in diversa composizione anche in ordine alle spese del presente procedimento.”

Corte di Cassazione – Ordinanza 12 ottobre 2020, n. 21997

sul ricorso 14404-2019 proposto da: P. SRL E., in persona del legale rappresentante pro tempore, P. D., S. V., D. R., D. G. P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE LIEGI 48/A, presso lo studio dell’avvocato NICOLA MARCHITI’0, rappresentati e difesi dagli avvocati STEFANO GROLLA, VALENTINO ANTONIO SACCO;

– ricorrenti –

contro MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

– intimato –

avverso la sentenza n. 1229g/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del VENETO, depositata il 07/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA

Considerato in fatto

1. P. Srl – E., D.R., P.D., D.G.P. e S.A. proponevano ricorso per l’esecuzione della sentenza nr. 507/03/2017 emessa dalla Commissione Provinciale di Vicenza in data 25/5/2017, depositata il 29/6/2017, che, in accoglimento del ricorso, annullava le intimazioni di pagamento del contributo unificato e condannava l’Ufficio al pagamento delle spese di giudizio che si liquidavano in € 1.000 oltre accessori di legge.

2. La Commissione Tributaria Provinciale dichiarava la propria incompetenza in quanto pendeva giudizio avverso la sentenza di cui si chiedeva l’ottemperanza e disponeva la riassunzione del giudizio davanti alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto nel termine di quarantacinque giorni.

3. Riassunto il processo la Commissione Tributaria Regionale dichiarava l’estinzione del procedimento sul presupposto della inesistenza della notifica dell’atto di riassunzione.

4. Avverso la sentenza della CTR i contribuenti hanno proposto ricorso per Cassazione il Comune affidandosi ad un unico motivo.

Il Ministero non si è costituito.

Ritenuto in diritto

1. Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione degli artt. 16 e 70 del d.lvo. 546/92 in relazione all’art. 360 1 comma nr 3 e 5 cpc; si sostiene che CTR abbia errato nel ritenere applicabile la normativa sulla notificazione degli atti al giudizio di ottemperanza che nella fase introduttiva non onera il ricorrente della notifica dell’atto a controparte.

2. Il motivo è fondato.

2.1 Dall’esame degli atti di causa risulta che la pronuncia della CTP declinatola della competenza in favore della CTR è stata depositata in data 26.6.2018;

i ricorrenti hanno notificato, a mezzo pec il ricorso in riassunzione il successivo 27.7.2018 provvedendo a depositarlo, come risulta dall’attestazione prodotta in giudizio, presso la Segreteria della CTR il 28/8/2018.

2.2 L’impugnata sentenza ha dichiarato l’estinzione del processo di ottemperanza ritenendo inesistente la notifica da parte del contribuente dell’atto di riassunzione in quanto non effettuata presso l’Avvocatura dello Stato ma alla sede periferica del Ministero.

2.3 E’, quindi, di tutta evidenza che l’assunto del giudice di seconde cure muove dall’erroneo presupposto che la modalità di introduzione del giudizio di ottemperanza sia quelle della previa notifica, a cura del contribuente, del ricorso all’Ufficio inadempiente analogamente a quanto previsto dal procedimento di cognizione davanti alle Commissioni.

2.4 L’art. 70 d.lgs. ai commi 3, 4 e 5, per contro, dispone che “il ricorso indirizzato al presidente della commissione deve contenere la sommaria esposizione dei fatti che ne giustificano la proposizione con la precisa indicazione, a pena di inammissibilità, della sentenza passata in giudicato di cui si chiede l’ottemperanza, che deve essere prodotta in copia unitamente all’originale o copia autentica dell’atto di messa in mora notificato a norma del comma precedente, se necessario. Uno dei due originali del ricorso è comunicato a cura della segreteria della commissione ai soggetti di cui al comma 2 obbligati a provvedere. Entro venti giorni dalla comunicazione l’ufficio può trasmettere le proprie osservazioni alla commissione tributaria, allegando la documentazione dell’eventuale adempimento”.

2.5 II ricorso per l’esecuzione della sentenza del giudice tributario non richiede quindi la notifica del ricorrente alla controparte ma il deposito del ricorso presso la Segreteria della Commissione che provvede, d’ufficio, all’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Amministrazione inadempiente.

2.6 Ne discende che anche la riassunzione del giudizio di ottemperanza innanzi alla Commissione ritenuta competente deve seguire le medesime forme dell’atto introduttivo del ricorso in ottemperanza.

2.7 Nella fattispecie in esame risulta dagli atti che i ricorrenti abbiano tempestivamente riassunto il processo mediante deposito dell’istanza di riassunzione – notificato a controparte presso la Segreteria della Commissione Tributaria Regionale.

3. In accoglimento del ricorso la sentenza va quindi cassata e rinviata alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto in diversa composizione anche in ordine alle spese del presente procedimento.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso cassa l’impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Provinciale di Veneto in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso nella Camera di Consiglio del 9 settembre 2020.

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay