CASSAZIONE

Confermata la giurisdizione della Corte dei Conti sui danni da inadempimento nella gestione dei tributi tra Agente della Riscossione e Comune

Tributi – Enti locali– Riscossione – Agente contabile – Giudizio di conto – Inadempienza – Corte dei Conti – Giurisdizione esclusiva – Eccesso di potere giurisdizionale – Nozione – Error in procedendo – Configurabilità – Esclusione

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 5595 del 2020 ha confermato la competenza della Corte dei Conti in merito alla domanda di risarcimento dei danni presentata da un Comune nei confronti dell’Agente della Riscossione per condotta inadempiente tenuta nell’esercizio della sua attività di gestione dei crediti tributari.

Ricordiamo che si ha inadempimento dell’obbligazione quando la prestazione non è eseguita al momento dovuto o adempiuta nel luogo stabilito o nelle modalità convenute. In questo senso si sono mossi i giudici contabili, Sezione giurisdizionale per la regione Lazio, che affrontando la medesima questione con la sentenza n. 255 del 6 maggio 2015, affermarono che detto onere, che spettava a Equitalia, non era stato assolto e che: “colui … che si obbliga a gestire il servizio di riscossione (e per tale fatto riveste la qualifica di agente contabile) deve dare legale discarico’ delle somme che non può versare nelle casse dell’Ente affidante; e questa dimostrazione non può che essere fornita attraverso la produzione documentale delle cause che hanno impedito la materiale riscossione di quanto dovuto dal debitore erariale”. Ora la Cassazione non lascia più margini a dubbi sulla giurisdizione della Corte dei Conti “in ordine ai giudizi tra il Comune e l’agente della riscossione…riguardanti la responsabilità di detto agente nel caso in cui abbia cagionato per colpa un danno patrimoniale al Comune…”: ha definitivamente confermato la legittimità della sentenza emessa dalla Corte dei Conti, Corte Centrale D’Appello, che accertate le inadempienze contrattuali di Equitalia nell’esercizio dell’attività di gestione dei crediti tributari del Comune, la condannava al risarcimento dei danni per mancate riscossioni dei ruoli per quasi dieci milioni di euro. Secondo l’odierno parere della Suprema Corte, “… la giurisdizione contabile ha infatti natura tendenzialmente generale …e dunque anche quanto alla verifica dei rapporti di dare ed avere tra agente della riscossione ed ente locale titolare del credito da riscuotere e quanto al risultato contabile finale di detti rapporti”.

Va peraltro ricordato che la giurisdizione della Corte dei Conti sul bilancio è una giurisdizione “generale” sul bilancio, dotata di propria vis expansiva in difetto di espresse limitazioni legislative, in materia di contabilità pubblica, e dunque anche quanto alla verifica dei rapporti di dare e avere tra agente della riscossione ed ente locale titolare del credito da riscuotere e quanto al risultato contabile finale di detti rapporti, e non una giurisdizione per attribuzione: come rammenta la Cassazione, in ossequio all’ art. 103 della Costituzione, la particolarità del giudizio contabile deriva da vari profili.

Infatti, sul piano soggettivo riguarda chi usa o gestisce risorse pubbliche e si avvia a seguito di un rendiconto che questi stessi soggetti presentano. Si tratta, infatti, dello strumento tecnico con cui nel sistema cavouriano si esercitava il “controllo successivo” del bilancio, senza alcuna divaricazione tra “controllo” e giurisdizione, evidenziando che quando il controllo è di legittimità, la

differenziazione semantica attiene alle forme, non alla materia della giurisdizione e al contenuto della funzione, anche ai sensi degli artt. 13 e 44 del R.D. n. 1214 del 1934, 9 del DPR n. 603/1973, 127 del DPR n. 858/1963, disposizioni da ritenersi non abrogate dalla legge n. 657/1986 e dal DPR n. 43/1988 (Cass. Sezioni Unite, n. 237 e n. 862 del 1999; Cass. n. 11524 del 2015; Cass. Sezioni Unite, n. 23302 del 2016; Cass. Sez. U. 18 giugno 2018, n. 16014): vedi, ora, anche gli artt. 1 e 172, Cod. Giust. Cont. (allegato 1 al D.lgs. n. 174/2016).

Del resto, come provano alcune massime, l’abrogato art. 58 R.D. n. 1038/33 (oggi art. 172 CGC), mediante la previsione “di altri giudizi di parte” introduce una categoria residuale, aperta, di giudizi che possono essere instaurati avanti il giudice contabile […], con l’unico limite che si verta in materia assegnata alla giurisdizione della Corte dei Conti (Cass. Sez. U. 10 febbraio 2009, n. 5463). La Corte di Cassazione, del resto, ha costantemente ritenuto (ex multis Cass. Sez. UU. 18 settembre 2017, n. 21546) sussistere la giurisdizione della Corte dei Conti in ordine ai giudizi contenziosi relativi alla responsabilità erariale gravante sull’agente contabile della pubblica amministrazione (cioè del soggetto che gestisce denaro dello Stato o di un ente pubblico) e, in particolare (per quanto qui interessa), in ordine ai giudizi tra il Comune e l’agente della riscossione – il quale, in forza di uno specifico rapporto di servizio, esercita pubbliche funzioni che spetterebbero all’ente locale di cui è agente o concessionario – riguardanti la responsabilità di detto agente nel caso in cui abbia cagionato per colpa grave un danno patrimoniale al Comune.

Va anche ricordato che la giurisdizione della Corte dei Conti sussiste tutte le volte in cui fra l’autore del danno e l’amministrazione o l’ente pubblico danneggiati sia ravvisabile un rapporto non solo di impiego in senso proprio, ma di servizio, intendendosi per tale una relazione funzionale caratterizzata dall’inserimento del soggetto nell’apparato organico e nell’attività dell’ente, suscettibile di rendere il primo compartecipe dell’operato del secondo (Cass., Sezioni Unite, n. 24671 del 2009, n. 16240 del 2014, n. 10324 del 2016).

Da ultimo ricordiamo che con la Sentenza n. 16014 del 18 giugno 2018 gli Ermellini avevano già stabilito che le controversie tra l’ente pubblico e il concessionario della riscossione sono di competenza della Corte dei Conti e non del giudice tributario. La Corte confermava la qualifica di agente contabile alla società concessionaria del servizio di riscossione, essendo quest’ultima incaricata, in virtù di una concessione contratto, di riscuotere denaro di spettanza dell’ente pubblico del quale la stessa ha il maneggio nel periodo compreso tra la riscossione e il versamento e va perciò qualificata “giudizio di conto” ogni controversia, tra tale società e l’ente impositore, che abbia ad oggetto la verifica dei rapporti di dare ed avere e il risultato finale di tali rapporti.

Tanto premesso, e tornando al caso di specie, il Comune di C. con ricorso proposto ai sensi del R.D. n. 1038 del 1933, art. 58, innanzi alla sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Lazio, chiese la condanna di Equitalia Sud S.p.a. al risarcimento del danno per l’importo di oltre dodici milioni di euro per avere omesso, parzialmente, di procedere alla riscossione di tributi, non adempiendo alla convenzione stipulata il 10 luglio 2008. Proprio nell’ambito di quella convenzione sorse il contrasto tra l’amministrazione e il concessionario in ordine alle modalità convenute per il disimpegno del servizio, atteso che l’ente lamentava il mancato e puntuale riscontro, per tutti i ruoli affidati, delle quote ritenute inesigibili, nonché l’estrema esiguità degli importi effettivamente riscossi. In particolare, il Comune censurava la totale assenza di chiarezza nella condotta del gestore e la mancata partecipazione di documenti che giustificassero l’inesigibilità dei crediti, rilevando una violazione dell’obbligo di rendicontazione a carico della società di riscossione. Viceversa, la difesa della società assumeva, invece, di aver assolto agli obblighi previsti dalla Convenzione, con invio della documentazione relativa ai ruoli, cartelle e stato di riscossione. Tuttavia, i chiarimenti così ottenuti erano reputati del tutto insufficienti dal Comune ricorrente, il quale chiedeva in tal senso la condanna dell’agente della riscossione nei termini sopra esposti, somme che la società convenuta non contestava limitandosi a generiche affermazioni di disponibilità alle verifiche.

L’ente di riscossione si vide soccombente nel giudizio e reiterò l’appello, ma anche in quella sede ottenne sentenza negativa, ma che rideterminò nella misura onnicomprensiva di euro 9.793.475,64 l’importo dovuto da Equitalia Sud S.p.a.

Nelle motivazioni della sentenza i giudici contabili hanno affermato anche che: “… la controversia aveva ad oggetto non l’accertamento di un inadempimento contrattuale, ma l’esatto esercizio della funzione di interesse pubblico della riscossione dei crediti erariali e che i giudizi ad istanza di parte, disciplinati solo per il profilo procedurale dal capo III del regolamento di procedura approvato con R.D. n. 1038 del 1933, costituivano categoria “aperta” senza vincolare sul piano sostanziale l’interprete, dipendendo la cognizione del giudice contabile dalla materia in questione, nella specie rimessa alla giurisdizione contabile per la qualità di agente contabile del concessionario dei servizi di esattoria del Comune”.

Di qui il ricorso in Cassazione articolato con tre motivi.
I giudici di Piazza Cavour, esaminati gli atti e in linea anche con quanto affermato in precedenza con la sentenza n. 6 del 2018 della Corte costituzionale, confermano che: “…La società concessionaria del servizio di riscossione delle imposte, in quanto incaricata, in virtù di una concessione contratto, di riscuotere denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici, del quale la stessa ha il maneggio nel periodo compreso tra la riscossione ed il versamento, riveste la qualifica di agente contabile, ed ogni controversia tra essa e l’ente impositore, che abbia ad oggetto la verifica dei rapporti di dare e avere e il risultato finale di tali rapporti, dà luogo ad un ‘giudizio di conto’ (Cass. Sez. U. 18 giugno 2018, n. 16014; 16 novembre 2016, n. 23302). È stata dunque da questa Corte ritenuta sussistente la giurisdizione della Corte dei conti in ordine ai giudizi tra il Comune e l’agente della riscossione (il quale, in forza di uno specifico rapporto di servizio, esercita pubbliche funzioni che spetterebbero all’ente locale di cui è agente o concessionario) riguardanti la responsabilità di detto agente nel caso in cui abbia cagionato per colpa un danno patrimoniale al Comune (Cass. Sez. U. 18 settembre 2017, n. 21546; 24 marzo 2017, n. 7663; 16 dicembre 2009, n. 26280). Ed invero la giurisdizione della Corte dei conti sussiste tutte le volte in cui fra l’autore del danno e l’amministrazione o l’ente pubblico danneggiati sia ravvisabile un rapporto, non solo di impiego in senso proprio, ma di servizio, intendendosi per tale una relazione funzionale, caratterizzata dall’inserimento del soggetto nell’apparato organico e nell’attività dell’ente, suscettibile di rendere il primo compartecipe dell’operato del secondo (Cass., Sezioni Unite, n. 24671 del 2009, n. 16240 del 2014, n. 10324 del 2016) La giurisdizione contabile ha infatti natura tendenzialmente generale, dotata di propria vis expansiva in difetto di espresse limitazioni legislative, in materia di contabilità pubblica (così fra le tante Cass. Sez. U. 18 settembre 2017, n. 21546) e dunque anche quanto alla verifica dei rapporti di dare ed avere tra agente della riscossione ed ente locale titolare del credito da riscuotere e quanto al risultato contabile finale di detti rapporti. Nella specie viene fatta valere proprio la responsabilità dell’agente della riscossione per la condotta inadempiente tenuta nell’esercizio della sua attività in ordine alla gestione dei crediti tributari del Comune”.

Corte di Cassazione – Sentenza 28 febbraio 2020, n. 5595

Sul ricorso 25970-2018 proposto da:
ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (subentrata ex lege ad Equitalia Sud s.p.a.), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– ricorrente –
contro COMUNE DI C., in persona del Commissario Prefettizio pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato ENRICO MICHETTI, che lo rappresenta e difende;
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICOMINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;
– controricorrenti – nonché contro PROCURA REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA CORTE DEI CONTI PER LA REGIONE LAZIO;
– intimata –
avverso la sentenza n. 34/2018 della CORTE DEI CONTI – III SEZIONE GIURISDIZIONALECENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 01/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/02/2020 dal Consigliere ENRICO SCODITTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale LUCIO CAPASSO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Alfonso Peluso e Gianni De Bellis per l’Avvocatura Generale dello Stato e l’avvocato Antonio Cordasco per delega dell’avvocato Enrico Michetti.
Fatti di causa
Il Comune di C., con ricorso proposto ai sensi del R.D. n. 1038 del 1933, art. 58 innanzi alla sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio, chiese la condanna di Equitalia Sud s.p.a. al risarcimento del danno per l’importo di Euro 11.898.890,12, per avere omesso, parzialmente, di procedere alla riscossione di tributi, non adempiendo alla convenzione stipulata il 10 luglio 2008. Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda. La Corte dei Conti adita accolse la domanda, condannando la convenuta al pagamento della somma di Euro 12.091.238,46.
Avverso detta sentenza propose appello Equitalia Sud s.p.a.. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello.
Con sentenza di data 1 febbraio 2018 la Corte dei conti sezione terza giurisdizionale centrale d’appello, in parziale accoglimento dell’impugnazione, rideterminò nella misura onnicomprensiva di Euro 9.793.475,64 l’importo dovuto da Equitalia Sud s.p.a. Osservò la sezione centrale di appello della Corte dei conti, per quanto qui rileva, che infondato era il motivo di appello relativo al difetto di giurisdizione, in primo luogo per la qualità di agenti dell’amministrazione, soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti, degli incaricati della riscossione delle entrate dell’ente e del relativo versamento all’ente medesimo, in secondo luogo per la qualificazione di contabile della società concessionaria del servizio di riscossione delle imposte.
Aggiunse che la controversia aveva ad oggetto non l’accertamento di un inadempimento contrattuale, ma l’esatto esercizio della funzione di interesse pubblico della riscossione dei crediti erariali e che i giudizi ad istanza di parte, disciplinati solo per il profilo procedurale dal capo III del regolamento di procedura approvato con R.D. n. 1038 del 1933, costituivano categoria “aperta” senza vincolare sul piano sostanziale l’interprete, dipendendo la cognizione del giudice contabile dalla materia in questione, nella specie rimessa alla giurisdizione contabile per la qualità di agente contabile del concessionario dei servizi di esattoria del Comune. Osservò inoltre che infondato era il motivo di appello relativo alla violazione del D.Lgs. n. 112 del 1999 in tema di comunicazioni di inesigibilità e procedura di discarico delle quote iscritte a ruolo, non comportando la previsione del termine per la comunicazione da parte del concessionario dell’inesigibilità del credito l’obbligo per l’amministrazione di attendere la scadenza del detto termine per chiedere conto al concessionario medesimo della gestione. Ha proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. e art. 362 c.p.c., comma 1, ADER – Agenzia delle Entrate Riscossione (ex lege subentrata ad Equitalia Sud s.p.a.) sulla base di tre motivi. Resistono con distinti controricorsi il Comune di C. ed il Procuratore generale presso la Corte dei conti. È stata depositata memoria di parte.

Ragioni della decisione

Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione del R.D. n. 1038 del 1933, art. 58, ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 1, e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1. Osserva la ricorrente che la decisione è affetta da difetto assoluto di giurisdizione perché sulla base dell’art. 58 è stata creata un’azione, in realtà inesistente, di responsabilità, invocata peraltro per inadempimento contrattuale, in aggiunta a quella esperibile dalla Procura erariale. Precisa che l’azione esercitata dal Comune non rientra in alcuna delle ipotesi previste da specifiche disposizioni di legge, risulta proposta senza il previo esperimento del procedimento amministrativo di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 19 e 20, estende extra legem ad un ente un’ipotesi di responsabilità amministrativa contabile che ha invero natura strettamente personale e sottopone alla cognizione della Corte di conti una normale azione di responsabilità contrattuale.

1.1 Il motivo è inammissibile.
Alla luce della sentenza n. 6 del 2018 della Corte costituzionale – la quale ha carattere vincolante perché volta ad identificare gli ambiti dei poteri attribuiti alle diverse giurisdizioni dalla Costituzione, nonché i presupposti e i limiti del ricorso ex art. 111 Cost., comma 8, – il sindacato della Corte di Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione concerne le ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per “invasione” o “sconfinamento” nella sfera riservata ad altro potere dello Stato ovvero per “arretramento” rispetto ad una materia che può formare oggetto di cognizione giurisdizionale, negando la giurisdizione sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale, nonché le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei Conti o il Consiglio di Stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull’erroneo presupposto di quell’attribuzione. Il difetto assoluto di giurisdizione, sotto il profilo dell’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore, è configurabile solo allorché il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete, e non invece quando si sia limitato al compito interpretativo che gli è proprio, posto che gli errores in iudicando o in procedendo non investono la sussistenza ed i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, ma solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo (da ultimo, fra le tante, Cass. Sez. UU. 20 marzo 2019, n. 7926 e 25 marzo 2019, n. 8311, nonché Cass. Sez. U. 11 settembre 2019, n. 22711). Con il motivo di ricorso si denuncia, sia pure nelle forme della censura per inesistenza della norma che sarebbe stata applicata, l’erronea interpretazione del R.D. n. 1038 del 1933, art. 58, cui sarebbe stata conferita una valenza ad esso estranea, secondo l’assunto della ricorrente. In tal modo si denuncia un error in procedendo e non la violazione dei limiti esterni della giurisdizione.
1.1.2. Investe parimenti l’ambito dell’error in procedendo, ed è dunque inidonea a fondare la censura di difetto assoluto di giurisdizione, la denuncia della proposizione del giudizio senza il previo esperimento del procedimento amministrativo di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 19 e 20. La censura attiene ad una modalità procedimentale strumentale al giudizio ad istanza di parte, ed in particolare la controversia tra agente della riscossione ed ente impositore in dipendenza del rapporto di affidamento del servizio di riscossione di tributi, e dunque trattasi di censura relativa ai limiti interni della giurisdizione contabile, il cui controllo è sottratto al sindacato della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 14 gennaio 2005, n. 476). Va peraltro rammentato che, con riferimento al giudizio di responsabilità promosso dal Procuratore generale per i danni derivati all’erario dalla mancata esazione dei ruoli consegnati per la riscossione al concessionario anche prima ed indipendentemente dallo svolgimento del procedimento amministrativo di accertamento del diritto al rimborso o al discarico delle quote d’imposta anticipate e dichiarate inesigibili – D.P.R. n. 43 del
1988, ex art. 85 e, successivamente, D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 19 e 20 -, è stato affermato che non sussiste violazione dei limiti esterni della giurisdizione della Corte dei conti, ma vengono piuttosto in rilievo le modalità ed il tempo del suo esercizio (Cass. Sez. U. 11 maggio 2009, n. 10667; 23 febbraio 2010, n. 4312; 6 aprile 2018, n. 8568).
1.1.3. Va aggiunto che il motivo è inammissibile anche per estraneità alla ratio decidendi (e dunque difetto di decisività), avendo la Corte dei Conti riconosciuto la propria giurisdizione non sulla base del citato art. 58, come si afferma nel motivo, ma della materia implicata dalla controversia, peraltro in conformità a quanto da tempo affermato da questa Corte, ossia che l’art. 58 in discorso, mediante la previsione di “altri giudizi ad istanza di parte”, introduce una categoria residuale, aperta, di giudizi che possono essere instaurati avanti il giudice contabile ad iniziativa di soggetti diversi dal pubblico ministero, con l’unico limite, che si verta in materia assegnata alla giurisdizione della Corte dei conti (Cass. Sez. U. 10 febbraio 2009, n. 5463).
Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 133, comma 1, lett. c) cod. proc.

amm., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1. Osserva la ricorrente, in via subordinata, che rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, come quella di specie relativa alla riscossione delle entrate di un Comune. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1218 e 1223 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1. Osserva la ricorrente, in via subordinata, che ricorre la giurisdizione del giudice ordinario trattandosi di controversia avente ad oggetto l’adempimento della convenzione stipulata il 10 luglio 2008.

I motivi secondo e terzo, da valutare congiuntamente, sono infondati. La società concessionaria del servizio di riscossione delle imposte, in quanto incaricata, in virtù di una concessione contratto, di riscuotere denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici, del quale la stessa ha il maneggio nel periodo compreso tra la riscossione ed il versamento, riveste la qualifica di agente contabile, ed ogni controversia tra essa e l’ente impositore, che abbia ad oggetto la verifica dei rapporti di dare e avere e il risultato finale di tali rapporti, dà luogo ad un “giudizio di conto” (Cass. Sez. U. 18 giugno 2018, n. 16014; 16 novembre 2016, n. 23302). È stata dunque da questa Corte ritenuta sussistente la giurisdizione della Corte dei conti in ordine ai giudizi tra il Comune e l’agente della riscossione (il quale, in forza di uno specifico rapporto di servizio, esercitaì pubbliche funzioni che spetterebbero all’ente locale di cui è agente o concessionario) riguardanti la responsabilità di detto agente nel caso in cui abbia cagionato per colpa un danno patrimoniale al Comune (Cass. Sez. U. 18 settembre 2017, n. 21546; 24 marzo 2017, n. 7663; 16 dicembre 2009, n. 26280). Ed invero la giurisdizione della Corte dei conti sussiste tutte le volte in cui fra l’autore del danno e l’amministrazione o l’ente pubblico danneggiati sia ravvisabile un rapporto, non solo di impiego in senso proprio, ma di servizio, intendendosi per tale una relazione funzionale, caratterizzata dall’inserimento del soggetto nell’apparato organico e nell’attività dell’ente, suscettibile di rendere il primo compartecipe dell’operato del secondo (Cass., Sezioni Unite, n. 24671 del 2009, n. 16240 del 2014, n. 10324 del 2016) La giurisdizione contabile ha infatti natura tendenzialmente generale, dotata di propria vis expansiva in difetto di espresse limitazioni legislative, in materia di contabilità pubblica (così fra le tante Cass. Sez. U. 18 settembre 2017, n. 21546) e dunque anche quanto alla verifica dei rapporti di dare ed avere tra agente della riscossione ed ente locale titolare del credito da riscuotere e quanto al risultato contabile finale di detti rapporti.

4.1. Nella specie viene fatta valere proprio la responsabilità dell’agente della riscossione per la condotta inadempiente tenuta nell’esercizio della sua attività in ordine alla gestione dei crediti tributari del Comune. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Non v’è luogo a pronuncia sulle spese in relazione alla natura di parte solo in senso formale del Procuratore generale della Corte dei conti. Non sussistono le condizioni per dare atto della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Comune di C., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il giorno 11 febbraio 2020

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