CASSAZIONE FISCO & WEB

Anche le foto di Google possono confermare la validità dell’accertamento ICP

Tributi locali – Imposta sulla pubblicità (ICP) – Accertamento – Principio di autosufficienza del ricorso per cassazione –

Sussistenza del messaggio pubblicitario – Immagini tratte dal Web  – Onere di disconoscimento delle riproduzioni informatiche – Art. 16 D.lgs. 30/12/2010, n. 235 – riproduzioni informatiche, di cui all’art. 2712 c.c. – Art. 2712 c.c.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 308 del 10 gennaio 2020 è intervenuta con motivazioni sull’efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche, di cui all’art. 2712 c.c., per affermare la validità sia dell’accertamento eseguito da soggetto esterno all’organigramma comunale, sia delle foto tratte da Google che ritraggono il messaggio pubblicitario.

Nell’ambito della fiscalità locale sta acquisendo sempre maggior peso, sia in termini di gettito sia in termini di contenzioso, l’imposta comunale sulla pubblicità che si applica a tutti coloro che effettuano la diffusione di messaggi pubblicitari, attraverso forme di comunicazione visive e/o acustiche diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Ai fini dell’imposizione si considerano rilevanti i messaggi diffusi nell’esercizio di un’attività economica allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero finalizzati a migliorare l’immagine del soggetto pubblicizzato, come previsto dal decreto legislativo del 15/11/1993, n. 507.

Per verificare la sussistenza del messaggio pubblicitario che determina il pagamento dell’imposta, il Comune è tenuto ad adottare apposito regolamento per l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità e per l’effettuazione del servizio delle pubbliche affissioni. Con il regolamento il Comune disciplina le modalità di effettuazione della pubblicità e può stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse. 

Inoltre gli elementi che un avviso di accertamento dell’ICP deve contenere non si limitano solo al contenuto del messaggio, perché devono essere indicate la superficie del mezzo pubblicitario, la riconducibilità del prodotto a quella impresa e il produttore del bene oltre che del proprietario del mezzo pubblicitario, tutti coobbligati solidali.

Occorrono quindi foto, disegni, filmati e quant’altro: si tratta di componenti della fattispecie impositiva che devono necessariamente risultare dalla lettura dell’atto impositivo.

In mancanza l’avviso di accertamento deve essere annullato per carenza di prova. 

Si tratta di un principio giurisprudenziale che trova la sua ratio nell’osservanza dei principi normativi contenuti nell’art. 7 della legge n. 212/2000 da cui gli enti impositori non possono prescindere, più che mai in sede di accertamento, al fine di salvaguardare sempre e comunque l’esercizio del diritto di difesa del contribuente costituzionalmente assistito. L’analisi della disciplina, della prassi e della giurisprudenza sull’accertamento dell’imposta comunale sulla pubblicità, intesa sia come fase di istruttoria sia come fase di concreta emanazione dell’atto amministrativo, tuttavia, viene resa ancor più attuale considerando il sempre più crescente contenzioso che coinvolge, da un lato, i contribuenti e, dall’altro lato, i soggetti accertatori.

L’ordinamento ha concesso ai Comuni, in termini di efficienza, economicità ed efficacia, la possibilità di optare tra la gestione diretta del servizio e la concessione a terzi, dietro corrispettivo che sia aggio o corresponsione fissa.

In un panorama così composito è evidente che l’imposta in questione rappresenta un unicum del diritto tributario, potendo dei soggetti privati, intesi come non appartenenti organicamente all’Amministrazione, avere il potere non solo di riscuotere i tributi ma anche di accertare il corretto adempimento degli obblighi derivanti dalla legge. Il concessionario subentra al Comune in tutti i diritti e obblighi inerenti alla gestione del servizio dietro corrispettivo per l’attività svolta.

Da un punto di vista oggettivo, ossia analizzando il contenuto dell’atto, a decorrere dal 1° gennaio 2007, in seguito all’abrogazione dell’art. 10 del D.lgs. 507/1993, la materia dell’accertamento dei tributi locali è disciplinata dai commi 161 e 162 dell’art. 1, legge 296/2006. L’avviso di accertamento, sottoscritto dal funzionario responsabile, deve contenere il soggetto passivo, le caratteristiche e l’ubicazione del mezzo pubblicitario, l’importo dell’imposta o della maggiore imposta accertata, delle sopratasse dovute e dei relativi interessi, nonché il termine di 60 giorni entro cui effettuare il relativo pagamento. Oltre agli aspetti formali, e al di là della lettera della norma, l’avviso di accertamento deve poter assolvere autonomamente l’onere di motivazione, indicando gli atti e i fatti che costituiscono il fondamento della pretesa.

Il Comune e il concessionario sono gli attori sostanziali nel processo tributario, come testimonia la stessa giurisprudenza della Corte (Sent. n.16235/2015; n. 31707/2018; n. 27496/2014; n. 11530/2018, n. 8658/2015, e n. 9580/1994, n. 8220/1993, n. 1930/1990) ed, eventualmente, solo in sede contenziosa emergerà la necessità di allegazione dei documenti, che deve avvenire almeno 20 giorni liberi prima dell’udienza di trattazione.

In particolare è da sottolineare che nell’ambito dei mezzi di prova, e con particolare riferimento alle riproduzioni genericamente considerate, l’art. 2712 c.c. (nella formulazione successiva all’entrata in vigore dell’art. 16, D.lgs. 235/2010, che vi ha ricompreso, insieme alle riproduzioni informatiche e cinematografiche, anche quelle informatiche) dispone che “le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”. Come peraltro noto, ai fini probatori il documento “riproducente” viene esibito in giudizio “al fine di dimostrare un fatto storico da valutare nell’apprezzamento di una più complessa fattispecie” e non in quanto negozio giuridico da cui far derivare “direttamente e immediatamente diritti e obblighi” (Cassazione – Sez. Lavoro n. 3122 del 17/02/2015).

In particolare, relativamente al valore probatorio delle riproduzioni informatiche, la Cassazione – Sez. Lavoro, già con sentenza n. 11445 del 06/09/2001 – distingueva tra documenti informatici muniti di sottoscrizione digitale, che possedevano “l’efficacia probatoria della scrittura privata ai sensi dell’art. 2702 c.c.” e documenti informatici privi di sottoscrizione digitale, i quali, invece, dovevano essere ricondotti “tra le riproduzioni fotografiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica (ed ora elettronica) di fatti e di cose, le quali formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”, proprio in virtù di quanto disposto dal citato art. 2712 c.c. Di contro ricordiamo che ai fini del disconoscimento di una riproduzione informatica la Suprema Corte è intervenuta in numerose occasioni: tra le altre, a titolo esemplificativo, anche con sentenza della Sezione Lavoro n. 9884 dell’11/05/2005, precisando che “la contestazione esclude il pieno valore probatorio della riproduzione meccanica, ove abbia per oggetto il rapporto di corrispondenza fra la realtà storica e la riproduzione meccanica (ovvero ‘la conformità’ dei dati ai fatti ed alle cose rappresentate)” e stabilendo, nel contempo, che “ove contestazione vi sia stata, la riproduzione, pur perdendo il suo pieno valore probatorio, conserva tuttavia il minor valore di un semplice elemento di prova, che può essere integrato da ulteriori elementi”. Tuttavia, anche la giurisprudenza di merito, ha subito precisato che il “disconoscimento” che fa perdere la qualità di prova alle riproduzioni si cui si tratta, pur non essendo sottoposto ai limiti e alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c., deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta.

Nel tornare ora al caso oggi rappresentato, la vicenda prende le mosse da un avviso di accertamento per l’imposta di pubblicità emesso a carico di una società basato essenzialmente sulla documentazione tratta dalle immagini scaricate da  Google Street View. Brevemente specifichiamo, e citando Wikipedia, che Google Street View è una caratteristica di Google Maps e Google Earth che fornisce viste panoramiche a 360° in orizzontale e a 160º in verticale lungo le strade, a distanza di 10-20 metri l’una dall’altra, che permette agli utenti di vedere parti di varie città del mondo a livello del terreno. Il contribuente, dopo aver incassato i giudizi negativi da parte dei giudici tributari, ricorreva in Cassazione lamentando solo in questa sede la validità di un accertamento effettuato da “una persona fisica estranea all’organigramma comunale, anche se legata all’ente accertato da un rapporto di consulenza privata”, così come file scaricati da internet privi di qualsivoglia ufficialità.

Gli Ermellini, dopo una puntuale disamina affermano che: “… Era pertanto onere del ricorrente, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, riportare la parte dei propri scritti difensivi in seconde cure ove aveva sollevato tale contestazione. In assenza di ciò il motivo non risulta scrutinabile in questa sede di legittimità. In ogni caso, si osserva che, anche ad escludere l’efficacia probatoria dell’atto pubblico e, quindi, la sua validità fino a querela di falso, un accertamento effettuato da persona incaricata dall’amministrazione costituisce tuttavia mezzo di prova ancorché privo della forza probatoria privilegiata dell’atto pubblico. Riguardo poi alle foto tratte da intemet, ( google earth e google street view) ,di cui il ricorrente contesta il valore probatorio ,va, in primo luogo, osservato che per l’anno 2012 sussiste non solo la foto tratta da intemet ma altresì il verbale di contravvenzione del pubblico funzionario comunale di cui lo stesso ricorso ammette la validità ,onde su tale anno non esiste contestazione. Riguardo ai restanti anni 2009 e 2010, per i quali sussistono solo le foto , va osservato che la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che la fotografia costituisce prova precostituita della sua conformità alle cose e ai luoghi rappresentati, sicché chi voglia inficiarne l’efficacia probatoria non può limitarsi a contestare i fatti che la parte che l’ha prodotta intende con essa provare, ma ha l’onere di disconoscere tale conformità. (Cass 9977/18;Cass 8682/08; Cass.2780/2004;Cass.6322/1998). In particolare, si è ritenuto che in tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all’art. 2712 c.c. il disconoscimento idoneo a farne perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta. (Cass 17526/16). Ricordati questi principi , si osserva che l’argomento principe posto a base del motivo di ricorso è che i riscontri fotografici in questione non assicurano la certezza della data del rilevamento. Di tale questione si rinviene solo un generico riferimento nella motivazione della sentenza, era pertanto onere del ricorrente riportare nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza, le contestazioni mosse nella fase di merito al fine di consentire a questa Corte di valutare l’avvenuta omessa valutazione da parte del giudice di merito del degrado o meno della produzione fotografica da elemento di prova a semplice elemento presuntivo. In assenza di ciò il motivo costituisce una richiesta di rivalutazione del materiale probatorio in difformità da quanto accertato dai giudici del merito, certamente preclusa in questa sede di legittimità. Si osserva comunque che , anche a volere, in via di pura ipotesi, ritenere che la documentazione fotografica in oggetto fosse un mero elemento presuntivo , la sentenza impugnata esprime in ogni caso una valutazione di adeguatezza di tale elemento e ciò in ragione “ del difetto di prova contraria o di denunziata falsificazione “delle foto. Resta da dire che non si rinviene alcuna censura specifica in ordine a quella parte della sentenza impugnata che ha ritenuto ,in via presuntiva, che la pubblicità tramite il mezzo parcheggiato sia stata effettuata anche negli anni 2011 e 2013 . In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile” .

Corte di Cassazione – Ordinanza 10 gennaio 2020, n. 308

Sul ricorso 15648-2018 proposto da:

S. B., titolare e legale rappresentante della ditta P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LORENZO GIULIANI;

– ricorrente –

contro COMUNE DI PINETO ;

– intimato –

avverso la sentenza n. 954/2/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’ABRUZZO, depositata il 13/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI.

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria provinciale di Teramo ,con sentenza n 147/16 ,sez.1, rigettava il ricorso proposto dalla P. in persona del suo titolare S. B. avverso l’ avviso di accertamento 109/14 per imposta di pubblicità 2009-2014.

Avverso detta decisione il contribuente proponeva appello, innanzi alla CTR Abruzzo.

Il giudice di seconde cure , con sentenza 954/02/2017, rigettava l’impugnazione confermando l’orientamento espresso dal giudice di primo grado.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione S. B., nella qualità, sulla base di un motivo illustrato con memoria.

Il Comune di Pineto non ha resistito con controricorso .

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art 380 bis cpc

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso il contribuente contesta la sentenza laddove la CTR ha ritenuto provato lo stazionamento in situ del veicolo del ricorrente contenente messaggi pubblicitari per gli anni 2009-2014 in base a scheda di rilevamento (2014), verbale google street view (2010) e foto google street view (2009) nonché in base a presunzione per gli anni 2011 e 2013.

In particolare il ricorrente contesta la validità di un accertamento effettuato da “una persona fisica estranea all’organigramma comunale, anche se legata all’ente accertato da un rapporto di consulenza privata” così come “file scaricati da internet privi di qualsivoglia ufficialità”.

Il motivo è inammissibile prima ancora che manifestamente infondato.

Per ciò che concerne l’accertamento effettuato da persona estranea all’amministrazione comunale, di tale circostanza non viene dato atto nella sentenza.

Era pertanto onere del ricorrente, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, riportare la parte dei propri scritti difensivi in seconde cure ove aveva sollevato tale contestazione. In assenza di ciò il motivo non risulta scrutinabile in questa sede di legittimità. In ogni caso, si osserva che, anche ad escludere l’efficacia probatoria dell’atto pubblico e, quindi, la sua validità fino a querela di falso, un accertamento effettuato da persona incaricata dall’amministrazione costituisce tuttavia mezzo di prova ancorchè privo della forza probatoria privilegiata dell’atto pubblico. Riguardo poi alle foto tratte da intemet, ( google earth e google street view) ,di cui il ricorrente contesta il valore probatorio ,va, in primo luogo, osservato che per l’anno 2012 sussiste non solo la foto tratta da intemet ma altresì il verbale di contravvenzione del pubblico funzionario comunale di cui lo stesso ricorso ammette la validità ,onde su tale anno non esiste contestazione. Riguardo ai restanti anni 2009 e 2010, per i quali sussistono solo le foto , va osservato che la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che la fotografia costituisce prova precostituita della sua conformità alle cose e ai luoghi rappresentati, sicché chi voglia inficiarne l’efficacia probatoria non può limitarsi a contestare i fatti che la parte che l’ha prodotta intende con essa provare, ma ha l’onere di disconoscere tale conformità. (Cass 9977/18;Cass 8682/08; Cass.2780/2004;Cass.6322/1998).

In particolare, si è ritenuto che in tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all’art. 2712 c.c. il disconoscimento idoneo a farne perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (Cass 17526/16). Ricordati questi principi , si osserva che l’argomento principe posto a base del motivo di ricorso è che i riscontri fotografici in questione non assicurano la certezza della data del rilevamento. Di tale questione si rinviene solo un generico riferimento nella motivazione della sentenza, era pertanto onere del ricorrente riportare nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza, le contestazioni mosse nella fase di merito al fine di consentire a questa Corte di valutare l’avvenuta omessa valutazione da parte del giudice di merito del degrado o meno della produzione fotografica da elemento di prova a semplice elemento presuntivo. In assenza di ciò il motivo costituisce una richiesta di rivalutazione del materiale probatorio in difformità da quanto accertato dai giudici del merito, certamente preclusa in questa sede di legittimità. Si osserva comunque che , anche a volere, in via di pura ipotesi, ritenere che la documentazione fotografica in oggetto fosse un mero elemento presuntivo , la sentenza impugnata esprime in ogni caso una valutazione di adeguatezza di tale elemento e ciò in ragione “ del difetto di prova contraria o di denunziata falsificazione “delle foto. Resta da dire che non si rinviene alcuna censura specifica in ordine a quella parte della sentenza impugnata che ha ritenuto ,in via presuntiva, che la pubblicità tramite il mezzo parcheggiato sia stata effettuata anche negli anni 2011 e 2013 . In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile .

Non essendosi costituito il Comune di Pineto non si procede a liquidazione di spese.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo. Roma il 28.11.2019.

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay