CASSAZIONE

Il decreto ingiuntivo sulla fideiussione sconta l’imposta di registro del 3%

Tributi – Imposta di registro Principio di alternatività tra iva e imposta di registro – Decreto ingiuntivo ottenuto dal garante nei confronti del debitore inadempiente, per il recupero delle somme pagate al creditore principale e soggette ad IVA – Aliquota applicabile – Imposta proporzionale del 3% sul valore della condanna

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 18520 del 10 luglio 2019, intervenendo in tema di imposta di registro, ha affermato che il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del  debitore inadempiente dal garante che ha stipulato una polizza fideiussoria, e che è stato escusso dal creditore, è soggetto all’imposta di registro con aliquota proporzionale (pari al 3% del valore della condanna, ex art. 8, comma 1, lett. b della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86), in quanto il garante non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti a IVA, ma esercita un’azione di rimborso di quanto versato.

Inoltre i Giudici di piazza Cavour hanno voluto affermare che “A composizione del contrasto, va per conseguenza affermato il seguente principio di diritto: In tema d’imposta di registro, il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore dal garante che abbia stipulato una polizza fideiussoria e che sia stato escusso dal creditore è soggetto all’imposta con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto, ma esercita un’azione di rimborso di quanto versato”.

Escutere una fideiussione significa richiedere e ottenere un rimborso per una inadempienza subita a seguito di un accordo formale tra due soggetti: il debitore ed il creditore. In breve, l’escussione della fideiussione è il procedimento giuridico per mezzo del quale il soggetto creditore e beneficiario di una polizza assicurativa, stipulata a monte di un accordo, si trova in diritto di richiedere all’agenzia assicurativa che ha stipulato la garanzia l’ammontare economico stabilito nel caso in cui il soggetto debitore, ovvero colui che ha stipulato la polizza pagandone il premio, non avesse rispettato un accordo concordato con il creditore.

Ciò può accadere, ad esempio, a seguito di un contratto per l’esecuzione di lavori o per la fornitura di beni o servizi. Se il soggetto incaricato di eseguire un determinato lavoro o servizio non potesse portare a termine l’impegno preso o il lavoro non presentasse il livello qualitativo concordato, il soggetto che ha richiesto detto lavoro si trova nella posizione di poter escutere la fideiussione, vedendosi quindi risarcito del danno subito.

Ricordiamo che sull’argomento la giurisprudenza non sempre è stata univoca e all’interno della sezione tributaria si erano registrati due diversi orientamenti: per un verso si è ravvisata, talora evocando il collegamento dei negozi intercorrenti tra debitore e creditore da un lato e garante e debitore dall’altro, un’operazione complessiva inscindibile, che sarebbe assoggettata a trattamento fiscale unitario, indipendentemente, dunque, dal fatto che l’obbligazione sia adempiuta dal debitore in esecuzione del contratto principale o dal garante, qualificato come fideiussore.

Di qui è scaturita la prima tesi, che propugna la registrazione a tassa fissa del decreto ingiuntivo ottenuto dal garante quando l’obbligazione principale è relativa a operazione soggetta a IVA.

Ad avviso di un secondo orientamento, una volta scissa l’operazione nei tre rapporti rispettivamente intercorrenti tra debitore principale e creditore (rapporto di valuta), tra creditore e garante, e tra garante e debitore principale (rapporto di provvista), si è sottolineato che il garante, a seguito del pagamento, non fa valere nei confronti del debitore corrispettivi di prestazioni soggette a IVA; in tal modo il decreto ingiuntivo ottenuto dal primo nei confronti del secondo, al quale non sarebbe applicabile il principio di alternatività, sconterebbe l’imposta di registro con aliquota proporzionale al valore della condanna.

Le Sezioni Unite di Piazza Cavour hanno aderito a questo secondo orientamento, accogliendo così le tesi esposte dall’Avvocatura erariale che difendeva l’Agenzia delle Entrate. 

Nello specifico una società di assicurazioni, per ottenere da parte delle Entrate dei benefici in materia di riscossione delle imposte, ha stipulato in favore di quest’ultima una polizza fideiussoria a garanzia degli importi dovuti. Detta garanzia veniva escussa dal Fisco e il garante, decidendo di rivalersi nei confronti della società debitrice, ricorreva al Tribunale civile ottenendo un decreto ingiuntivo. Il provvedimento veniva registrato e il debitore, nell’adempimento della pretesa creditoria, versava anche l’imposta di registro calcolata in via proporzionale all’importo. In seguito, la società inviava istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate, ritenendo illegittimo il versamento dell’imposta di registro: il decreto ingiuntivo doveva considerarsi, infatti, esente in vigenza del principio di alternatività con l’IVA, ovvero tutt’al più soggetto all’imposta in misura fissa. Quest’ultima opponeva silenzio-rifiuto che veniva immediatamente impugnato dalla contribuente innanzi alla Commissione tributaria, con parziale accoglimento e condanna dell’Agenzia a rimborsare alla ricorrente la differenza fra l’importo versato in misura proporzionale e quello ritenuto dovuto in misura fissa.

Di qui il ricorso in Cassazione.

Gli Ermellini, dopo una puntuale disamina dell’evoluzione giurisprudenziale in subiecta materia, hanno poi così decretato: “ … Il rapporto fra garante e debitore ha ad oggetto l’impegno del primo nei confronti del secondo di prestare la garanzia a beneficio del creditore, a fronte di un compenso: traccia di questo distinto ed autonomo rapporto si legge nell’art. 8, comma 4, dello statuto dei diritti del contribuente (I. 27 luglio 2000, n. 212), in base al quale l’amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi. Queste sezioni unite hanno d’altronde già rimarcato che la polizza fideiussoria, a differenza della fideiussione, è «necessariamente onerosa», in quanto assunta dal garante in corrispettivo del pagamento di un premio (Cass., sez. un., n. 3947/10, cit.). Ma quando il garante chiede l’emissione del decreto ingiuntivo per ottenere dal debitore principale quanto ha versato al creditore, non fa affatto valere il credito da corrispettivo per la prestazione resa al debitore, in seno al rapporto che a lui lo lega, ossia, come si esprime l’art. 8 della I. n. 212/00, il costo della garanzia. Egli si limita, si è visto, a ristorarsi di quanto versato, mediante l’esercizio di azione di rivalsa nei confronti del debitore. Sicché il titolo giudiziario ottenuto dal garante, concernendo la somma già da lui versata, non ha ad oggetto il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto: non dispone una prestazione soggetta a iva, ossia quella di garanzia, già eseguita e verosimilmente remunerata col premio; per conseguenza, non ne riguarda il corrispettivo, ossia il controvalore effettivo del servizio prestato all’utente (giusta, tra varie, Corte giust.10 novembre 2016, causa C-432/15, Bastovà). Anche sul fronte del rapporto di provvista, quindi, la circostanza che la prestazione eseguita dal garante e il conseguente pagamento da lui richiesto al debitore abbiano uguale contenuto patrimoniale non acquista rilievo ai fini dell’applicazione del principio di alternatività: soltanto la prima afferisce a un’operazione imponibile ai fini iva, sebbene in concreto esente; il secondo si colloca dopo di essa ed è quindi irrilevante ai fini dell’iva. In definitiva, poiché nel caso di decreto ingiuntivo ottenuto dal garante autonomo solvens nei confronti del debitore principale non vengono in considerazione “corrispettivi o prestazioni soggetti a imposta sul valore aggiunto”, non trova spazio il principio di alternatività. Ne consegue l’applicazione dell’art. 8, comma 1, lettera b), della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/86, che assoggetta gli atti dell’autorità giudiziaria, compresi i decreti ingiuntivi esecutivi (che scontano l’imposta di registro in base all’art. 37 del medesimo decreto), recanti condanna al pagamento di somme o valori all’imposta di registro con aliquota proporzionale del 3%. A composizione del contrasto, va per conseguenza affermato il seguente principio di diritto: “In tema d’imposta di registro, il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore dal garante che abbia stipulato una polizza fideiussoria e che sia stato escusso dal creditore è soggetto all’imposta con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto, ma esercita un’azione di rimborso di quanto versato”.  Ne segue l’accoglimento del ricorso, con cassazione della sentenza impugnata. Non sussistendo necessità di ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio va deciso nel merito, col rigetto dell’impugnazione originariamente proposta. La sussistenza del contrasto comporta la compensazione delle spese dell’intero processo. Per questi motivi la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’impugnazione originariamente proposta. Compensa le spese dell’intero processo”.

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